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Sommario n° 5 – Maggio 2002

  • EDITORIALE
  • Pregare la pace oggi

    Non raramente si irride ai pacifisti, agli "impegnati" nel sociale, i quali si divertirebbero coi loro girotondi, le marce e altri sollazzi. Eppure in queste manifestazioni l’aspetto ludico ha un grande valore simbolico: stringersi l’uno accanto all’altro, esterna il bisogno di accomunarsi attorno ad un centro ideale, tutto da inventare. Non si tratta di voler attutire il senso di impotenza, che davvero assale di fronte a forze oscure che incombono impietosamente; piuttosto è questione, semplicemente, di non uccidere la speranza, di guardare in direzione di un futuro da costruire. Come recita un proverbio arabo: "Quando tutto ci sembra perduto, ci resta il futuro".

    La presenza divina che si manifestò nei primi credenti attraverso lo Spirito era quella che li portava a non effettuare più tra loro differenze di sesso, d’origine etnica o di stato sociale e a credere quindi come possibile la costruzione di un’umanità paritaria. Quale messaggio possono esprimere oggi gli ultimi e le ultime della terra, quale divino emerge a partire da loro? Quali confini occorre superare per capire e ricevere ancora una volta lo Spirito?

    "Da quasi due anni, israeliani e palestinesi sono prigionieri di una terrificante spirale di odio e violenza. Ed ora è guerra aperta. Un’impressionante fiume di sangue scorre sotto i nostri occhi alimentando rappresaglie e vendette. Il peggio che tutti dicevano di voler scongiurare è arrivato. Ma al peggio non c’è un limite. Lo deve porre la comunità internazionale, lo deve porre l’Europa, lo dobbiamo porre noi. È una nostra responsabilità. Per questo abbiamo deciso di promuovere, domenica 12 maggio 2002, una edizione straordinaria della Marcia per la pace Perugia-Assisi. (…)"

    Raniero La Valle ha scritto per noi una interessantissima riflessione sulla vicenda israelo-palestinese e sugli Stati Uniti d’America di cui riporitamo un breve stralcio: "L’odio sta ormai dentro Israele come sta tra i palestinesi. È come se nei due popoli agisse una incoercibile coazione alla morte. I palestinesi, come gli ebrei di Masada, hanno messo in conto l’autogenocidio. Israele vive come ineluttabile una cultura della catastrofe che esso stesso produce. Ma che stato di coscienza è questo, qual è il senso di questo senso della fine? Quella che vive Israele è un’agonia messianica. Non stupisca il ricorso a questa categoria desueta. Infatti, nonostante che lo Stato di Israele si professi una Stato laico, c’è un rapporto diretto, discusso nella stessa cultura ebraica, tra un messianismo frainteso, esacerbato, e la costituzione e la condotta dello Stato d’Israele, tra l’attesa della redenzione e quello che un grande intellettuale ebreo, Gershom Sholem, studioso della kabbala e del messianismo sabbatiano, ha chiamato il "mitico ritorno a Sion", inteso dal sionismo come "l’inizio della redenzione". (…)"

    Dopo Porto Alegre, come organizzare il "movimento dei movimenti" per rispondere efficacemente e democraticamente ai problemi posti dalla globalizzazione? Ce lo racconta Fausto Caffarelli che ha partecipato a febbraio al Forum brasiliano e ne segue per noi gli sviluppi qui in Italia.

    Ventidue anni fa moriva trucidato Oscar Arnulfo Romero, vescovo. In Salvador il ricordo del martire Romero assume una valenza particolare, soprattutto nella triste constatazione che alcuni dei problemi per i quali il vescovo-martire si batté restano ancora aperti. Romero ha svelato al suo popolo la realtà nella quale era immerso, l’ingiustizia nella quale affogava, annunciandogli il progetto di Dio, guidandolo nel cammino vero la piena liberazione, la riconquista della vera dignità. Oggi in tutta l’America Latina si parla di "san Romero d’America".

    Il biblista brasiliano Carlo Mesters, ricordando in una meditazione monsignor Romero, afferma che "Tutti i giorni si hanno persecuzioni a causa della giustizia, ma i mezzi ufficiali di comunicazione fanno il possibile per diminuire l’impatto di queste tragedie. (…) Nella loro povertà le donne e gli uomini dell’America latina hanno una ricchezza umana ed evangelica che i poveri ricchi non riescano a comprare con tutto il loro denaro! (…)"

    Salire sulle colline di Assisi per riscoprire le proprie "radici francescane" sane, autentiche e laiche che erano anche del fondatore della nostra rivista, quelle di Elio Taretto, frate cap-puccino sempre della famiglia dei "minori francescani". Nel nostro discernimento ci ha aiutato Fra Vincenzo Coli, custode della Basilica e del Sacro Convento di San Francesco in Assisi. Con lui abbiamo cominciato questa lunga chiacchierata che, per motivi di spazio, sul nostro giornale divideremo in due parti. In questa prima parte affronteremo il tema del dialogo interreligioso che non poteva non toccare il tema dell’incontro del 24 gennaio scorso, della Preghiera per la Pace svolta dai rappresentanti delle grandi religioni nel mondo convocati da Giovanni Paolo II.

    La questione infine nata agli inizi dell’anno è nota: Parmalat commercializza da alcuni mesi il latte "Fresco blu", prodotto in Polonia a basso costo, trasferito in Germania per sottoporlo a speciali filtraggi ed infine venduto con la dicitura "latte fresco" con scadenza 8 giorni dopo la mungitura, nonostante una legge italiana (più restrittiva di altre legislazioni europee) imponga tale dicitura al latte con scadenza di 4 giorni. Questo comportamento si presta a notevoli critiche. Il nostro Paolo Macina ha svolto una delle sue interessantissime inchieste mirata a capire meglio la situazione.

    Dal Mondo della Solidarietà di Daniele Dal Bon

    Agenda

    Ed inoltre allegato al giornale lo speciale

    "PER UNA CHIESA NUOVA"

    curato dalla sezione italiana del movimento "Noi Siamo Chiesa"

    TEMPI DI FRATERNITA’

    mensile di attualità, ricerca e confronto comunitario

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