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PARTORIRE UN CONVEGNO

Carissimi,

questa è una lettera tutta d'impeto e spiazza, a stretta scadenza di consegna, quanto avevo ipotizzato di scrivervi.

É il pomeriggio del 10 dicembre e soltanto poche ore fa si è concluso, qui a Livorno dopo i due giorni di Tirrenia, il XII seminario nazionale delle CdB. Ho voglia di parlarvene, ma non per un resoconto o una valutazione.

Non potrei farlo. Perché sono stato sempre presente, ma anche sempre assente: presente sul posto ma impossibilitato ad inserirmi in ciò che vi accadeva. Salvo che per due momenti: la celebrazione eucaristica e la fase conclusiva di questa mattina.

La "frazione del pane" l'ho vissuta come un gradevolissimo concentrato di festa "dentro"; come uno dei rari momenti nei quali ciò che avviene fuori di noi sveglia e attiva il meglio che è in noi: emozioni e suggestioni carezzevoli, ma anche esigenti spinte a riprogettarsi e robusti richiami a recuperare coraggi ed entusiasmi sopiti. I pochi minuti di silenzio dopo le letture sono giunti quasi invocati dalla necessità ("ci volevano" ha detto qualcuno) di smettere le parole e i suoni esterni perché si doveva ascoltare e gustare ciò che cantava, suonava e ballava in noi. Si imponeva la festa "dentro".

La conclusione di questa mattina magari non ha offerto sussulti, ma è stata una buona conclusione. Mons. Jacques Gaillot non ha tenuto molto in conto il tema assegnatogli. La coscienza non appiattita sull'appartenenza, compresa l'appartenenza ecclesiastica, era già scritta e detta dalla sua vicenda di vescovo non addomesticato e la stessa sua presenza tra le CdB ne era ulteriore e convincente riprova. Gaillot ha tradotto "coscienza" in "libertà" e sulla libertà ha ritmato alcune variazioni: la libertà paralizzata dalla paura; la libertà fa paura; la libertà costa cara; la libertà è solidarietà con gli esclusi. E ancora, e con più diretto riferimento-invito alla Chiesa: illuminare le coscienze libere (la Chiesa è per responsabilizzare e non per infantilizzare); non c'è libertà se non c'è amore (è con il cuore che si comprende...; Gesù non si irrigidisce davanti ai problemi, sa essere sempre tenero...).

In fondo il seminario tendeva proprio a questo: liberare l'aquila che è in noi. L'aquila che - nella parabola riferita da L. Boff - era stata allevata da gallina e si comportava da gallina, finché, risvegliata la sua natura di aquila, non fu sottratta al razzolare e restituita al volo. Ed è stato proprio un volo, quello dei palloncini, a porre fine al seminario. Palloncini che portavano in alto, nel cielo chiaro e luminoso, dei bigliettini con riflessioni, propositi, speranze, progetti. Voci di uomini e donne che preferiscono il volo al pollaio.

Ma, dicevo, questo è il pochissimo che ho potuto vivere e condividere. Il resto l'ho passato "dietro le quinte" perché ero di "servizio" (era scritto sul mio pass!).

Di servizio, ovviamente, insieme agli amici delle due comunità livornesi. Ma di servizio. Ed è a questo che penso. Non per gratificarmi o gratificarci. Ma proprio perché avverto come mai l'importanza del "dietro le quinte" e l'importanza di starci e saperci stare senza complessi nei confronti dei protagonisti sul palcoscenico.

Le esperienze personali, si sa, fanno guardare con occhi nuovi esperienze analoghe prima magari viste senza vederle. Tanto per farmi intendere: per un pelato come me è facile notare e quasi contare ogni calvo che incontra! Ebbene, stasera noto e conto lo sterminato esercito di uomini e donne in "servizio" e grazie ai quali viaggio, mi diverto, godo illuminazione, riscaldamento e altro, ho una qualche protezione, ...

Ma penso particolarmente alle CdB. Per le quali il "servizio" è vitale. Le CdB hanno la fortuna (ci sono anche i pregi dei... difetti!) di non potersi permettere il ricorso ad agenzie organizzative.

Le CdB i loro incontri debbono farseli in proprio fin dalla faticosa ed oculata ricerca delle dovute sistemazioni e dei necessari spazi. Un compito da sempre assunto dalle comunità ospitanti. Noi non siamo i primi in "servizio". Anzi, non è nemmeno la nostra prima volta: ci è già successo nel 1983 per il VII seminario. Ma ogni convegno o seminario ha avuto uomini e donne in "servizio": per ventitré volte nell'arco di ventiquattro anni (il primo convegno è del 1971), qualcuno ha accettato questo "servizio" senza del quale quegli incontri non ci sarebbero stati. Come dire che questo "servizio" (chiedo scusa dell'insistenza... voluta!) consente, "crea" spazi di arricchimento umano. Esagerato dire che "partorisce" vita e vitalità? Esagerato concedergli qualche somiglianza con le doglie del parto e anche qualche richiamo alla gioia di aver consentito di essere a qualcosa che altrimenti non sarebbe stato?

E mi viene da prolungare la metafora: il figlio non oscura ma esalta la madre proprio staccandosi da lei, muovendosi in matura autonomia. E in questa prospettiva accosto un po' il "servizio" al "logo" del seminario: le dita del Creatore e di Adamo che Michelangelo ha posto uno di fronte all'altro, non si sa se per segnare un loro toccarsi o un loro staccarsi. É stata privilegiata questa seconda lettura, supportati dalle forti espressioni di H. Jonas: "L'accettazione della libertà umana implica un'abdicazione da parte del potere di Dio... Dopo essersi affidato interamente al divenire del mondo, Dio non ha più niente da dare: ora chi deve dare è l'uomo...".

So di rasentare la follia ma lo dico lo stesso: questo esserci di Dio senza esserci mi faceva pensare che ero presente al seminario anche o proprio quando ne ero assente. Assente perché in "servizio".

E riflettevo che i convegni sono soltanto episodi mentre le comunità debbono vivere nella continuità e che, quindi, anche il "servizio" ha il dovere di andare oltre gli appuntamenti d'eccezione e diventare regola permanente. Voglio dire che è bello stare "dietro le quinte" anche del cammino comunitario: consentire alla comunità di vivere preparandole condizioni favorevoli, anche a costo di rimanere fuori dai riflettori delle sue visibilità.

Chiudo. Anzi, lascio l'ultima parola ad una sorella-amica che proprio oggi mi ha consegnato una sua poesia. Mi ha pregato di non andare oltre le sue iniziali: E.M.C. C'è una data: Tirrenia 9-12-1995. Ed una annotazione: "nata (la poesia) durante la celebrazione eucaristica".

Ci dev'essere un Dio

che raccoglierà

il nostro ultimo respiro.

Un Dio che abbia

sorriso di bimbo

ghirlande di fanciulla

amore di donna.

E mani di una madre

quando ci accarezza e ci consola.

Un Dio che abbia

piedi grandi

e il sorriso tenero di un padre

quando ti prende in braccio

per liberarti

da una paura

da un dolore.

Un Dio che dica sorridendo:

Sono qui.

 

Martino Morganti


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