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Solidarietà a don Franco Barbero

a cura della redazione di Tempi di Fraternità



Traduzione del decreto
Lettera del vescovo
Comunicato
Intervista
Bugie
La mia speranza
Solidarietà delle Comunità di base italiane
Telegramma inviato al cardinale Ratzinger
Notizia del "licenziamento" (da Repubblica - 15/03/2003)
Tanta gente a Pinerolo per la messa domenicale (da La Stampa - 17/03/2003)




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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

(dimissione dallo stato clericale e dispensa dagli obblighi)

 

Prot. N. 26/82

Signor Franco Barbero

della diocesi di Pinerolo

25 gennaio 2003

 Il Sommo Pontefice Papa Giovanni Paolo II

Ascoltata la relazione dell'ecc.mo Segretario di questa Congregazione circa il grave modo di agire del citato presbitero della diocesi di Pinerolo (Italia), premesse le cose da premettere, con suprema ed inappellabile decisione senza alcuna facoltà di ricorso

ha decretato

che al citato presbitero venga irrogata la pena della dimissione.

Allo stesso presbitero ha anche concesso la dispensa da tutti gli oneri connessi con la sacra Ordinazione, con i seguenti criteri:

1. La dimissione e la dispensa hanno vigore dal momento stesso della decisione del Romano Pontefice.

2. Al presbitero il decreto della dimissione e della dispensa sia notificato dal competente Ordinario del luogo, al quale è fatto divieto di separare giammai questi due elementi. La stessa cosa vale anche per qualche eventuale assoluzione da censure.

3. La notizia della dimissione e della dispensa sia annotata nei Libri dei battezzati della parrocchia del citato presbitero.

4. Per ciò che concerne l'eventuale celebrazione del matrimonio canonico, sono da applicarsi le norme stabilite nel Codice di Diritto Canonico. L'ordinario tuttavia faccia in modo che la cosa avvenga con circospezione e senza pubblicità.

5. L'Autorità ecclesiastica, alla quale spetta di notificare il Decreto al predetto sacerdote, lo esorti vivamente affinché, nel conformarsi alla sua nuova condizione di vita, egli partecipi alla vita del popolo di Dio, dia edificazione e così si mostri un buon figlio della Chiesa. Nel contempo, gli comunichi quanto segue:
a) il presbitero dimesso automaticamente perde i diritti propri dello stato clericale, la dignità ed i compiti ecclesiastici; non è più tenuto agli altri obblighi connessi con lo stato clericale;
b) rimane escluso dall'esercizio del sacro ministero, né può avere un compito direttivo in àmbito pastorale;
c) egualmente, non può svolgere nessun compito nei Seminari e negli Istituti equiparati. Negli altri Istituti di studi di grado superiore, che in qualsiasi modo dipendano dall'Autorità ecclesiastica, non può avere alcun incarico direttivo o ruolo di insegnamento;
d) anche negli altri Istituti di studi di grado superiore non dipendenti dall'Autorità ecclesiastica, non può insegnare alcuna disciplina teologica;
e) negli Istituti di studi di grado inferiore dipendenti dall'Autorità ecclesiastica, non può avere alcun incarico direttivo o ruolo di insegnamento. Il presbitero dimesso e dispensato è tenuto alla stessa legge nell'insegnare la religione in Istituti dello stesso genere non dipendenti dall'Autorità ecclesiastica.

6. L'Ordinario del luogo curi che il presbitero dimesso non sia di scandalo ai fedeli per mancanza della necessaria prudenza.

7. A tempo opportuno, l'Ordinario competente riferisca alla Congregazione dell'avvenuta notificazione e, se vi sia magari meraviglia tra i fedeli, provveda ad una prudente spiegazione.

Nonostante qualsiasi cosa anche minimamente in contrario.

Dalla Sede della Congregazione, il 25 gennaio 2003.

 

Joseph Ratzinger

prefetto

Angelo Amato, S.D.B.
arcivescovo titolare di Sila, segretario

 

 

 giorno della notifica: 13-3-2003





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Il Vescovo di Pinerolo

 

Carissimo don Franco,

con molta sofferenza in cuore ti trasmetto il Provvedimento Pontificio con cui è stata disposta la tua dimissione dallo stato clericale. A questo atto si è giunti non improvvisamente ed inaspettatamente. È dal 1975 che i tuoi vescovi, ripetutamente, hanno avuto con te colloqui e poi hanno preso posizioni con molteplici dichiarazioni per richiamarti al senso della comunione ecclesiale circa la dottrina da te divulgata attraverso scritti, media e predicazione.

Da tante regioni d’Italia, a cominciare dal Piemonte, vescovi, numerosi presbiteri e fedeli hanno manifestano disorientamento per le tue posizioni, soprattutto perché tu parli come presbitero della Chiesa Cattolica.

Dalla lettura dei tuoi scritti appare chiaro che viene toccato il cuore della fede cristiana, in particolare i misteri della Trinità, dell'Incarnazione, la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia e, connesso con l'Eucaristia, il ministero ordinato. A ciò si aggiunge la liturgia, non celebrata in comunione con la Chiesa Cattolica, la non accettazione dell'integrità dei Settenario Sacramentale e la non accoglienza del Magistero come guida di fede e di morale.

Questo provvedimento Pontificio non ti mette fuori dalla Chiesa Cattolica; è una parola forte per richiamarti a rivedere la tua posizione e l'insegnamento che diffondi; tuttavia non diminuisce il riconoscimento della tua sollecitudine verso i poveri.

Voglio assicurarti che l'affetto resta quello di sempre, da quando ti ho conosciuto e ti ho incontrato la prima volta nel Santuario della Madonna delle Grazie. E proprio a Lei, nostra madre, chiedo di aiutare te e me in questo momento difficile. Anzi, l'affetto cresce ancora di più. Carissimo don Franco, è questa la pena più grande del mio servizio episcopale. È una ferita che porterò sempre per non averti aiutato

a sufficienza a vivere la comunione ecclesiale.

Affidiamoci ambedue, attraverso la preghiera, all'amore del Signore. Se vuoi, possiamo trovare più occasioni per pregare insieme. Solo la preghiera ci aiuta a camminare nella Sua volontà.

Un caro saluto e un continuo ricordo, nell'attesa di poter condividere una piena comunione di fede nel rispetto della disciplina ecclesiale.

tuo Pier Giorgio, vescovo





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Comunicato stampa

Abbiamo appreso, nella mattina di oggi, giovedì 13 marzo, del provvedimento di "riduzione allo stato laicale" comminato al nostro presbitero Franco Barbero.

Dichiariamo innanzi tutto che per la comunità cristiana di base di Pinerolo Franco resta il nostro presbitero e nulla cambia rispetto a prima.

Possiamo testimoniare il suo impegno durante quarant'anni di ministero nella solidarietà, nella ricerca di fede e testimonianza del Vangelo, elementi questi, nella vita della nostra comunità, inscindibili e inseparabili. Non è possibile testimoniare il Vangelo senza praticare la solidarietà e la sollecitudine verso gli ultimi e le ultime.

Lascia amareggiati/e l'indisponibilità assoluta del vescovo ad incontrare la nostra comunità e a dialogare con essa, nonostante i ripetuti inviti. La questione viene ridotta al "caso Barbero", ignorando che in questi trent'anni di vita comunitaria è stato condiviso un cammino di fede da parte di donne e uomini; inoltre il numero di coloro che partecipano alle attività della comunità cristiana di base è in continua crescita.

Questo cammino non è solo della comunità di Pinerolo, ma di innumerevoli comunità di base in Italia, in Europa e in America Latina. Ignorare questa realtà significa non tenere in alcuna considerazione il percorso di fede di fratelli e sorelle che condividono l'insegnamento del comune Maestro, Gesù di Nazareth. La stessa dicitura utilizzata nel provvedimento, "riduzione allo stato laicale", denota come la gerarchia si ritenga superiore ai laici nonostante l'ammonimento del Vangelo "...tra voi non sia così; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti" (Mc 10, 43-44).

Ci sentiamo vicini/e al nostro presbitero e a coloro che devono sopportare emarginazione, espulsioni, condanne da parte della gerarchia vaticana.

Prendiamo atto che la chiesa gerarchica, maschilista e patriarcale, rimane uno dei pochi stati assoluti che esercita il proprio potere senza sentire il parere dei suoi fedeli. Probabilmente in Vaticano non è ancora passato il principio "...non condivido le tue idee, ma lotterò fino alla fine perché tu possa affermarle", patrimonio delle moderne democrazie.

Tutte le volte che don Franco ha incontrato il vescovo è stato solo per essere invitato a rivedere le proprie posizioni e non per un sereno confronto sulla teologia e ricerca biblica, al quale, peraltro, avremmo di cuore, donne e uomini della comunità di base, tenuto a partecipare.

A dispetto delle belle dichiarazioni del vescovo di Pinerolo durante gli incontri ecumenici con fratelli e sorelle valdesi e di altre religioni, sull'accoglienza delle differenze, dobbiamo constatare che non appena si vanno a toccare punti sostanziali (seconde nozze, celibato dei preti, predicazione e ministero dei laici, teologie femministe, unioni tra credenti omosessuali, rilettura dei dogmi alla luce del Vangelo e dei problemi della società contemporanea) ecco che tutto il dialogo va in fumo e la chiesa gerarchica si arrocca nella sua torre.

Ci eravamo illusi/e che nella gerarchia ecclesiastica ci fosse lo spazio per esprimere la fede nell'unico Dio in modi differenti ma con un unico cuore. Purtroppo dobbiamo constatare che questa sensibilità, lì, non è presente.

Tuttavia quotidianamente riceviamo visite, lettere, inviti da parte di parrocchie, comunità e gruppi coi quali, pur nelle differenze, abbiamo, e continueremo ad avere, un dialogo sereno e fiducioso alla luce dell'evangelo.

Non ci sentiamo fedeli a questa gerarchia ma cerchiamo di esserlo ai poveri, all'evangelo di Gesù e a Dio. Come sorelle e fratelli della comunità cristiana di base di Pinerolo continueremo a sentirci parte del "popolo di Dio" nella chiesa di base.

Restiamo disponibili al dialogo con chiunque voglia venirci a trovare…

Le sorelle e i fratelli della comunità cristiana di base di Pinerolo

Pinerolo, 13 marzo 2003





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Un cammino che continua

(Intervista a Don Franco Barbero a cura di ADISTA)

 

D) Dunque, don Franco, Roma ha sentenziato…. Oggi 13 marzo alle 7 Lei è stato ricevuto dal vescovo di Pinerolo che le ha consegnato la lettera in cui il cardinale Ratzinger le comunica il decreto papale di riduzione allo stato laicale.

R) Il potere vaticano ha fatto il suo mestiere preferito: condannare. Non mi stupisce che questa "gerarchia buttafuori", scambiando la chiesa per una discoteca, arrivi a questi atti di prepotenza.Mi sorprende il fatto che non sono mai stato ascoltato: vengo condannato, come nelle dittature e nei regimi militari, senza aver mai avuto la possibilità, che persino il codice di diritto canonico prevede, di dialogare, spiegarmi, difendermi.

Da anni ho la consapevolezza che non sono funzionale alla chiesa caserma, che non faccio gli interessi dell’azienda cattolica, che non pubblicizzo i suoi prodotti culturali, che cerco di mettere in luce le sofistificazioni catechistiche e dottrinali, che disturbo il coro, ma mi aspettavo che qualcuno avesse almeno il buon garbo, anche solo aziendale, di guardarmi negli occhi e di ascoltare se, per caso, avessi avuto qualcosa da dire.

Mi arriva invece una lettera in cui il sommo pontefice con una decisione "suprema e inappellabile e non soggetta ad alcun ricorso" decreta la dimissione dallo stato clericale.

Comportamenti vaticani da KGB. Abbiamo già la fortuna che non possono più accendere i roghi e, con un po’ di fede e di umorismo, continuiamo a imparare dalla vita che il re è nudo.

 

D) E, secondo Lei, il vescovo di Pinerolo che ruolo e che comportamento ha tenuto in questa vicenda?

R) Ha partecipato con piena adesione alle decisioni vaticane con una gran fretta di arrivare ad una conclusione. L’istituzione cattolica ufficiale gli sarà certamente riconoscente. Finalmente l’ho visto sollevato da un problema che gli creava qualche tensione, come lui stesso mi confidò.

Non ho né amarezza né alcun sentimento di avversione verso un vescovo che è soprattutto un fedele funzionario del vaticano.

Gli auguro ogni bene: questa piena collaborazione con il vaticano sarà certamente premiata dal governo centrale della curia romana. Ho l’impressione che, nell’attuale ecclesiologia dominante, ci sono dei vescovi che davanti a Roma non hanno nemmeno il grado di sergente. Che può fare un piccolo caporale di fronte ad un capo di Stato Maggiore?

Quando si accetta un ruolo per cui nella chiesa da una parte ci sono i gerarchi e dall’altra il popolo, forse l’obbedienza resta ancora la prima "disastrosa" virtù.

Da un funzionario è troppo aspettarsi parole o scelte profetiche. Certo, non ha fatto nulla per garantire il mio diritto ad essere ascoltato o per impedire un provvedimento che, del resto, ha totalmente condiviso. Voglio rispettare le scelte della sua coscienza.

 

D) Perché in questo momento?

R) Secondo me il vaticano ed i vescovi hanno scelto questo momento per parecchie "defenestrazioni" cercando di utilizzare alcune prese di posizione coraggiose del papa che hanno indubbiamente creato in queste settimane simpatia ed apprezzamento per il vaticano.

L’astuzia del potere però non può nascondere le sue vergogne continue dietro una posizione apprezzabile che oggi, del resto, sarebbe stato difficile non assumere vista la barbarie del governo USA e la crescente mobilitazione politica e popolare contro la guerra. I problemi nodali di questa struttura cattolica, violatrice sistematica dei più fondamentali diritti umani, che emargina le donne, i separati e divorziati, che condanna gay e lesbiche, che mantiene l’ipocrita legge del celibato obbligatorio dei preti, che cerca privilegi nella scuola privata, che ha vissuto secoli di prostituzione con tutti i più squallidi poteri, che diffonde angoscia e sessuofobia, che fa del tempio un grande mercato…, non possono essere coperti da qualche buon appello alla pace. Ci vuole ben altro.

 

D) Lei, don Franco, come vive questo giorno? Come si sente?

R) Ho trascorso la mattinata, dopo il tempo dedicato alla preghiera ed allo studio, nei colloqui con amici tossicodipendenti e con alcuni preti stranieri. Ora sono in partenza per alcuni incontri a Roma ed in Francia. Sabato pomeriggio a Torino presiederò la celebrazione eucaristica nella quale un parroco del Lazio si sposa con una donna senza lasciare il ministero.

Come vede, continuo la mia vita esattamente come prima. Considero questa lettera vaticana come il regalo del papa e del mio vescovo per i miei 40 anni di ministero.

La "pulizia teologica" che è in pieno svolgimento un po’ ovunque nella chiesa cattolica "non disdegna le vie brevi della prepotenza" (Concilium 1/2003) e spiritualmente mi ero da tempo preparato in piena comunione con la mia comunità. Ho rifiutato la vergognosa proposta di "rientrare", di accettare il silenzio e qualche incarico. Il denaro della chiesa, più volte offertomi, non mi ha mai interessato, né ho bisogno di sicurezze istituzionali. Più che mai oggi, inserito nei movimenti cristiani di base, mi occorre fiducia in Dio, preghiera, studio delle Scritture, la compagnia delle persone che fanno più fatica a vivere, tempo per la ricerca teologica, uno stile di vita semplice e sobrio.

Questo è l’orizzonte in cui cerco ogni giorno di convertirmi sulla strada di Gesù, l’ebreo marginale, che per noi cristiani è l’icona del Dio vivente.

Non ho nessun bisogno di "rientrare" né nella chiesa cristiana, né nel ministero, né nella tradizione cristiana perché non ne sono mai uscito. Da questa chiesa non mi scacciano quattro arroganti parole d’un gerarca romano. Né accetto di essere trattato come un bambino scappato da casa o un giovanotto un po’ ribelle e recalcitrante da ricondurre sulla retta via.

Sono prete e lo rimarrò per tutta la vita; faccio il prete e lo farò per tutta la vita.

Quello che mi assicura e mi sostiene è il riconoscimento delle comunità in cui svolgo il ministero.

In questi giorni ho tanto ringraziato Dio perché sono una persona felice ed ho la compagnia e la solidarietà affettuosa di tutta la mia famiglia, della mia comunità, dei movimenti cristiani di base non solo italiani, di migliaia di preti, di teologi e teologhe. Sono grato a Dio perché mi guadagno il pane quotidiano ed il necessario per i libri con un ministero umile, onesto e libero nella mia comunità.

Penso con dolore ai tanti sacerdoti che sono costretti a rimanere nell’obbedienza perché, fuori da quel ruolo, come mangerebbero? Privi dell’indipendenza economica, molti preti devono rassegnarsi a mangiare quella minestra…..

 

D) La comunità di Pinerolo e le altre comunità cristiane di base come vivono questo fatto?

R) Credo che le comunità cristiane esprimeranno il loro punto di vista . Io so che nulla cambierà tra di noi.

Resta il fatto che, ben diversamente dal vescovo precedente che era venuto due volte in visita alla comunità, l’attuale vescovo non ha mai nemmeno preso in considerazione le lettere, gli inviti, i tentativi di dialogo della comunità. Certo, è più facile dialogare con i valdesi che con una comunità cristiana di base.

Il vescovo ha sempre rifiutato il dialogo con la nostra comunità. Ripeto: non ha mai una volta accettato nemmeno di incontrare una delegazione.

Non ha mai risposto ad una lettera della comunità. Bell’ecumenismo!!!!

L’invalidità del documento vaticano di cui non terremo nessun conto deriva anche dal fatto che, se non si ascolta la comunità, nessun provvedimento ha una efficacia ecclesiale.





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Le bugie del vescovo hanno le gambe corte

Mentre leggevo il documento vaticano che mi riguarda, sono stato sorpreso dalla data che vedo in calce: 25 gennaio 2003.

Non mi stupisce il fatto che il provvedimento mi sia stato notificato il 13 marzo. Il Vaticano utilizza i tempi più favorevoli per far passare i suoi soprusi sotto silenzio.

Mi sorprende invece il fatto davvero incredibile che il vescovo di Pinerolo, a sicura conoscenza di un provvedimento già deciso e firmato, abbia continuato nei quattro incontri avuti con me il 29 gennaio, il 3 febbraio, il 16 febbraio e il 2 marzo, a dirmi che la Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Sant'Uffizio) stava ancora esaminando i miei scritti.

Una menzogna detta da chi sapeva di mentire....

Con estrema precisione io a suo tempo, annotai il contenuto di questi incontri sul "Foglio di comunità" di febbraio e di marzo. Ma se mi stupisce che un vescovo mentisca in questa maniera così squallida, questa volta debbo anche riconoscere la mia inescusabile ingenuità, la mia incorreggibile tendenza a dare comunque fiducia, senza la capacità di scorgere la finzione e la menzogna.

Dunque, mi ha nascosto tutto...

Fingeva di non sapere e mi ha preso in giro in una maniera disonesta ma abile. Non potrà certo dirmi, con un'altra menzogna, che non era stato avvertito del provvedimento... perché allora non sarebbe un vescovo, ma nemmeno un sacrestano!!! Ma queste più che le menzogne di un uomo sono le dinamiche di una istituzione autoritaria che riduce i propri funzionari al ruolo di semplici esecutori

Ma la chiesa cristiana sparsa nel mondo, quella in cui mi sento profondamente radicato, è fatta anche e soprattutto di donne e di uomini assetati di giustizia e di amore e persino di vescovi sinceri e coraggiosi come Romero, Tonino Bello, Arns, Gaillot e tanti altri.

La vita è fatta per imparare a credere, aldilà delle menzogne, nell'onestà e nella semplicità e per convertirci ogni giorno dal più profondo di noi alla fiducia radicale in Dio.

Ma la menzogna più grande sta nel dire che io nego i cardini della fede cristiana come l’Incarnazione e la Trinità. In tutti i miei scritti, in tutti gli incontri, nei dibattiti e nei corsi che svolgo in varie sedi e occasioni io sono impegnato a compiere un lavoro costruttivo. Come fanno migliaia e migliaia di teologhe e di teologi, cerco di riesprimere i "pilastri" della fede cristiana in linguaggi che, spesso già presenti nella ricca tradizione cristiana, possano più fecondamente dialogare con le donne e gli uomini di oggi. La mia preoccupazione è, quindi, esattamente il contrario di ciò che mi viene addebitato. Se cercare di reisprimere il messaggio centrale della nostra fede in "categorie" culturali e linguistiche nuove (come nella tradizione viva delle chiese cristiane spesso è avvenuto) viene giudicato come una "negazione della fede", allora debbo concludere che il Vaticano è caduto nell’idolatria di alcune formulazioni.

Proprio la natura profonda della nostra fede nel Dio vivente, di cui le Scritture e Gesù di Nazareth ci danno testimonianza, esige una continua conversione della nostra vita ed una continua riformulazione del modo con cui esprimiamo il messaggio cristiano.

Il mio piccolo impegno è quindi sorretto da un sincero amore per questa meravigliosa fede e i miei tentativi cercano di ascoltare e valorizzare le molteplici voci con cui milioni di donne e uomini credenti di oggi reisprimono la loro fede in dialogo con le Scritture di ieri e le culture di oggi. Dire che io nego i cardini della nostra fede è una menzogna che ho il dovere di smascherare. Nello stesso tempo rappresenta un totale travisamento del cammino di fede e di ricerca della comunità cristiana di base di cui sono e resto presbitero.

don Franco Barbero





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La mia speranza

Mentre sono colpito da un provvedimento che ritengo invalido e di cui non terrò conto alcuno, aggiungo due annotazioni.

1) Non è ridicolo il linguaggio con cui il cardinale Ratzinger mi notifica il decreto papale?

Una decisione "suprema, inappellabile e non soggetta a nessun ricorso" è un linguaggio tra il delirante e l’umoristico, per chi abbia qualche idea della democrazia o di una comunità ecclesiale che dovrebbe essere "ancor più di una democrazia".

2) In questi giorni ho pensato tanto anche a questa chiesa che continuo ad amare. Voglio riportare ciò che scrissi alcuni anni fa (Il dono dello smarrimento, Viottoli, pagg. 105-109) e che anche oggi continua ad alimentare la mia speranza e la mia preghiera:

"Cara mia chiesa,

voglio dirti che ti amo tanto. Benedico ogni giorno Dio di avermi chiamato alla fede e spesso anche di avermi collocato in questa chiesa. In te ho conosciuto tantissime donne e molti uomini pieni di fede. Da loro ho ricevuto un sacco di bene e forti testimonianze.

In questa chiesa ho ricevuto il dono meraviglioso del ministero che, dopo ben 37 anni, mi appassiona come il primo giorno. In te ho incontrato le Scritture e me ne sono innamorato… senza, in verità, che la cosa ti facesse tanto piacere. Anzi…

Ma, come ogni amore sano e adulto, la relazione con te è sempre stata un amore difficile, profondo e sincero, ma contrastato. So che questa esperienza è comune a milioni di donne e di uomini. Ora voglio parlarti a cuore aperto.

Ho l’impressione – anzi, molto di più, la constatazione – che col passare dei secoli tu ti sei progettata e strutturata come la torre di Babele: "Faremo una torre alta fino al cielo… Così diventeremo famosi e non saremo dispersi nel mondo" (Genesi 11).

Hai imboccato, cara mia chiesa, una direzione pericolosa in cui prevale l’interesse a rendere la torre sempre più alta, a tenerla insieme solida e compatta, a sorvegliare tutto e tutti dall’alto, a cingerla di mura, a chiudere le finestre e sbarrare le porte. Ma, a guardarla troppo dall’alto, la realtà appare diversa. Non arrivano più alla sommità le voci calde e commosse delle donne e degli uomini, non si sentono più il rumore dei loro passi, il chiasso delle strade, le canzoni d’amore, le grida di dolore e i palpiti dei cuori. Di lassù si perde il più e il meglio della vita. Là ci si occupa della stabilità della torre, di illuminarla, di rafforzare e ringiovanire le sue pareti, di renderla sempre più grande, alta, visibile, stupefacente.

Si pretende di farne il trono di Dio, l’arca della salvezza, il luogo della verità, la casa di Dio sulla terra.

Mia cara chiesa, il mito di Babele finisce bene: Dio prima sorride di questa torre e dei suoi costruttori illusi e vanesii, poi scende e riapre i cancelli… verso la mappa delle nazioni, le terre dei popoli e così si interrompe la costruzione della torre…

Vedo per te questo sogno di Dio: non una torre che s’innalza, ma uomini e donne sparsi nel mondo a parlare e testimoniare il Suo amore.

L’isolamento più pericoloso è quello che noi cristiani possiamo costruirci da soli quando, malati di narcisismo, vogliamo ad ogni costo difendere il nostro vecchio palazzo, il nostro vetusto castello e non sappiamo vedere il "paesaggio più spazioso" che Dio ha costruito e sta costruendo per le Sue creature. Quando si ha una cura ossessiva del palazzo le persone reali passano in second’ordine… fino a scomparire. Resta solo il palazzo e chi gli gira attorno riverente ed ossequioso.

Per questo motivo io temo che anche questo Giubileo del 2000 ti esponga alla tentazione di ubriacarti di te. Le tue gerarchie sono prese dall’enfasi, sono sbronze di gloria, fanno sfoggio di potenza e ricevono l’omaggio e i finanziamenti dei grandi di questo mondo.

Mia cara chiesa, quanto saresti più bella, più viva se, anziché piangere per ogni pezzo della torre che si rompe e difendere con i denti ogni mattone, tu sapessi vedere il Dio della vita che apre spazi più ampi e demolisce le torri in cui ci imprigioniamo per orientarci verso case più umane ed abitabili. Accogli il plurale voluto da Dio, l’arcobaleno delle lingue, delle pelli, delle razze, delle religioni, delle teologie.

Lasciati smantellare la torre, lasciati aprire gli occhi come fu per Agar.

Mia cara chiesa, ricordi Abramo?

Vattene, emigra, esci dal "paese" conosciuto della tua cultura, dalla "patria" delle tue sicurezze e delle tue potenti alleanze, dalla "casa" e dal castello delle tue tradizioni che rischiano di annullare e soffocare la Parola di Dio. E non fare come il faraone che si buttò nell’inseguimento per acciuffare quelli che cercavano le sponde della libertà. Ormai non ti chiediamo più il permesso di partire quando intravvediamo nuovi cammini al di là dei recinti ecclesiastici.

Vattene, staccati dall’illusione di essere il centro del mondo; staccati dall’illusione che i tuoi dogmi siano la fotografia della verità, dalla presunzione di possedere sempre l’ultima parola su ogni questione. Abbiamo imparato a distinguere accuratamente tra le parole umane che passano e la Parola di Dio che resta.

Vattene dalle menzogne che continui a raccontare secondo le quali Gesù avrebbe vietato il ministero alle donne; prendi congedo dall’altra solenne menzogna per cui ministero e celibato sarebbero inseparabilmente congiunti dalla volontà di Gesù; vattene dalle tue leggi disumane presentate come la volontà di Dio.

Vattene dall’idolatria del diritto canonico, delle leggi che tu hai codificato nei secoli; vattene dall’accerchiamento e dal cattivo uso delle tue tradizioni, luoghi di esperienze storicamente situate e non mummie da trasportare intangibili da un millennio all’altro.

Vattene dalla moda delle confessioni spettacolari di alcuni tuoi peccati del passato; vattene da questi pentimenti che non conducono a conversione e lasciano il fondato sospetto che si tratti di comportamenti diplomatici e di operazioni di facciata.

Vattene dall’ossessione sessuale, dalle tue sessuofobie… per cui continui a temere il piacere, ad aver paura delle donne, a guardare con diffidenza e a offendere con i linguaggi pelosi della comprensione omosessuali, lesbiche, separati/e, divorziati/e e conviventi anziché benedire Dio che dona all’umanità mille forme d’amore e può far rifiorire questo amore là dove esso si era spento.

Vattene dalle miriadi di ambigue apparizioni mariane, dalle preziose teche della sindone e dal sangue di san Gennaro, dai mille luoghi in cui si alimentano superstizione e spirito idolatrico.

Vattene da una struttura di potere come il papato, per riscoprire un ministero che sia davvero servizio; vattene dal balbettio dei potenti in cui fai sempre la prima donna; vattene dalla prigionia dei tuoi comportamenti imperiali e abbraccia il sogno di Dio.

Vattene dall’occupazione di tutti i video del mondo; vattene dalla retorica pauperistica che ti dispensa dal diventare chiesa povera; vattene dalla mania di sentenziare e impara ad ascoltare.

Mia cara chiesa, vattene da questo giubileo di troppe vane parole. Hai organizzato, soprattutto con il finanziamento dei potenti, tanti pellegrinaggi, ma tu non sei più la chiesa pellegrina verso il regno perché sei troppo appesantita dai concordati, dal mercato del tempio, dalle tue sicurezze. Il tuo tesoro terreno ti ha rapito il cuore e ha bloccato molti tuoi passi.

Mia cara chiesa, prendi la strada di Abramo e Dio camminerà davanti a te, sarà il tuo compagno di viaggio. Io non ho nulla da insegnarti, ma ho soltanto voluto dirti quale eco trovano nel mio cuore le parole bibliche rivolte ad Abramo, per la mia e la tua conversione.

Penso, oggi più che mai, che il dialogo e la preghiera siano le grandi strade per la mia conversione.

Mia cara chiesa, che cosa posso sperare per te? Che cosa posso augurarti di più fecondo e salutare del "dono dello smarrimento"? Quello sarà il giorno in cui, libera dai lacci del potere e dai tarli della presunzione, ti butterai tra le braccia di Dio, unica salvezza.

don Franco Barbero





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La solidarietà delle Comunità di base italiane a don Franco Barbero per la "scomunica" del vescovo di Pinerolo

 

La Segreteria Nazionale delle CdB esprime solidarietà e condivisione alla

Comunità di Base di Pinerolo e al suo Presbitero Franco Barbero vittime

entrambi della repressione ecclesiastica basata su infondate accuse - come

emerge dal comunicato del Vescovo - circa il tipo di ricerca teologica e di

prassi ministeriale portata avanti.

La presa di posizione del Vescovo evidenzia, ammesso che ce ne fosse

ulteriore bisogno, una lettura del Vangelo strumentale ed escludente.

Il Vescovo, pur di condannare Franco Barbero e la Comunità, si rifugia

nell'ideologia dogmatica e moralistica ignorando volutamente la piattaforma

essenziale dell'annuncio Evangelico quale è l'Amore e la Carità che vanno

concretizzati nella realtà sociale a fianco degli esclusi/e, degli

emarginati/e, dei diversi/e.

Percorso questo costantemente seguito dalla Comunità di Base di Pinerolo e

dal suo presbitero Franco Barbero.

Senza dire, poi, dell'ipocrita esortazione del Vescovo Debernardi a Franco

Barbero a decidere della sua autoesclusione dalla comunità ecclesiale.

Così, una simile decisione autoescludente, farebbe molto comodo alla

gerarchia ecclesiastica.

la Segreteria Tecnica Nazionale delle Comunità di base

 

 

Napoli 18 febbraio2002








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Don Franco Barbero stato ridotto allo stato laicale con un decreto della Congregazione per la dottrina della fede, che riporta una sentenza irrorata dallo stesso Giovanni Paolo II e pertanto inappellabile e preclusa ad ogni ricorso.

Ne da notizia la Comunità di Pinerolo con un comunicato, sulla sentenza e sulla  procedura eccezional, contraria ad ogni principio di giustizia - ogni imputato ha diritto ad essere almeno ascoltato prima di essere condannato – riportiamo un’intervista dello stesso Franco Barbero e alcune sue osservazioni illuminanti.

Del caso si è occupata la stampa

Messaggi di solidarietà  dalle altre Cdb stanno arrivando

Ironico e provocatorio il telegramma in latino inviato da Noi Siamo Chiesa al cardinale Ratzinger

 

NUNTIUM TELEGRAPHICUM
CARDINALI JOSEPHO RATZINGER
PRAEFECTO CONGREGATIONIS PRO DOCTRINA FIDEI


Em.me Domine,
nos vero vivendi rationi presbyteri pineroliensis Francisci
Barbero favemus, quem Tu - nomine Summi Pontificis - damnasti
.

Conicimus ergo nos quoque tuas poenas canonicas recepturos esse.

Necessarium tamen non putamus dialogum inter nos: quemadmodum enim

tu ipse erga fratrem nostrum Franciscum te praebuisti , ita ratio agendi

Romane Curiae est damnare fratres inauditos.

Verba Domini Nostri Iesu Christi memorantes: 'Scitis quia principes
gentium dominantur eorum, et qui maiores sunt potestatem exercent in eos.
Non ita erit inter vos' (Mat. 20, 25), condemnationem illam irritam
censemus atque tamquam spiritui Jesu contrariam reiciendam esse
Discipuli ac discipulae italici sodalicii "Nos sumus Ecclesia"

 

Telegramma al card. Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Em.mo signore, anche noi sosteniamo il modo di agire del presbitero di
Pinerolo, Franco Barbero, che Tu - a nome del Sommo Pontefice - hai
condannato. Temiamo dunque di ricevere anche noi le tue pene canoniche.
Non ci pare tuttavia necessario un dialogo tra di
noi: come tu hai dimostrato con il nostro fratello Franco, il modo di agire
della Curia romana è di condannare senza ascoltare i fratelli.
Ricordando l’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo: ‘Voi sapete che i
capi delle nazioni dominano su di esse, e i grandi esercitano su di esse il
potere. Non così dovrà essere tra voi’ (Mat. 20, 25), riteniamo invalida la
condanna e da ripudiare come contraria allo spirito di Gesù
Gli/le aderenti al movimento italiano di "Noi siamo Chiesa".


 

 





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Ratzinger firma la condanna al parroco di Pinerolo - Non potrà più portare la tonaca

Wojtyla licenzia don Barbero, il prete che "sposava" i gay
L'accusa: celebra liturgie irregolari
Ma il processo non è mai stato aperto

di MARCO POLITI


ROMA - Il fulmine del Papa sul prete che benediva le nozze gay. Alle sette del mattino, l'ora delle retate, il vescovo di Pinerolo consegna a don Franco Barbero, della comunità di base "Viottoli", il decreto del Sommo Pontefice che lo spoglia della tonaca e lo caccia dal sacerdozio. Aveva detto: "Diventiamo etero e omo in mille modi diversi. Dio non fa un pezzo sbagliato, Dio non è la Fiat". Dimissione dallo stato clericale e dispensa dagli obblighi, è la sentenza della gerarchia ecclesiastica.

È successo giovedì scorso. Da quel momento Don Barbero diventa il "Signor Franco Barbero", come recita gelido il documento redatto dall'ex Sant'Uffizio e firmato dal cardinale Joseph Ratzinger in data 25 gennaio 2002. La condanna, proclama il decreto, è una "suprema e inappellabile decisione senza alcuna facoltà di ricorso". Eterna, immodificabile. Più della scomunica di Enrico IV. La lettera di accompagnamento del vescovo mons. Debernardi elenca i capi d'accusa: contestazione dei "misteri della Trinità, Incarnazione e presenza reale di Cristo nell'eucaristia" e del sacerdozio così com'è stabilito dalla Chiesa. E ancora, il prete è accusato di aver celebrato liturgie irregolari e di non accettare l'integrità dei sette sacramenti né l'insegnamento del magistero ecclesiale.

Ieri mattina, imperturbabile, don Franco ha celebrato tra i suoi fedelissimi a Pinerolo il matrimonio (clandestino) di un sacerdote con una donna della sua comunità. Due altri preti hanno concelebrato con lui. "Mia cara Chiesa - ha scritto in un'invocazione, appena ricevuta la notizia della sospensione a divinis e riduzione allo stato laicale - voglio dirti che ti amo tanto. Vattene dall'illusione di essere centro del mondo. Vattene dalle menzogne che continui a raccontare secondo cui Gesù avrebbe vietato il ministero sacerdotale alle donne. Vattene dalle tue sessuofobie, per cui continui a temere il piacere. Vattene dalla moda delle confessioni spettacolari di alcuni peccati del passato. Prendi la strada di Abramo e Dio camminerà dinanzi a te".

Sessantaquattrenne, da quaranta sacerdote, don Franco anima dal 1973 una comunità di base a Pinerolo. E' una persona mite, amante della preghiera, molto vicino ai bisognosi, convinto come tutti i teologi critici che bisogna reinventare il linguaggio per spiegare agli uomini d'oggi i principi dottrinali cristiani. I grandi veti di Wojtyla su divorzio, contraccezione, omosessuali, celibato e donne prete non li ha mai condivisi. Per gay e lesbiche ha inventato il rito della benedizione del "patto d'amore". Figlio di un carabiniere, Barbero è diventato nella Chiesa un fautore appassionato della libertà di parola e di scelta.

Il 15 febbraio l'Osservatore Romano lo aveva definito "fuori della comunità ecclesiale". Ma il fatto clamoroso, che risulta dai documenti originali che l'agenzia d'informazione Adista sta per pubblicare, è che la Congregazione vaticana per la dottrina della Fede non gli ha mai fatto quel giusto processo, che pure è garantito dalle norme ecclesiastiche. Non gli mai mandato la lista delle accuse, non gli ha mai permesso di discolparsi. Il cardinale Ratzinger non ha risposto nemmeno ad una domanda di colloquio.

Più mite l'atteggiamento del vescovo locale. Che si firma "tuo Piergiorgio", gli promette intatto affetto e spera che don Franco torni in "piena comunione di fede" con la Chiesa. Ma per Barbero, proprio perché non c'è stato processo, il decreto di condanna papale è invalido. "Non ne terrò conto alcuno".


(da Repubblica - 15/3/2003)





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TANTA GENTE A PINEROLO PER LA DOMENICA SPECIALE VISSUTA DAL DISCUSSO SACERDOTE


«La legge dell´amore è la più forte»


Don Barbero celebra messa dopo la punizione del Papa


Giacca scura, un crocifisso di perline, don Franco Barbero stringe mani, accarezza i bambini e depone il suo orologio da polso sul tavolo-altare ricoperto di stoffa azzurra e bianca. Sopra la tovaglia una Bibbia, i libri con le preghiere scritte dalla comunità cristiana che segue da trent´anni, un vasetto di viole, uno con le mimose e un cero acceso, il cestino con il pane. Nel seminterrato che è stato concesso dal Comune per la messa della domenica, filtrano raggi di sole. Alla sua destra c´è il piccolo Nadir, che avrà circa tre anni, accanto alcuni membri della comunità, e alla sua sinistra tre giovani con la chitarra. Alle 10 s´inizia la celebrazione religiosa. Durerà due ore: «Oggi siamo in tanti - dice don Franco - e tutti devono poter fare la loro riflessione». I partecipanti all´assemblea sono il punto centrale della cerimonia. «Insegnaci a cercare terre e cieli fra i ghetti e la fame che uccide, spezzando il confine tra vinti e vincitori della storia». E´ questo il canto che precede la messa. Ad ascoltarlo, mamme con i bambini in braccio, una che allatta il figlio al seno ed il piccolo Nadir che con le matite colorate trasforma le sue fantasie in disegni. «Beato chi confida nel Signore e non pone le speranze nei potenti», recita una lettura. Poi sono le chitarre che, sul ritmo di uno spiritual, intonano «Dio del cielo». Le preghiere eucaristiche vengono lette a turno dai presenti e ognuna è seguita da un momento di riflessione. E il silenzio si fa più intenso quando viene lanciato il monito: «Vigilate, vigilate, quando si cercano pretesti per svuotare gli arsenali». Nella chiesa di don Barbero si accoglie chiunque, e così per un paio di volte la celebrazione viene interrotta, per dare la possibilità a chi è giunto in ritardo di trovare posto. Non si parla della vicenda personale di questo sacerdote, estromesso dalla Chiesa, ma una lettura ha più effetto di tante parole: «Vigiliamo su chi nella nostra Chiesa vuole mettere la museruola e quando la legge canonica è più forte dell´amore». Ed il riferimento riporta alla benedizione delle coppie gay e al matrimonio dei sacerdoti. L´ultimo è stato proprio celebrato da don Barbero nei giorni scorsi. Poi la cerimonia continua, offrendo spazio alle preghiere che ogni partecipante rivolge: a un papà ammalato, a un figlio adolescente, a un´amica che deve superare un esame. L´Eucarestia, il momento principale della celebrazione, avviene spezzando il pane, che di mano in mano passa fra tutti i fedeli. E don Barbero dice rivolto a Dio: «Ti ringraziamo perché questa mattina possiamo dividere questo pane e dobbiamo imparare ogni giorno a dividere tutto: il tempo, l´energia, le poche cose che sappiamo, tutto questo nel nome di Gesù che ispira gli uomini e le donne nelle vie del mondo». Poi, rivolto al clamore che la sua vicenda ha suscitato, dice: «E´ importante rientrare nel nostro silenzio, non ho risentimento verso nessuno, però la verità dei fatti continua nel nostro impegno».

Antonio Giaimo (da La Stampa - 17/3/2003)







Link ad altri siti:

per visionare il decreto di riduzione allo stato laicale

solidarietà delle Comunità di base italiane

telegramma inviato al cardinale Ratzinger





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