Perche’ tanti immigrati respinti?

(da Manifesto, 26 giugno 2003)

(da Manifesto, 26 giugno 2003)

Chi volesse avere ulteriori notizie, semplici, giornalistiche, sulla precarietà del lavoro, della quale ho parlato alcuni giorni fa commentando il "Referendum senza quorum", può leggere con frutto l’articolo di Fiorella Farinelli, I nuovi nomadi del lavoro, su La Rocca, n. 13, 01.07.03, p. 22. Ma oggi s’impone una riflessione sugli immigrati, che ogni giorno sbarcano o muoiono tentando di raggiungere la sperata libertà. E l’Italia è terra di mezzo, nel centro del Mar Mediterraneo, luogo privilegiato per tentare la fuga della salvezza. Il 25 giugno, vedevo e sentivo il telegiornale e lo spettacolo al quale ho assistito non è nuovo per il parlamento italiano, ma non per questo è meno deprecabile. Diceva il ministro Pisanu: "Bisogna governare l’immigrazione senza egoismo né paura. L’immigrazione è una risorsa per il nostro paese". Forniva i dati: il 3,8% della popolazione italiana sono i regolari, la percentuale più bassa d’Europa, mentre in Francia sono il 6% e 8,9% in Germania. Rispondeva sul numero dei clandestini, elencando le cifre delle richieste d’asilo. Un buon indicatore, diceva, degli arrivi irregolari. Queste domande sono state 9.608 nel 2002, mentre in Francia, tanto per dare un ordine di grandezza, sono state 50.000. Spiegava che per il 75% di quelli che arrivano, l’Italia è un paese di transito, ecc.

Bossi non era della stessa opinione. Alessandro Cè e gli altri della Lega decidevano di andare in aula per dire le cose come stanno, secondo loro, in maniera chiara e ultimativa. "Mi auguro che il presidente Berlusconi nomini un commissario straordinario perché lei, signor ministro, non è all’altezza della situazione. Cambi mestiere!". E Montecitorio veniva travolto dalla "bagarre".

Cogliendo altre situazioni di sofferenza degli immigrati dai mezzi di comunicazione, leggevo che il giorno precedente era il sedicesimo di sciopero della fame per i trentaquattro kurdi turchi che, a Roma, stanno protestando per i ripetuti dinieghi che la Commissione centrale rilascia alle persone di origine kurda che vivono in Turchia. Anche loro hanno visto respingere una per una le domande, con motivazioni inconsistenti e dopo aver potuto dialogare con la Commissione solo per cinque minuti. Se non si porrà rimedio a questo stato di cose, per loro si aprirà la porta all’espulsione verso uno stato che li perseguita.

Ancora. Ottanta pakistani, provenienti dal Kashmir, che dal 24 si trovano nei centri di permanenza di Ponte Galeria (Roma) e di Via Corelli (Milano), presenteranno ricorso, anche se non sanno quale provvedimento sfavorevole verrà loro notificato. I pakistani avevano fatto richiesta di asilo e si sospetta che la Commissione abbia rigettato le loro istanze nonostante non sia ancora stato presentato il diniego. Per questo alcuni parlamentari che hanno visitato il centro romano parlano di una situazione al limite del sequestro di persona.

Al Vulpitta, centro di permanenza temporanea di Trapani, il regolamento dice che possono essere ospitati un massimo di 54 clandestini. Invece ce ne sono 70. Vivono in celle, alcune anche con quindici letti. Ogni stanza è separata dal corridoio con delle sbarre di ferro, dove i clandestini in attesa di essere espulsi dall’Italia appendono asciugamani, mutande e calzini. Non ci sono finestre, ma delle grate ferrate alte circa due metri e larghe almeno un metro e mezzo. Una parte del reparto è controllata dalla polizia, l’altra dai carabinieri. (La Repubblica, il manifesto, 25 giugno 2003).

L’elenco di situazioni drammatiche potrebbe continuare. Non mi dilungo sui fatti più clamorosi, a tutti noti, dei clandestini che arrivano sulle coste dell’Italia, soprattutto meridionale e insulare, che sono fuggiti da una condizione insostenibile per tentare di raggiungere uno sbocco a volte illusorio, a volte tragico, solo raramente concreto.

Perché tanti immigrati, mi ero chiesto in inizio dello scritto. Ho già accennato alle condizioni geografiche privilegiate dell’Italia, nel centro del Mediterraneo, con tante coste abbordabili. Ma la spiegazione non è sufficiente.

Se do uno sguardo alle vicende politiche italiane, la protervia di Bossi e degli uomini della Lega, alla quale il presidente del Consiglio sembra non prestare particolare attenzione, preso da preoccupazioni "più importanti" come i problemi economici dell’Italia e la preparazione della gestione del semestre europeo, non potrebbero essere in ultima analisi funzionali alle ambizioni più volte manifestate da Berlusconi stesso? Una "devolution", cioè una regionalizzazione spinta, come chiede la Lega, non porterebbe automaticamente alla necessità di un governo centrale più forte per evitare le spinte centrifughe del paese?

Sull’Europa dirò prossimamente. Non può invece mancare una riflessione ed una risposta planetaria al "perché tanti immigrati respinti". Il governo economico e politico del mondo non si dovrebbe preoccupare di dare una soluzione ad una migrazione tanto numerosa, dolorosa e spiazzante? Io penso che chi governa il mondo non vuole risolvere il problema degli immigrati così come non vuol risolvere il problema della distribuzione della ricchezza, dell’aids, della fame, della sete, delle malattie e di tutte le sperequazioni esistenti tra paesi del nord e del sud del mondo. Perché risolverlo, quando lo scopo principale dei paesi ricchi è uno sviluppo che porti vantaggio e profitto solo a loro? Gli altri, puro ostacolo ai loro progetti, muoiano. La guerra, o analoghi elementi di sterminio, sono una buona scopa, direbbe Manzoni!

A tarda sera da Berlino Carlo Azeglio Ciampi diceva: "L’immigrazione è una manifestazione dei drammatici problemi tra nord e sud del mondo, sottolineando, come aveva già fatto il ministro Pisanu, come in realtà nelle province del Nord la mano d’opera di immigrazione è utile per il progresso delle aziende".

Meglio un Presidente della Repubblica con qualche potere in meno, che a volte sbaglia, che non è particolarmente progressista, ma che sa anche ragionare super partes!

(1 luglio 2003)

Mario Arnoldi