La politica della fraternità

"La Rivoluzione francese aveva trovato uno strumento teorico per affrontare questo problema (il politico), ma la storia successiva l’ha smarrito. Infatti, delle tre parole inaugurate dalla rivoluzione: libertà, uguaglianza, fraternità, le prime due hanno avuto successo perché (...) hanno generato rispettivamente la liberaldemocrazia e la socialdemocrazia. E della fraternità che ne è stato? (...). Come sguardo puramente quantitativo la ragione occidentale e la politica che la esprime faticano a riconoscere le differenze qualitative, quindi le identità specifiche, quindi le apparteneze, a cui invece risponde la nozione di fraternità, che garantisce il riconoscimento della comunità e, attraverso la comunità, dell’individuo cha alla comunità appartiene..." (U. Galimberti, Politica senza identità, La Repubblica, 10. 04. 2001).

E’ interessante che una figura di rilievo come Galimberti - le sue posizioni a volte sono condivisibili altre meno - ponga l’accento sulla fraternità e dia ad essa un significato politico nobile, in questo mondo globalizzato, dove la politica è senza luogo e tuttavia onnipresente ed incombente.

La fraternità ha diversi volti, da quello quotidiano dell’assistenza all’altro che è bisognoso, a quello più esteso che crea isole di produzione nuove, locali ed autonome, presso i paesi del sud del mondo, che ricerca canali di mercato dei relativi prodotti, che controlla la produzione delle multinazionali perché queste non infrangano i diritti umani, che mira ad elaborare principi e regole nuove per una democrazia delle differenze...

Sono gocce in un grande mare che vanno moltiplicandosi e crescendo e sono la politica di un futuro da costruire in cui la diversità e l’identità non siano negate.

(31 marzo 2001)

Mario Arnoldi