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RICOMINCIAMO DA LORO, DAI BAMBINI

Carissimi, accade in provincia. Il "dove" gioca molto su ciò che si fa e anche su ciò che si pensa. Il mio "dove" non gode di centralità. Lo rilevo perché siano chiare le proporzioni di quanto sto per raccontarvi: soltanto piccole cose in una città non di prima fila.

Qui, da dove vi scrivo, è nato un incontro tra molte esperienze normalmente parallele: parrocchie ed associazioni; chiese evangeliche e comunità; movimenti giovanili di partiti e gruppi missionari... Una ventina di sigle che si concedono ad una sigla unica: "Forum per la pace". La pace al centro di convinzioni, posizioni, sensibilità diverse. Un tentativo di lavorare insieme confrontando e facendo convergere metodi in un metodo.

Pace iniziando da cosa? Si è pensato che si poteva (o doveva?) ri-cominciare da dove l’umanità è ancora esente da manipolazioni ed infezioni: i bambini. Un riferirsi ai bambini per "scattivarci" e rifarci pacifici e per consentire ai nuovi umani di rimanere al riparo dai nostri bacilli di aggressività, contrapposizione, rissosità, sopraffazioni, guerre.

Procederemo a tappe. Sommando documentazione a riflessione-elaborazione. Ipotizzando un conclusivo travaso ai nostri concittadini di quanto raccolto e coltivato: un seminario o una mostra; o l’uno e l’altra per aiutare la comunicazione con pluralità di linguaggi. Abbiamo indicato alcuni gruppi separati ma comunicanti. Ciascuno secondo filoni precisati: quello economico-sociale (il bambino "modellato" dal denaro; nel nord rispetto al sud del mondo; nelle aree del benessere comunque ineguale...); quello antropologico (la specie umana al di là di artificiali ed interessate mistificazioni: l’invenzione della razza; il naturale e l’innaturale; il normale e l’anormale...); quello religioso; quello pedagogico (raccoglitore ultimo e diretto del tutto).

Al gruppo "religioso" il compito delicato e gravoso di esaminare e pesare il ruolo, in positivo e in negativo, delle religioni in questa ri-creazione all’insegna della pace. C’è già un abbozzo di possibili percorsi. Il bambino al centro del progetto evangelico? Il bambino "aggregato" alle religioni o religioni "aggregate" al bambino? Quale Dio per il bambino o quale Dio dal bambino? Le religioni formatrici alla pace o seminatrici di contrapposizioni, di guerre?

Il primo segmento - Gesù e i bambini - corrisponde alla sensibilità della maggioranza dei partecipanti al "Forum". Ma nasce anche da una rilettura di espressioni e comportamenti evangelici che sembrano rivelare insospettate sintonie con dettati della psicologia e della pedagogia. Quel "e, preso un bambino, lo mise in mezzo" (Mc 9, 36) disegna un tenero quadretto o indica una direzione? E quel "vi assicuro che se non cambiate e non diventate come bambini non entrerete nel Regno di Dio" (Mt 18, 3), che senso ha? Alimenta la già dilagante "sindrome di Peter Pan", la "generazione di eterni bambini, perpetuamente incollati all’adolescenza e ai suoi miti, in una battaglia di retroguardia... contro il tempo che passa" (F. Galvano, La Stampa, 20 maggio)? Oppure sospinge a ri-trovarci in ciò che avevamo ricevuto in originaria ed originale dotazione? Anche La strategia di Peter Pan, secondo A. Carotenuto, non è necessariamente sinonima di infantilismo ed egoismo: "Bisogna criticare tutte le interpretazioni psicologiche che tendono a definire chi utilizza le doti infantili come colui che si rifiuta di crescere. Non dimentichiamo che i grandi uomini del passato, quelli che hanno lasciato una traccia significativa nella storia, erano dei Peter Pan. Valga per tutti l’esempio di Einstein... Socrate era un Peter Pan. Faceva domande su domande, si chiedeva sempre ‘il perché dei perché, proprio come fanno i bambini. Andava nel profondo, grazie alla sua inesauribile curiosità. Una spinta a conoscere che, ben lungi dall’essere infantilismo, denota capacità di crescita continua" (Ib.).

Il nonno, e non proprio da oggi (rimando a Confronti 1994, 11, p. 40), è ammaliato da questo diventare "come bambino". Non per recuperare un’età che non è la sua: è prolungare l’equivoco in cui cade Nicodemo che, a chi - Gesù - lo invita a "nascere nuovamente" obietta: "come può nascere di nuovo chi è vecchio? Non può certo entrare una seconda volta nel ventre della madre e nascere" (Gv 4, 3-4). Ho la convinzione che il Regno abbia molto a che fare con la pace e che il Regno-pace abbia molto a che fare con il ricominciare, individuale e collettivo, dalla "materia prima", dai bambini. Vorrei essere idoneo al Regno-pace ed è per acquisire questa idoneità che vorrei "diventare bambino".

Proprio in questi giorni sono arrivati due aiuti importanti. Un numero di Concilium (n° 2, 1996): Dove stanno i nostri bambini? e un contributo postumo di H. U. Van Balthasar: Se non diventerete come questo bambino (Ed. Piemme 1995).

In Van Balthasar "questo" sta per il bambino che Gesù mette al centro. "A cosa si riferisce Gesù quando pone la struttura del bambino come condizione necessaria per la salvezza, per entrare nel Regno di Dio? Senza idealizzare l’infanzia di ogni singolo uomo come paradiso (perduto) - attribuendo al bambino virtù che non ha, e che non può assolutamente avere, poiché vive in una fase antecedente alla ‘conquista’ consapevole e libera di una condotta virtuosa - è presente nondimeno una sfera nella quale per ogni nato viene plasmato precedentemente qualcosa di archetipo, che questi dovrà riconquistare nella propria vita cosciente, vivendo sì nel futuro della propria esistenza, ma con la memoria volta verso l’origine. La forma finale nella quale egli vive, l’omega, non può essere nient’altro che la forma originaria, l’alfa, a partire dalla quale vive, e dalla quale ricava anche i mezzi necessari per il compimento delle proprie aspirazioni" (p. 11). Ma per Van Balthasar "questo bambino" finisce per identificarsi con il bambino Gesù. Forse ricadendo nell’andare dall’adulto al bambino e non viceversa. E il bambino "teandrico" è troppo diverso e distante dal bambino-bambino per corroborare quel "bambino al centro" che è progetto dello stesso Gesù. Mi viene da pensare che anche la cristologia potrebbe trarre vantaggio da un rovesciamento dal bambino all’adulto e non viceversa. Aiuterebbe almeno a limare l’eccesso di sublimazioni che hanno disincarnato Gesù e a far riemergere Gesù "nato da donna", uomo senza decurtazioni. E ciò avrebbe riflessi anche sul volto del Dio di Gesù. Martin Lutero vinse la disperazione dal Dio giudice inculcatogli nell’infanzia incontrando il "Dio attaccato ai seni della Vergine" sottrattogli nella sua infanzia.

Questa noterella su Lutero la debbo al numero citato di Concilum. Numero che, a questo punto, deve rimanere scarna segnalazione. Ma lo dico con grande convinzione: si tratta di una monografia che aiuta molto ad esplorare il complesso universo del bambino anagrafico e anche a prendere in attenta e vitale considerazione il bambino che ogni adulto deve ritrovare e coltivare per non perdere o sciupare il proprio futuro.

Martino Morganti


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