Ivo Fogliasso I RACCONTI DEL BARRIO SAN MANUEL di Giorgina Bruno
L'Autore Libri, Firenze 1996, Lit 29.000
I racconti del barrio San Manuel trovano la loro naturale collocazione in estate. E' un libro leggibile in ogni stagione, ma la calura estiva riesce ad appiccicare alla nostra pelle di 'temperati', una parte di quelle sensazioni che sono la quotidianità di chi vive nelle zone tropicali e che Fogliasso sa 'dipingere' con toni realistici che si avvalgono di accorgimenti lessicali: "Guadalupe era accasciata sulla sedia, le braccia allargate e abbandonate (...). Fra un'asola e l'altra i lembi del vestito si allargavano mettendo in vista ellissi di epidermide sudata" se la vocale 'a' imperversa con il caldo, la polvere sollevata dal vento penetra tra le pagine del libro con l'abbondanza delle 'v': "...vedeva la polvere sollevarsi sempre più in alto, ogni turbine di vento rovente . . . ,, e più avanti:". . . tornò a casa investita ancora una volta da violente ventate torride... ". La pioggia tropicale, colonna sonora d'uno splendido racconto, viene colta nella sua musicalità dal picchiettio delle consonanti: "I tre giovani si stringevano sotto la piccola tettoia della cappelletta, pioveva e sembrava noni volesse finire tanto presto ... " Questi racconti, a tratti pervasi di sottile ironia, senza forzare la mano inducono a riflettere: senza che se ne accorga, trasportato dal piacere d'assistere a sprazzi di vita quotidiana, il lettore è costretto a fare i conti coi propri pregiudizi, coi luoghi comuni da cui è condizionata la nostra cultura occidentale: la pigrizia, l'indolenza dei latinoamericani, la loro ignoranza, la rilassatezza dei costumi, l'incoerenza, la falsità... I racconti non portano a superare questi stereotipi, ma offrono le chiavi per 'leggerli': alcune di interpretazioni sono offerte dal saggio don Jorge: "È una vergogna che una donna non abbia altra possibilità [che prostituirsi] per sopravvivere economica di fatti come questo. " Altre si trovano tra le pieghe del racconto, altre se le costruisce il lettore dopo averli collocati non solo in un luogo fisico ma anche nella storia. Non vi sono personaggi secondari, comparse, ognuno di loro è protagonista: non solo don Jorge, il profeta, ma anche la moglie Ana che si affaccia qua e là, spesso incorniciata dallo stipite della porta; non solo il piccolo Uriel che riesce a vedere il mare, ma anche Vicente - l'amichetto che lo lascia solo - o la vecchia Lupe che - con la sua andatura lenta - lo costringe a guardarsi attorno; non solo la ricca e scontenta Herminia, ma anche Hector, il suo autista... Tutte queste donne, uomini, bambini, nascondono secoli di storia dietro alle loro movenze, raccontate con plasticità sconcertante, dietro i loro sguardi più eloquenti di tante parole, nei loro stessi corpi ma non è la storia parziale scritta sui libri, che parla di condottieri, re e battaglie e che tace sulle conseguenze che essa avrà nella quotidianità dell'uomo qualunque, cinquecento anni dopo. Nel libro di Fogliasso, tra la gente del barrio San Manuel, la troviamo tutta. Qualcuno se ne vergogna, la rifiuta: "Devo fare attenzione, se prendo troppo sole sembrerei un negra (...). Il mio culo è da negra, papà ha un bel dire che non abbiamo sangue negro(...). Se peggioro mi farò operare. " c'è anche chi invece ne va fiero: "C'è sempre un modo per far sentire qualcuno inferiore e diverso da te (...) se non è il colore della pelle è qualcos'altro ma chi comanda è maestro nel rendere gli uomini diversi fra loro. Certo che la razza è un distintivo indelebile, un mezzo facile da utilizzare (...) ma io sono meticcio come voi, lo crediate o no. " E' la storia la vera protagonista del libro, il filo rosso che lega in modo coerente tutti i racconti: la si legge nell'amarezza di una rivoluzione in agonia, in quella del .tradimento di un marito-macho, tra i lividi delle botte d'un ubriacone - 'padrone' solo perché bianco - nel molle abbandono del corpo sfinito da troppi sfruttamenti sotto la doccia razionata ad ore precise, nell'abitudine - retaggio del periodo sandinista - di seguire i notiziari televisivi prima della telenovela, nel taciuto desiderio di ritrovare le proprie radici che vibra negli affasciananti racconti di don Jorge. Il libro inizia con una data precisa, non scritta, ma comunque assai chiara: 1492 e con un nome, oggi noto, allora pronunciato a stento, quasi sillabato: Kristob-Kolon. È un libro che attraversa il Nicaragua in lungo e in largo, ma soprattutto in profondo. Questo, però, lo si coglie al termine dell'ultima pagina quando, chiudendolo, ci si accorge d'aver letto anche un libro di storia.