La fecondazione assistita e la Chiesa

L’opposizione alla ricerca

Si dibatte da qualche tempo della legge della cosiddetta fecondazione assistita, dei quattro referendum approvati e della posizione della Chiesa. Ricordo brevemente i fatti. La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibili quattro referendum sulla fecondazione assistita e ha detto no al quinto, che voleva la cancellazione integrale della legge, la 40 dell’anno scorso. I quattro referendum, in caso di successo, otterranno: 1. la cancellazione del divieto di utilizzare ovuli o sperma di un donatore esterno alla coppia, rendendo così lecita la fecondazione eterologa; 2. l‘abrogazione degli articoli che limitano la libertà di ricerca scientifica sull’embrione per scoprire nuove terapie da applicare a malattie come l’alzheimer, il parkinson, la sclerosi e il diabete; 3. la cancellazione del divieto di creare in vitro più di tre embrioni e l’obbligo di trasferirli, con un unico impianto, nell’utero materno, inoltre il libero ricorso alla fecondazione assistita indipendentemente dal fatto che esistano altri metodi per superare la sterilità; 4. l’abrogazione totale dell’articolo 1, permettendo così di affermare che i diritti dell’embrione nei primissimi giorni, quando non è ancora differenziato, non sono equivalenti ai diritti delle persone già nate.

La Commissione Episcopale Italiana, CEI, attraverso la voce del suo presidente Card. Camillo Ruini rispondeva di rimando che la legge, pur non rispecchiando pienamente l’insegnamento della Chiesa, salvaguardava però alcuni principi e criteri essenziali in una materia dove sono in gioco dignità specifica e alcuni fondamentali diritti e interessi della persona umana. Di qui la conclusione politica, che cade come una doccia fredda sulle persone che hanno favorito i referendum: non possiamo, dice il Card. Ruini, esser favorevoli ad ipotesi di modifiche della legge fatte con l’intento di evitare i referendum: esse non sarebbero in alcun modo migliorative, ma al contrario dovrebbero forzatamente abdicare proprio a quei principi e criteri essenziali. In altre parole la CEI è contraria a modifiche parlamentari che rendano superflui i referendum, ai referendum in caso di assenza di modifiche parlamentari e consiglia quindi di non accedere al voto nel caso in cui i referendum siano indetti.

Cosciente che il problema è particolarmente complesso, che le posizioni passano trasversalmente a volte tra laici e cattolici, cercherò di svolgere qualche riflessione in proposito.       Innanzi tutto la Commissione Episcopale Italiana, con le sue dichiarazioni su questioni che non riguardano specificatamente la fede ed i principi primi della morale, entra direttamente, senza mediazioni laiche, quali quelle che nei decenni passati avvenivano attraverso la Democrazia Cristiana, in questioni che competono piuttosto alle autorità laiche, scientifiche e politiche. La circostanza non è di poco conto, infatti l’atteggiamento della Chiesa ha sapore di intrusione indebita, di integralismo. Non vale la precisazione che ognuno ha diritto ad esprimere la propria opinione, quando di fatto si tratta di un’autorità religiosa che esercita una pressione di tipo sacrale e si pone come moralmente imperativa rispetto alle altre opinioni. Si ricade, in altri termini, in una confusione di piani, quello terreno e quello ultraterreno, che pensavamo fosse superato da tempo, almeno dal Concilio Vaticano II.

Una seconda riflessione riguarda la concezione che la Chiesa cattolica italiana ha della natura, che sottostà alla rosa dei problemi che riguardano la fecondazione assistita, in altre parole come di una realtà statica, sempre uguale a se stessa, buona di per sé, sulla quale è illegittimo intervenire, perché, e questo è il livello più profondo di convinzione, la natura stessa è stata creata da Dio così com’è e la persona umana è stata modellata ad immagine e somiglianza di Dio. Quindi evidentemente sono entrambe intoccabili ed ogni azione di manipolazione su di esse sono da escludere. Agli albori dell’epoca moderna la Chiesa ha già abdicato a posizioni rigide di immobilismo, quando ha accettato, sia pure a fatica e dopo lunghe diatribe, la rivoluzione copernicana e scientifica e tutte le conseguenze che ne sono seguite. Inoltre ha recentemente accettato, come alcuni hanno rilevato, che la morte fosse anticipata al momento della cessazione irreversibile delle attività cerebrali, anche se nel corpo esistono ancora epigoni di vita, al fine di poter donare organi per i trapianti e ridare vita ad altri che ne sono in pericolo e possono essere salvati. Nei casi citati il concetto di natura stabile ed intoccabile è stato superato dalla Chiesa e non si comprende ora come non possa essere adottata la stessa comprensione della mutazione continua della natura stessa.

Inoltre, nel comportamento della Chiesa manca completamente la consultazione della base, soprattutto delle donne, che sono le principali interessate al problema, in quanto portatrici nel loro corpo delle eventuali azioni di correzione e miglioramento. Anche a questo proposito la concezione della Chiesa come “popolo di Dio”, annunciata dal Concilio Vaticano II, è dimenticata o meglio rimossa nel timore del cambiamento che ridistribuirebbe i compiti ed i ministeri del potere.

Un’ulteriore, e non secondaria, considerazione è che la posizione della Chiesa blocca la ricerca su una materia di vitale importanza, che riguarda non tanto un gioco di ingegneria genetica, come appare a molti, ma che interessa la prevenzione di malattie gravi, di epidemie e di pesti nuove, tipiche del nostro secolo, che falcidiano milioni di esseri umani e che potrebbero, con l’avanzamento di una ricerca già cominciata con buoni frutti, essere arginate se non sconfitte in larga parte. Una ricerca che permetterebbe alle coppie che desiderano e non possono avere figli di realizzare il loro sogno procreativo, tanto caro per altro alla Chiesa come ad ogni essere sano e produttivo.

Sempre in questi giorni, la Chiesa ha preso posizioni analoghe, come il giudizio sull’omosessualità, sul matrimonio degli omosessuali, sull’astinenza come unica possibile prevenzione alla piaga dell’Aids, tutte ruotanti attorno alla natura ed al sesso. Perché non c’è da parte dell’autorità ecclesiastica una simile preoccupazione e condanna della disuguaglianza sociale, della violazione dei diritti, della falsa proclamazione della democrazia? Non sono realtà queste che ugualmente intaccano la persona umana, la natura delle cose e delle aggregazioni delle persone? La condanna della guerra e la richiesta di giustizia, senz’altro apprezzabili, sembrano essere un affare privato del Papa attuale e non una preoccupazione della Chiesa tutta.

Roma locuta, quaestio soluta, Roma ha parlato quindi la questione è risolta, si diceva nel passato. Non sarebbe ora che la verità, per quel poco o tanto che è raggiungibile, nascesse da un confronto democratico delle persone e delle comunità? Auspico quindi, insieme a tanti altri, che le donne, la società civile, gli scienziati, gli esperti di diritto, i rappresentanti di dottrine etiche di provato valore, i politici ed ogni altra categoria della convivenza umana, possano contribuire alla chiarificazione del problema. In altre parole invito tutti ad andare a votare per i quattro referendum per partecipare democraticamente a decisioni tanto importanti e delicate.

(1 febbraio 2005)

Mario Arnoldi