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ROSARNO, L'ALTRA FACCIA DEL CONFLITTO



Data: 15 Gennaio 2010
Autore: Mario Arnoldi




La cronaca dei primi giorni degli scontri a Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, parlava di conflitto tra abitanti del posto e immigrati africani, attribuendone le colpe, secondo l’appartenenza ideologica e politica di chi si esprimeva, ora agli uni ora agli altri, basandosi unicamente su chi avesse cominciato prima o usato maggior violenza. Sembrava si trattasse semplicemente di un conflitto “di condominio” tra persone di provenienza, colore della pelle, cultura molto diverse. Il 9 gennaio appena trascorso, su Il Sole 24 Ore appariva un’intervista a Roberto Saviano di G. Santilli dal titolo “La legalità unica strada” e, nelle pagine interne, “Il coraggio di insorgere contro la mafia”, col sottotitolo “Immigrati più determinati degli italiani, anche quando i modi della rivolta sono sbagliati”, nella quale Saviano parlava dell’influenza della mafia negli scontri di Rosarno e in tanti altri luoghi d’Italia, mostrando l’altra faccia della medaglia della situazione. Da quel giorno, esauritisi i fatti di cronaca più tumultuosi dopo l’intervento della polizia, lo sgombero e lo smistamento degli immigrati in altri centri del sud, i mezzi di informazione sembrano essersi accorti finalmente della presenza della mafia al sud e al nord d’Italia, e cominciano a riflettere sul razzismo degli italiani, sull’assenza dello stato, sulla presenza della mafia che da sempre sfrutta il lavoro degli stranieri e che ha sollecitato la ribellione contro di loro perché questi cominciavano ad opporsi e manifestavano di voler denunciare.

Ecco alcuni passaggi dell’intervista. “Gli immigrati non vengono in Italia solo a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare, ma anche a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere… C’è una faccia positiva negli incidenti di Rosarno, sono gli immigrati che protestano contro le mafie di oggi, come a Villa Literno nel settembre 1989, dopo l’omicidio del sudafricano Jerry Masso, e a Castel Volturno, che ha il maggior numero di abusi edilizi al mondo, nel settembre 2008, dopo l’uccisione di sei immigrati… Quello che colpisce, continua lo scrittore, è che gli immigrati hanno un coraggio contro le mafie che gli italiani hanno perso… Non vanno criminalizzati per gli aspetti sbagliati della rivolta, piuttosto dovremmo considerarli alleati nella battaglia all’illegalità… Mentre nel nord Italia la Lega ha continuato ad ostacolare l’immigrazione, la camorra si è lentamente impadronita del monopolio dei documenti falsi: le leggi più severe sull’immigrazione le hanno fruttato milioni di euro”.

La Calabria, continua Saviano, è, come la Campania, un territorio che vive una guerra quotidiana. Se si vedono i dati, ci sono tantissimi attentati alle associazioni antiraket o a consiglieri comunali, intimidazioni con un colpo sparato alla porta o una molotov su una tomba. Magistrati continuamente nel mirino come Raffaele Cantone o Nicola Gratteri. E’ una guerra silenziosa che non si trova sui giornali. Inoltre, l’attentato alla Procura di Reggio è il primo segno che la ’ndrangheta alza il livello dello scontro contro i magistrati e lo alzerà ancora. Molto è cambiato con gli arresti e le sentenze. Il 15 gennaio dovrebbe chiudersi in Cassazione il processo Spartacus contro i Casalesi. Se le condanne saranno confermate si può prevedere che l’organizzazione reagirà. Le mafie non sono monadi isolate. Casertani e Casalesi sono in continua connessione. Non come i napoletani, sgretolati, e i siciliani ormai vecchi.

Lo stato, afferma ancora Saviano, ha fatto un certo lavoro, ma le mafie sono tutt’altro che sconfitte ed è un errore grave dirlo o anche solo farlo pensare. Il sequestro dei beni è importante ma non abbiamo ancora intaccato i patrimoni attivi delle mafie. La repressione non basta. Bisogna sconfiggere l’economia mafiosa, passare al sequestro delle loro aziende. Ci vuole un cambiamento anche a livello di leggi: lo scudo fiscale, il limite alle intercettazioni, il patteggiamento per i reati di mafia non vanno bene. Deve essere premiato il mondo delle imprese pulite, si deve permettere all’imprenditore di guadagnare dalla prassi antimafia. Va bene quel che ha cominciato a fare Confindustria Sicilia: cacciare dal mercato chiunque partecipi all’economia mafiosa. Inoltre bisogna fare quello che fa l’associazione “Libera”. Porta i ragazzi di Torino, del Friuli, romani o umbri a fare il lavoro con le bufale di Schiavone o i filari di vite portati via a Reina. Combatte l’economia mafiosa e occupa il territorio. Spero, egli conclude, che gli elettori delle elezioni regionali facciano pulizia dei collusi mandando un segno chiaro.

Queste in sintesi le posizioni espresse dallo scrittore nell’intervista. Subito in Italia si scatena il dibattito tra chi si allinea alle posizioni di Saviano e chi invece, soprattutto la parte governativa e coloro che la seguono, nega una presenza così massiccia della mafia e un’assenza così totale dello stato. Maroni scarica sul governo della Calabria le colpe dell’accaduto. Il governatore calabrese ricorda che l’Asl della Piana è commissariata da un uomo del ministero dell’Interno, e che in un paese normale, dopo aver rimediato una vergogna di tale portata, un ministro si sarebbe dimesso. Il titolare del Viminale ha annunciato infine in sede parlamentare il piano per evitare altri casi Rosarno. Il 20 gennaio, ha detto, presiederà il “tavolo di Caserta” per organizzare il monitoraggio di tutte le zone a rischio, identificate in Calabria, in Campagna e Puglia, dove esiste il fenomeno del “nomadismo” dei raccoglitori stranieri.

Anche a livello internazionale la vicenda ha ripercussioni forti. Il ministro degli esteri egiziano accusa l’Italia di “razzismo” e condanna le “violenze, gli abusi e la campagna di aggressione contro gli immigrati di Rosarno”. Di “seri e ben radicati problemi di razzismo contro i lavoratori immigrati” parlano anche due esperti Onu che invitano a placare le spinte xenofobe. Inoltre la Conferenza episcopale italiana lancia l’allarme sulle “tentazioni xenofobe in Italia” e chiede la revisione della Bossi-Fini. Queste dichiarazioni suscitano diverse reazioni da parte governativa che non risponde sul merito e rinfaccia al Medio Oriente e all’Oriente analoghi atteggiamenti verso i cristiani e alla Chiesa dice di non interferire. Resta che il coperchio è stato alzato sulla presenza della mafia e che le forze del governo e di una parte degli italiani finge di non sapere e propone semplicemente soluzioni burocratiche, immigrati con permesso o clandestini, e di ordine pubblico.

Le ultime notizie, in attesa di conferma, ci dicono che alcuni immigrati vogliono fare un’azione legale verso i datori di lavoro per le condizioni di sfruttamento e per la mancata retribuzione dell’ultimo periodo a ridosso delle sommosse. Questi affermano che si è parlato di tolleranza nei confronti dei migranti, ma tolleranza c’è stata invece nei confronti di chi li ha sfruttati. Vogliono dare un minimo di segnale di risposta per una Calabria diversa e per la restituzione della legalità. Anche aggregazioni e movimenti italiani antirazzisti e antimafia promuovono azioni non solo al sud ma in diverse parti d’Italia. Il 12 gennaio a Roma si è svolta una manifestazione per contestare il ministro Maroni che contemporaneamente riferiva al Senato sui fatti di Rosarno. E il prossimo 24 gennaio a Roma è stata convocata un’assemblea nazionale antirazzista alla quale parteciperanno anche i movimenti calabresi, oggi sotto attacco anche delle cosche. Fa passi avanti anche l’idea dello sciopero degli immigrati del primo marzo, in collegamento con quello francese.

Il problema dei migranti, del razzismo e delle mafie, oltre che italiano, coinvolge diversi paesi del mondo attuale che sta vivendo una risistemazione geopolitica globale. Auspico che gli organismi preposti alla gestione economico sociale e politica dell’Italia, dell’Europa e del mondo, sollecitati dai movimenti progressisti, facciano emergere le vere cause delle situazioni di miseria, rimuovano il “non vedo, non sento, non parlo” e lottino per un’equa distribuzione dei beni, nella composizione pacifica dei conflitti, per andare oltre la coltivazione del “proprio orto”.

mario.arnoldi@tempidifraternita.it