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ORA CHE IL PAPA SI E' DIMESSO...



Data: 04 Marzo 2013
Autore: Mario Arnoldi
Fonte: Vito Mancuso, Massimo Cacciari, Hans Kung



Nell’articolo precedente riferivo delle prime impressioni alla notizia delle dimissioni del Papa Benedetto XVI: i commenti raccolti al chiosco dei quotidiani, le riflessioni dei mass-media di parti diverse, poi alcune spigolature dai discorsi del mercoledì delle Ceneri del Papa dimissionario, e infine un augurio per il futuro, tratto dalle parole stesse del Papa.
Evidentemente le vicende connesse con le dimissioni del Papa non sono finite col mercoledì delle Ceneri, sono anzi cominciate allora, e i commenti di persone più o meno attendibili si sono moltiplicati e continueranno ancora durante la sede vacante, il Conclave, l’elezione del nuovo papa.

Tre posizioni mi hanno particolarmente colpito, espresse da persone che abitualmente apprezzo e seguo e che riflettono il pensiero di larga parte dei cristiani di base, cioè ancorati al messaggio originale cristiano.

Vito Mancuso, in diverse sedi, su la Repubblica e nei dibattiti televisivi dei giorni trascorsi, sottolineava come il gesto delle dimissioni del Papa, e quindi l’interruzione volontaria del mandato pontificio, abbia “laicizzato” cioè spostato la“sacralizzazione” del potere che Gesù aveva conferito a Pietro - ”Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa” (Mt 16, 14-18) - dalla persona fisica del Pontefice a tutto il popolo di Dio, cioè ai dodici discepoli che erano con Gesù, al popolo ebraico, metafora di tutti i popoli del mondo e di tutte le creature viventi sul pianeta. In altre parole le dimissioni hanno svuotato dal di dentro l’aspetto monarchico legato alla persona del capo della Chiesa e lo hanno diffuso su tutte le “pietre” di cui Gesù parla: le persone, ma anche la natura intorno a loro. Già il Concilio Vaticano II, inascoltato e inattuato, aveva posto l’accento sul popolo di Dio, senza alcuna limitazione, e a tutto ciò che a esso appartiene.
La mutazione operata dal gesto delle dimissioni ha una portata immensa. La salvezza non passa esclusivamente attraverso la continuità naturale della persona del Papa, la cosiddetta successione petrina, ma giunge anche e soprattutto su ciascun vivente. Sarà necessaria un’organizzazione tra i vari soggetti della salvezza, ma questa dovrà essere leggera e non sovrapporsi al grande flusso della grazia divina.

Una voce laica, ma sempre attenta alle problematiche cristiane e cattoliche è quella di Massimo Cacciari, che sia con gli scritti sia attraverso la partecipazione ai dibattiti televisivi, ha affermato come la riforma della Chiesa che dovrà attuare il nuovo Papa, a causa delle gravi crisi all’interno della Chiesa stessa, così come nel mondo intero, non dovrà essere solo un aggiustamento di fatti particolari, quali gli scandali della pedofilia e le trame economiche e finanziarie dello IOR, ma dovrà essere una riforma generale della struttura della Chiesa, che risalendo alle antiche origini cristiane di Gesù, dei discepoli, delle prime comunità, recuperi il messaggio originale delle Beatitudini e dall’Amore.

Un intervento particolarmente autorevole infine è quello di Hans Kung su la Repubblica di sabato 2 marzo 2013, nel quale, dopo un accenno alla primavera araba che ha avuto esiti contradditori, si chiede se il prossimo Conclave porterà una primavera per la Chiesa.
“Fu solo nell’XI secolo – afferma Kung - che una ‘rivoluzione dall’alto’, la riforma gregoriana avviata da Papa Gregorio VII, introdusse i tre aspetti perduranti del sistema cattolico: un papato centralista e assolutista, un clericalismo forzato e l’obbligo del celibato per i preti e altri membri laici del clero. Gli sforzi dei concili riformatori successivi ebbero un successo parziale (…). Perfino il Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965, fu frenato dal potere della Curia, che nella sua forma attuale sembra un prodotto dell’XI secolo, è l’ostacolo principale a qualsiasi tentativo di riforma generale della Chiesa cattolica, a qualsiasi intesa ecumenica sincera con le altre Chiese cristiane e le altre religioni mondiali, e a qualsiasi atteggiamento critico costruttivo nei confronti del mondo moderno”.
Hans Kung, dopo aver ricordato l’incontro avuto con Benedetto XVI nel 2005 - il teologo progressista di fronte al Papa conservatore - in cui si accordarono, da antichi colleghi teologi e amici, per discutere non le cose che li dividevano ma quelle in cui avrebbero potuto trovare un’intesa, cioè il rapporto positivo tra la fede cristiana e la scienza, il dialogo tra religioni e civiltà e il consenso etico fra fedi e ideologie diverse, dice con rammarico che non ne seguì nulla nella direzione suggerita e inevitabile per la Chiesa di oggi, anzi elenca le disavventure della Chiesa cattolica negli anni successivi.
“Ora il mondo intero - continua il teologo - si interroga se il prossimo Papa potrà riuscire, nonostante tutto, a inaugurare una nuova primavera per la Chiesa cattolica. Le disperate necessità della Chiesa non possono essere ignorate. C’è una catastrofica carenza di preti, in Europa, in America Latina e in Africa. Tantissime persone hanno lasciato la Chiesa o hanno effettuato un’emigrazione interna, specialmente nei paesi industrializzati. Dietro la facciata, il palazzo si sta sgretolando (…). La Chiesa ha bisogno di un Papa aperto alle problematiche poste dalla Riforma, dalla modernità. Un Papa che sostenga la libertà della Chiesa nel mondo non solo impartendo sermoni, ma combattendo con le parole e con i fatti per la libertà e i diritti umani all’interno della Chiesa, per i teologi, per le donne, per tutti i cattolici che vogliono esprimere la verità apertamente. Un Papa (…) che metta in pratica una democrazia vera nella Chiesa, modellata su quella del cristianesimo degli albori”.
Kung infine auspica che all’inizio del Conclave che sta per iniziare ci sia un gruppo di cardinali coraggiosi, così come avvenne all’inizio del Concilio Vaticano II, disposti ad affrontare la frazione intransigente della Chiesa e a “pretendere un candidato che sia disposto ad avventurarsi lungo strade nuove, magari con un nuovo Concilio riformatore o, meglio ancora, con un’assemblea rappresentativa di vescovi, preti e gente comune. Se il prossimo conclave dovesse eleggere un Papa che andrà avanti per la stessa vecchia strada, la Chiesa non conoscerà mai una nuova primavera. Al contrario, precipiterà in una nuova era glaciale e correrà il pericolo di ridursi a una setta sempre più irrilevante”.

Speriamo che questa ipotesi sia spazzata via da scelte illuminate e coraggiose del Conclave e che si realizzi la profezia, espressa dal teologo stesso già nel titolo del suo articolo, di una primavera della Chiesa.