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DALLA PARTE DI GIUSEPPE

Carissimi, mi schiero dalla parte di Giuseppe di Nazareth. Una dichiarazione procrastinata. Perché - e l’avevo detto - erano sopraggiunte altre attenzioni. Ma anche perché - e questo l’avevo taciuto - mettersi con Giuseppe (con il maschio) può sembrare mettersi contro Maria (la donna). Il che è piuttosto rischioso: le donne, si sa, curano molto le loro unghie e sanno anche usarle!

Dunque: Giuseppe. E Maria. È proprio ripensando Maria (o le Madonne della mia vita) che mi si è insistentemente proposto Giuseppe. Ogni più a Maria si traduceva in un meno a Giuseppe: Maria sposa vergine riduceva Giuseppe a sposo privato di qualche (o del) diritto coniugale; Maria madre vergine relegava Giuseppe a padre soltanto di copertura o di rappresentanza: padre "putativo", cioè supposto o presunto ma, in realtà, estraneo a ciò che è avvenuto alla moglie. Giuseppe, insomma. maschio negato. Per essere "custode" dei privilegi di Maria, la donna.

Probabilmente le cose sono andate diversamente e cioè forse Giuseppe e Maria hanno seguito i normali percorsi di tutte le coppie (si vedano, tra i molti, i due libri della Claudiana: I "fratelli e sorelle di Gesù" di J. Gilles a cura di U. Interlandi e, recentissimo, Il figlio di Giuseppe. La famiglia di Gesù di G. Parrinder). Ma a generazioni e generazioni di cristiani è arrivato Giuseppe (e Maria) rivisitato dalle fantasie teologiche. Cioè questo Giuseppe. Cioè un marginale rispetto alla donna. E là dove - secondo i cristiani - nasceva il nuovo Adamo, si ri-creava il mondo. Giuseppe c’è. Apparentemente importante, di preminenza: marito, padre, capo famiglia. In realtà assiste soltanto. È privato di "seme", non mette niente di proprio in ciò che accade. Fa da comparsa. Protagonista è Maria che nelle mille sublimazioni subisce sottrazioni di umanità ma trova anche accentuazioni sul tantissimo di umanità che, senza l’apporto del maschio, conserva: la fecondazione, la gestazione, il partorire; il dare vita; il fare futuro e il futuro di tutti i figli nel e mediante il suo figlio. Sto con Giuseppe. Con questo Giuseppe, maschio all’ombra della donna. Un esemplare buono per la teologia ma introvabile nella storia? Personalmente - ed è qui che azzardo - ho il sospetto che i Giuseppe esistano e siano sempre esistiti. Sotto molti nomi. E in molte versioni.

Non è proprio una rarità l’uomo di comando... comandato da una donna o, comunque, l’uomo che firma ciò che della donna o anche della donna: dietro ad ogni grande uomo - si dice - c’è sempre una grande donna. Le stesse donne sottoscrivono e con un pizzico di rivalsa. Circola anche un altro detto: in casa comando io ma decide mia moglie. E, anche qui, le donne annuiscono. Ciò che vale per la grande storia vale per la piccola storia o le storie di tutti i giorni: in basso come in alto uomini titolari e donne effettive. Si potrebbe dire: dei Giuseppe in tutte le vesti. Dei Giuseppe che, apparentemente, hanno fatto tutto e sono responsabili di tutto ma che, in realtà, hanno qualcosa o molto, nel bene e nel male ("nella buona e nella cattiva sorte"), da spartire con la donna, magari invisibile ma non inattiva e ininfluente. In ogni caso c’è la mamma. Che è la donna che non manca a nessun uomo, che è decisiva in ogni uomo. Non sempre per il meglio dell’uomo. Freud faticò a dimostrare alla propria madre che lo imbrogliava quando gli inculcava: "Solo io non ti inganno". E, appena nel maggio scorso, psicologi, da Torino, hanno messo in guardia i figli dai ricatti affettivi delle madri ed hanno avvertito: "È un grave errore affidare sempre i figli alla madre". La mamma. La donna. "fa" l’uomo, determinando molto il "tipo" di uomo. Ci sembra essere prevalentemente quello senza debolezze, cedimenti ("... non fare la femminuccia"), deciso, vincente, un duro. Anche da parte delle mamme che subiscono questo genere di maschio nel marito: in fondo se il figlio sarà come il marito lo sarà da marito della nuora cioè dell’altra che pretende sostituirla. E ci sono buone probabilità che la nuora stessa cercasse e volesse un maschio proprio di questo stampo. Il maschio-maschilista, tanto combattuto dalle femministe (ma perché poi maschilista è male e femminista è bene?), forse piace alle donne. È addirittura, in qualche misura, un prodotto delle donne? È un’ipotesi maligna. Ma non da accantonare alla leggera. Meriterebbe analizzare come mamme, nonne, zie hanno trattato ed orientato i figli rispetto alle figlie... Sarebbe utile soffermarci, in particolare, sul versante decisivo dell’educazione religiosa: non è grazie alle donne, quasi uniche a popolare le chiese, se la teologia esclusivamente di maschi e al maschile è uscita dalle accademie e sacrestie ed è diventata ingrediente del nutrimento domestico?

In questo Giuseppe c’entra poco o niente. Ma c’entra sempre l’uomo, il maschio. Spesso disastroso. Le sue malefatte sono indiscusse e indiscutibili. Ma le donne non sono sempre e comunque vittime. Le donne faranno bene ad immettere nel loro splendido cammino di autocoscienza un po' di autocritica; dare alla loro festa di liberazione almeno un prologo penitenziale. Gioverebbe alla salute del loro conoscersi. Le aiuterebbe ad essere meno autarchiche e a moderare il loro parlarsi e il loro parlare di sé: un "de muliere nunquam satis" potrebbe nuovamente sfociare nella "verginità", non quella fisica ma quella peggiore di restare dimezzate, identità a metà. Le spingerebbe ad adottare il buon egoismo di aiutarsi aiutando l’uomo, il maschio. A dargli una mano perché superi il suo attuale stato confusionale, vinca paure e remore, intraprenda anche lui un processo di liberazione, si metta al passo con loro. Ad accettarlo finalmente fragile senza spaventarlo vestendo loro, le donne, rigidità e durezze.

Giuseppe. Anzi: i Giuseppe. Li affido all’attenzione di uomini e donne. Per la salute degli uomini e delle donne. Per la riuscita dell’umanità e dintorni.

Martino Morganti


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