Berlusconi in coda per il bonus della scuola

Ecco la perfetta democrazia!

Varrebbe la pena analizzare diversi avvenimenti e ricorrenze dei quindici giorni appena trascorsi: l’ 8 settembre 1943, oggetto di discussioni e revisioni, momento iniziale di tante tragedie, ma anche della lotta partigiana, della liberazione e dell’avvento della repubblica; l’ 11 settembre, quello del golpe cileno e quello dell’attentato alle Torri gemelle di New York, occasione per la recrudescenza della spirale di violenza senza sbocchi tra Stati Uniti e il terrorismo internazionale; gli incontri di Riva del Garda e di Cancun in Messico dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO/OMC), dove salute, servizi universali, istruzione, farmaci salvavita sono a rischio di privatizzazione, cioè di appropriazione da parte delle multinazionali; l’ultima "gaffe" storica su Mussolini del nostro premier; l’inizio delle scuole in Italia e lo scandalo del bonus per le famiglie degli istituti privati, ecc.

Di alcuni di questi argomenti in parte ho già avuto modo di parlare e spero di potervi ritornare. Mi soffermerò sul bonus per le famiglie delle scuole private, problema italiano, ma non meno importante e purtroppo già dimenticato.

Ho conosciuto tempo fa un prete che, dopo alcuni giorni di lezione di religione nella scuola pubblica, andò dal suo Vescovo, gli restituì il registro di classe, rinunciò irrevocabilmente all’incarico, portando come motivazione che non voleva far violenza a giovani in età di formazione, imponendo l’insegnamento di una sola religione, di un solo credo, col rischio di creare una rigidità mentale oppure un rifiuto improduttivo. Eccesso di delicatezza? Secondo me quel gesto contiene implicitamente l’abc della formazione e dell’educazione, sia essa umana, professionale, religiosa.

Per lo stesso motivo io preferisco la scuola pubblica alla privata ed amerei vedere l’ora di religione trasformata o in storia delle religioni, o in religioni comparate, o in qualsiasi altra disciplina che metta in dialogo tra loro le varie dimensioni del sapere, delle culture, degli usi e costumi dei popoli, in altre parole che consideri dapprima la dualità e solo in un secondo momento la singolarità, con un ribaltamento sia pure doloroso della cultura classica tradizionale italiana. In principio è il "due" nella generazione umana e dalla dualità deriva l’ "individuazione" della persona. Stesso processo si dovrebbe ripetere nella formazione umana e culturale.

Ho vissuto nella scuola statale superiore come insegnante di materie umanistiche ed ho costatato quanti guasti si operano con un insegnamento rigido. Ne escono giovani che non hanno capacità critica, di giudizio, di scelta, unidimensionali, in grado solo d’ eseguire ed obbedire, sia in campo professionale sia in ogni altro settore. Giovani che, diventati donne e uomini adulti, hanno sempre bisogno di un supporto forte per districarsi nella vita, pena il fallimento. Educare deriva da e-ducere, cioè trasformare il magma indistinto degli stadi infantili e adolescenziali, polimorfi e perversi secondo Freud, in capacità di critica, valutazione e scelta che permetta una vita che non aggiunga cadute clamorose a quelle che il destino già riserva.

La stessa formazione tecnica professionale, quando s’innesta su una buona capacità di discernimento autonomo, è più efficace, apprezzata e ricercata.

Il bonus, che il ministro Moratti ha elargito con decreto, ha diverse contraddizioni. Ne indico alcune. Innanzi tutto è un appoggio preferenziale, sia pure mediato dalle famiglie, alla scuola privata; è anticostituzionale, infatti il primo decreto attuativo di una legge è da considerarsi soggetto al giudizio di costituzionalità e la Costituzione italiana è chiara nell’affermare che la scuola privata non deve esser d’onere allo Stato; la distribuzione di denaro senza progetto è un grave errore, perché la scuola oggi, sia essa pubblica sia privata, ha bisogno di cambiamenti di strutture e di programmi e non di elemosine di poco conto, cento o duecento euro circa, che permetteranno la soddisfazione di qualche piccolo capriccio, qualche pizza in più durante l’anno; la distribuzione a pioggia, cioè senza verifica del reddito delle famiglie che ne beneficiano, è semplicemente uno scandalo, perché il ricco ed il povero fruiranno della stessa cifra, come se godessero dello stesso tenore di vita; altra forma di sperequazione, simile alla precedente, è che le scuole private non sono tutte eguali, quanta differenza, infatti, tra la scuola confessionale, quella d’ispirazione aziendale per la formazione della generazione futura di dirigenti e le scuole di ricupero per gli studenti che sono stati respinti più volte in altri istituti! Potrei aggiungere altre contraddizioni che chiedono urgente soluzione: l’annoso problema dei professori precari, del passaggio automatico in ruolo in altra materia dei professori di religione soprannumerari, ecc.

Io temo che, riprendendo la riflessione iniziale dell’educazione nel dialogo e nella pluralità, il governo attuale italiano, sulla scia di quello mondiale, non voglia giovani che pensano. Se pensassero, come potrebbero accettare le quaranta e più forme di contratto di lavoro precario, senza possibilità di avvenire, di costruirsi una vita, una famiglia, senza pensione per gli anni ultimi della vita e non porsi in posizione critica verso l’economia e la politica che guida il mondo e allarga il ventaglio tra ricchezza e povertà a livello locale e mondiale?

Siamo ancora in tempo per tamponare i danni. Si mobilitino i partiti, i sindacati progressisti, la società civile, le organizzazioni di base, i singoli per opporsi a questo scandalo dei bonus e ad ogni altra forma di ingiustizia!

Mi dicono che Dario Fo stia aggiungendo un quadro nuovo al suo Mistero Buffo, che rappresenta Silvio Berlusconi mentre fa la coda all’ufficio postale di Arcore, dove credo risieda, tra le tante sue ville sparse per il mondo, per ritirare il bonus dei suoi due figli che frequentano la scuola privata. Dietro la folla accorsa per assistere all’evento, c’è l’omino piccolo di statura, venuto da Como, che si sbraccia tra la folla per vedere la scena e ripete a gran voce "Io non vedo niente, son venuto da Como, da Como, per niente!". Simbolo di chi non s’accorge dei grandi avvenimenti della cronaca e della storia. Ed accanto, l’altro tipo che ha accatastato molte sedie e le affitta per una visione più comoda dell’accadimento a prezzo non certo popolare. Segno d’altri significati che vi lascio intuire.

(15 settembre 2003)

Mario Arnoldi