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Giulio Girardi GLI ESCLUSI COSTRUIRANNO LA NUOVA STORIA? di Minny Cavallone

Il movimento indigeno, negro, popolare. Ed. Borla, 1994 - L. 38.000.

Il prologo di Rigoberta Menchù delinea efficacemente la situazione attuale dell’Occidente, tesa alla mondializzazione delle leggi di mercato neoliberali, e sintetizza le iniziative di questi ultimi anni del movimento indigeno, che va estendendosi oltre i confini dell’America Latina. Termina poi con un appello a tutti, indigeni e no, ed un messaggio di speranza.

Giulio Girardi dedica questo suo ultimo libro agli indigeni del Chiapas, ed a don Samuel Ruiz: questa dedica è motivata e conforme alle finalità dell’opera, perché appunto nel movimento in atto in una tra le zone più povere ed emarginate del Messico e dell’America Latina l’autore identifica una prima manifestazione tangibile del nuovo ruolo e della nuova coscienza degli "esclusi", delle masse che non hanno mai contato nei 500 anni dalla scoperta ad oggi.

Con questo libro Girardi ha voluto far propria la voce, il grido di rinascita di questi popoli, levatosi alto in occasione del V centenario della conquista, per rifiutare l’inculturazione secolare degli occidentali in tutti i suoi aspetti, per rivendicare la dignità di una cultura millenaria rivissuta e riscoperta attraverso 500 anni di resistenza, e assumere il ruolo di soggetto della storia.

Dico che l’autore ha voluto farsi voce degli esclusi, perché gran parte del libro è dedicata alla citazione ed alla sistematizzazione dei documenti elaborati dal movimento indigeno, negro e popolare, negli Incontri al vertice da esso tenuti: ha voluto spiegare cosa sia la "Campagna 500 anni di Resistenza indigena, negra e popolare, e quale sia il processo cui essa sottopone l’Occidente, considerando la civiltà occidentale cristiana un sistema di dominazione, discriminazione e morte. Vengono esposti ed approfonditi nei documenti gli aspetti del razzismo politico, economico, ecologico, culturale e religioso che ha improntato la conquista e i secoli successivi. La ricca documentazione conduce anche alla definizione di un programma da attuarsi nei prossimi dieci anni (dal ‘94): i popoli indigeni proclamano il loro diritto all’autodeterminazione solidale, politica, economica, aprendo orizzonti alternativi e di speranza alla "fine della storia" affermata dall’Occidente. Orizzonti alternativi che non riguardano solo i popoli indigeni, ma l’intera umanità.

Il titolo del libro è un interrogativo, né poteva essere altrimenti: le difficoltà di un cambio radicale del modello dominante ci sono, e non si possono sottovalutare: ma c’è anche la possibilità di riuscita. Siamo noi occidentali a dover assumere una posizione di fronte a questo interrogativo, rimettendoci in discussione, ponendoci in ascolto di voci che hanno taciuto per secoli ed ora non ci chiedono aiuto né ci propongono un’utopia illusoria: si fanno portatrici, in questi tempi oscuri, di un messaggio concreto di speranza.

La lettura del libro di Girardi è di grande interesse non solo per chi è impegnato nella solidarietà, ma per tutti, in quanto presenta un aspetto ed una visione della vita non molto conosciuta ma che, proprio per questo, merita di essere approfondita e capita per poterne cogliere il valore di giustizia e di liberazione.


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