Appello per il sì ai Referendum

Ciotti, Zanotelli, Tortorella ed altri

(da Manifesto, 14 giugno 2003)

(da Manifesto, 14 giugno 2003)

Ricevo, aderisco e inoltro ai lettori l’appello di Ciotti, Zanotelli ed altri per il SI’ al Referendum per l’estensione dell’articolo 18 e per il SI’ al secondo Referendum contro l’elettrodo coattivo.


Appello per il sì all’articolo 18 e società dei diritti

"La nostra partecipazione in senso positivo al referendum sull’estensione dell’art. 18 è in una linea di coerenza col nostro costante impegno per l’affermazione della società dei diritti.

In sintonia con le donne e gli uomini che animano i nuovi movimenti siamo convinti che diritti sociali e diritti umani insieme si tengono o insieme cadono. Non si può dire ad esempio a un essere umano "tu hai inalienabile diritto all’integrità fisica" e insieme sostenere, se necessario anche con la guerra, un ordine mondiale che priva quello stesso essere umano dei mezzi essenziali alla sopravvivenza: cibo, medicine, lavoro, informazioni, ecc.

I diritti, inoltre, anche quelli sociali o sono di tutti o non sono di nessuno. Finché un solo essere umano non ha lavoro o non ha cibo o non ha ciò che gli assicura identità, sicurezza, dignità e vita, i diritti di tutti gli altri, di tutti noi, non sono più veri diritti ma sostanziali privilegi.

Siamo ben consapevoli del fatto che le pratiche politiche richiedono mediazioni fra questi principi di alto valore etico universale e la realtà concreta sempre parziale e contraddittoria. Gli stessi movimenti si trovano immersi nelle contraddizioni e nella necessità di andare per piccoli passi. Siamo però anche consapevoli che la globalizzazione liberista tenta di annientare con mezzi potentissimi e perfino col terrore e con la guerra la cultura etica della solidarietà e dei diritti sociali, in quanto considera tale cultura e le pratiche conseguenti come ostacolo al libero svilupparsi del mercato, come un gravissimo attentato allo sviluppo e alla libertà. Per i poteri che sostengono e propagano la cultura liberista, la centralità del lavoro è una bestemmia e lo stato sociale è la cura pietosa che può incancrenire la piaga. Solo l'interesse privato, mediato dal mercato, ha in sé la capacità di condurre l'umanità verso un progressivo allargamento dell'onda della ricchezza, fino a raggiungere tutti gli uomini e debellare infine la povertà. Tutto il resto è aleatorio e affidato al giudizio di opportunità del luogo e del momento. E' talmente decisiva l'affermazione del libero mercato a livello planetario che per il nobile scopo tutti i mezzi sono leciti, compresa la guerra. Il liberismo è ormai un assoluto. Non è più un sistema economico e politico parziale con cui negoziare mediazioni possibili. E il danaro è un dio che esige sacrifici e sottomissione incondizionata.

Le necessarie mediazioni politiche e i piccoli passi possibili rischiano continuamente di essere rimangiati dalla potenza del liberismo. Ciò che si ottiene sul piano politico o economico si rischia di pagarlo con involuzioni e arretramenti sul piano delle consapevolezze. E’ perciò sempre necessario, secondo noi, mantenere alta la tensione verso l’obbiettivo della generalizzazione e universalizzazione dei diritti sociali. Insieme alle mediazioni politiche sono sempre indispensabili campagne culturali. Il ritrarsi dalla partecipazione positiva al referendum dà alla gente un preciso segnale: il liberismo ha vinto, il liberismo domina il mondo, il liberismo vuole mano libera nel mercato del lavoro, e noi dobbiamo piegarci alle condizioni imposte dal vincitore.

Qualunque sia il giudizio che si può dare sul merito del referendum e sul percorso politico che ne ha accompagnato la promozione, e può essere davvero un giudizio negativo, ormai è una battaglia di cultura votare SI’. E’ un modo per tenere teso l’arcobaleno e diffondere un messaggio di speranza: la resistenza è ancora possibile, la società dei diritti è una stella fissa nella notte fonda della prepotenza senza limiti, dell’illegalità che si fa ordine mondiale, del dominio che vuole i nostri corpi, le nostre intelligenze e i nostri sentimenti."

Firme di adesione:

Luigi Ciotti; Enzo Mazzi; Giovanni Franzoni; Arturo Paoli; Andrea Gallo; Vitaliano Della Sala; Alex Zanotelli; Sergio Tanzarella; Ettore Masina; Marcello Vigli; Pasquale Colella; Lidia Menapace; Erika Tomassone; Vittorio Bellavite; Antonio Parisella; Peppino Coscione; Maria Caterina Cifatte Alessandro Santoro; Sergio Gomiti; Giovanni Avena, Eletta Cucuzza, Ludovica Eugenio, Claudia Fanti, Valerio Gigante, Luca Kocci, Laura Leonori, Francesca Nava, Marco Zerbino (Adista); Cristiano Bumbaca; Leda Giacomelli; Laura Forgione; Vittoria Ravano; Mario Mencaraglia; Benedetto Di Sillico; Mauro Gozzio; Bernard Byzek, Mauro Castagnaro, Linda Di Ianni.

Riporto inoltre una riflessione interessante, contro alcune obiezioni all’estensione dell’articolo 18, di Aldo Tortorella, apparsa su la rivista del manifesto, n. 40, giugno 2003.

"È certo vero che il referendum non risolve il problema dei lavoratori precari, che sono ormai milioni. Ma meno che mai lo risolverebbe la sconfitta del referendum. All'opposto, questa lo aggraverebbe. Nessuna proposta di legge è stata neppure lontanamente presa in considerazione in questa legislatura (e troppo poco fu fatto al tempo del centro-sinistra) per affrontare il tema dell'assenza di diritti e tutele dei precari. Anzi, tutto va in senso contrario: e una sconfitta del referendum destinerebbe ancor più al macero la legislazione sui diritti e le tutele e renderebbe ancor più difficile la stessa azione contrattuale. Ed è falsa anche l'argomentazione secondo cui le garanzie e i diritti danneggiano l'occupazione: poiché la realtà attuale e una lunga esperienza dimostrano esattamente il contrario. L'occupazione in Italia è massima dove maggiori - come nel Settentrione - sono i diritti, minima - come nel Mezzogiorno - dove si è puntato e si punta alle paghe basse, al lavoro superprecario o all'economia in nero. Non è così che si determina lo sviluppo: che chiede stabilità, qualificazione, diritti. Solo uno sbandamento rispetto a tutta l’elaborazione politica e sindacale più seria prodotta in tanti anni può far dimenticare questi punti di approdo che dovrebbero apparire consolidati."

(15 giugno 2003)

Mario Arnoldi