La doppia lingua

Riflessioni sul fondamentalismo e la laicità

Terza media inferiore. Il professore di lettere, caratterizzato da un’autorevole severità, mentre ci suggeriva alcune norme per lo svolgimento del tema, come il variare degli aggettivi, dei sostantivi, ("evitate di ripetere sempre la parola cosa!"), ci disse una frase che mi rimase impressa per tutto il resto della vita: "ogni pensiero può essere espresso in almeno due modi diversi; prima di scriverlo, esprimetelo dentro di voi secondo versioni differenti". E’ possibile che quell’idea non l’avesse inventata lui o che io l’abbia appresa da altre fonti (i ricordi adolescenziali a volte sono frutto di spostamento e di enfatizzazione), fatto è che da allora abitualmente seguo quel principio.

La cultura e la civiltà occidentale moderne hanno scoperto realtà nuove: non è il sole che gira attorno alla terra, ma la terra attorno al sole; l’autorità politica non viene da Dio ma dagli uomini che si associano in comunità ed è un principe che la esercita; il mondo non è creazione materiale di Dio, così come le Scritture lo descrivono, ma nasce da un big bang o da analoghe ipotesi, ecc. Queste tappe hanno segnato l’origine del linguaggio laico che si è affiancato al linguaggio religioso e ne ha esplicitato i contenuti nascosti. Le realtà terrene prima di allora erano concepite come inglobate in un grande utero materno, ed ora invece cominciano ad avere vita autonoma. Un linguaggio diverso per dire le stesse realtà? Qualcosa di più, le realtà naturali ed umane vengono analizzate in se stesse, senza principi esterni, e sono scandagliate in tutte le loro progressioni prima inconcepibili.

Sembrava, all’inizio di questo processo, che alla religione ed alla fede fosse eroso il terreno vitale, poi invece si costatava che la fede trovava il suo oggetto specifico d’indagine e le singole discipline mettevano a fuoco regole sperimentali e linguaggi per i campi del sapere del mondo e della storia, che a loro volta non erano uniformi, ma caratterizzati da pluralità di punti d’osservazione.

Oggi il credente può affermare che Dio ha creato il mondo e la proposizione ha significato diverso da quando la religione ed il mito volevano essere onnicomprensive nel loro dire. Oggi ipotizziamo due diversi piani e due linguaggi, come diceva Maritain nel suo periodo migliore. Chi rimane fissato alla propria certezza come alla verità assoluta, sia nel campo delle interpretazioni delle Scritture sia nel campo dei linguaggi terreni, ripiomba all’indietro nel mito e nel religioso primitivamente inteso.

Ho letto alcune lezioni di un illustre teologo cattolico, Bernard Lonergan S.J., che, a proposito della Trinità, afferma che l’espressione "una sola natura e tre persone" (che assume a prestito i termini di natura e persona dalla filosofia greca) può essere detta in un modo più esistenziale ed esteso con una decina di proposizioni che si trovano sparse nelle Scritture: Dio ha creato il mondo e l’uomo per amore; per amore ha mandato il Figlio suo sulla terra per ricondurre l’uomo stesso sulla via della giustizia che aveva smarrito; il figlio si è donato sino alla morte; ha lasciato in eredità ai discepoli il suo messaggio attraverso lo Spirito, che parla più lingue, affinché la testimonianza si diffonda in tutto il mondo, ecc. Due modi diversi di esprimere la stessa realtà di fede. Ed aggiunge Lonergan che del messaggio profetico del Cristo altre sintesi possono essere fatte attraverso filosofie diverse dalla greca: il che avvenne più volte nel corso dei secoli ed avviene tuttora. Gianni Vattimo oggi reinterpreta il cristianesimo attraverso la filosofia del pensiero debole e si definisce cristiano. Negare la possibilità di esprimere la divinità con lingue diverse è pessimo atteggiamento, fondamentalismo incipiente che può diventare esplicito ed attivo: tanti conflitti si attenueranno quando l’umanità, e ciascuno di noi, comincerà a capire che "il mio Dio non è più bravo del tuo", che "extra ecclesiam nulla salus" (al di fuori della mia chiesa non c’è salvezza) è un retaggio del passato, che "i colori degli aquiloni sono diversi". La pluralità delle lingue è la ricchezza del mondo; il monopensiero e la monolingua dell’uomo sono, al contrario, l’impoverimento, l’incomprensione, il degrado, la guerra, la morte, il suicidio dell’umanità.

Sul n. 2 di Micromega 2000, dedicato interamente al rapporto fede e ragione, che raccoglie scritti di personaggi contemporanei cui era stato chiesto se credessero o no in Dio, Norberto Bobbio risponde di non poter dire di "credere" così come la religione cristiana cattolica propone, perché la trascendenza, alla sua mente di uomo di scienza del novecento, sia pure critico, aveva perso di significato. Aggiunge di aver tuttavia un forte senso del mistero che sovrasta ciò che viviamo giorno per giorno, che ci appella continuamente ad andare oltre, ad esplorare dimensioni nuove, non conosciute, e, conclude, questa è la mia religiosità. Non quindi una fede ed una religione forte, "ortodossa", ma la religiosità dell’uomo che non si ferma mai di fronte all’ignoto da scoprire ed è sempre in cammino. Un modo altro, laico, diverso, per dire una realtà analoga a quella di fede del credente? Un’altra lingua, differente, per esprimere il mistero che accomuna tutti gli uomini? Penso in qualche modo di sì, senza voler inglobare nella fede chi afferma di non credere e senza voler stemperare la fede del credente. Entrambe le lingue convergono nella ricerca del vero e del bene.

Penso inoltre che il linguaggio laico, con le realtà che esso esprime, debba essere sperimentato sino al limite del possibile, prima di invocare principi che appartengono ad altri livelli, come il religioso. I motivi sono diversi: il linguaggio dei valori umani accomuna tutti gli uomini di buona volontà, come diceva Giovanni XXIII, mentre il linguaggio dell’ortodossia di "parrocchia" divide e crea barriere al dialogo; non è metodologicamente corretto mescolare linguaggi diversi; secondo la migliore tradizione delle Scritture, non è bene "nominare il nome di Dio invano"; il linguaggio della fede appartiene piuttosto all’ordine delle motivazioni personali all’agire, ecc.

Pietro Prini, in un libro tanto discusso ma tanto prezioso, Lo scisma sommerso, Ed. Garzanti, 1999, faceva notare come nella Chiesa di fatto si parli ormai la pluralità dei linguaggi dello Spirito, sia pure ancora in forma sommersa. Un’interferenza manzoniana: Come la luce rapida/ piove di cosa in cosa,/ e i color vari suscita/ dovunque si riposa;/ tal risuonò molteplice/ la voce dello Spiro/ (La Pentecoste). La luce è unica, ma dà colori diversi secondo gli oggetti su cui cade.

Due lingue dunque, la religiosa e la laica, ed all’interno di quest’ultima ancora diverse lingue. La triste realtà della guerra di questi ultimi mesi ci ha fatto conoscere quanto dannoso sia all’umanità il monolinguismo, e ciò che ad esso si accompagna, da qualsiasi parte esso venga.

Sono contro ogni forma di relativismo assoluto. Ho profonde convinzioni, ma so che esistono mille sfaccettature, con le quali mi confronto, della stessa pietra preziosa che è la verità da costruire. Ho parlato soprattutto della cultura occidentale. L’Islam ha diverse forme nel suo miliardo e 200 milioni di seguaci e nella fascia che, come un anello, abbraccia il globo.

Sono usciti nei giorni scorsi il n.11, 2001, di "Confronti", della cooperativa "Com nuovi tempi" di Roma, con allegato un inserto sull’Islam dal titolo "Noi e loro" ed il n.5, 2001 de "il dialogo - al hiwâr" del Centro Circolo Peirone di Torino, interamente dedicato al fondamentalismo.

Un ricordo riconoscente al mio vecchio professore delle medie.

(1 dicembre 2001)

Mario Arnoldi