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Un presidente per un Paese che necessita di più democrazia e più giustizia



Data: 01 Gennaio 2022
Autore: a cura della redazione



Nello scorso mese di novembre ben 15 istituzioni
e associazioni che si ispirano alle culture
politiche dei padri costituenti hanno stilato
un documento “Il/la Presidente che vorremmo”
per discutere sul profilo del/della
futuribile Presidente “che non sia esclusivo appannaggio
del ceto politico-parlamentare, bensì divenga oggetto di
pubblico confronto” (...).
I firmatari, tra cui Centro di Ricerca e Documentazione
Luigi Einaudi (Torino), Fondazione Lelio e Lisli Basso
(Roma), Comitati Dossetti per la Costituzione, Fondazione
Nilde Iotti (Roma), si propongono di diffondere il loro desiderata
che coinvolga la cittadinanza, animati dalla consapevolezza
dell’importanza e della delicatezza della scelta, in
un periodo storico particolarmente complicato e difficile.
Si dovrebbe individuare “una persona che fedelmente
corrisponda alla funzione assegnatale dalla Costituzione
vigente. Non è scontato in una stagione nella quale si evocano
confusi modelli gollisti e si teorizza la fungibilità tra
ruoli ai vertici dello Stato, che vanno invece tenuti nitidamente
distinti. (…)
Una severa, rigorosa figura di garante della Costituzione,
a cominciare dal principio della separazione, dell’equilibrio
e della leale collaborazione tra i poteri. Un/una presidente
che si riconosca nel senso pregnante del principio
secondo il quale il lavoro è il fondamento della cittadinanza
politica. Un/una Presidente che assicuri la difesa
del principio di legalità, nonché l’indipendenza e l’autonomia
della Magistratura, nel necessario e urgente processo
teso alla sua rigenerazione e al suo riscatto, senza i
quali potrebbe lievitare una spinta al suo asservimento.
Un/una Presidente custode e interprete dell’unità e dell’integrità
della nazione, che non misconosca le ragioni
dell’autonomia delle comunità territoriali, ma evitando
contrapposizioni e scontri fra poteri centrali e locali. Un/
una Presidente impegnato/a ad assicurare l’unità giuridica
ed economica della nazione. Un/una Presidente che
si adoperi per correggere le derive da tempo abbondantemente
in atto verso un depotenziamento delle prerogative
del Parlamento (…). Un/una Presidente che si situi nel solco
dello storico europeismo del nostro Paese, fondatore del
processo d’integrazione europea, e dunque impegnato ad
assecondarne il percorso teso a coniugare sovranità nazionale
e sovranità europea nel quadro di «una unione sempre
più stretta». Un/una Presidente che, a capo del Consiglio
superiore della difesa, garantisca il ripudio della
guerra e, positivamente, l’impegno per la giustizia e la
pace tra le nazioni.
In una parola un/una Presidente non di parte, supremo
arbitro della vita politica. Semmai Politico/a con la maiuscola,
inteso/a cioè come interprete e attivo/a garante dei
superiori interessi del paese. Una figura che unisca il Paese
anziché dividerlo e che lo rappresenti al meglio presso
la comunità internazionale.
Dovrebbe essere superfluo – ma non lo è – aggiungere
una sorta di precondizione fondamentale che attenga alla
sua concreta persona: l’integrità personale attestata da
una biografia specchiata”.
Fin qui un ampio stralcio del documento che ci sentiamo
di sottoscrivere in toto, di cui tuttavia intendiamo sottolineare
i punti che maggiormente ci coinvolgono nella nostra
esperienza di conoscitori e partigiani degli “ultimi”.
Intendiamo in primis il “lavoro” e “l’unità giuridica ed economica
della nazione” cui si connette strettamente il tema
delle diseguaglianze intra ed extra territoriali delle regioni
italiane.
Una democrazia solo formale, peraltro anch’essa bisognosa
di profonde modifiche, cui il documento allude, non
ci pare sufficiente a garantire l’essenza della Costituzione
che la nuova figura di presidente dovrebbe tutelare. Quando
abbiamo a che fare con 6 milioni di persone in povertà
assoluta e quasi 3 prossimi ad essa, si pone con forza la
imprescindibile esigenza di attuare la carta costituzionale
a livello sostanziale.
Ci soccorre al tema esposto, volando alto, una lettera aperta
di Franco Arminio1 su cui conveniamo e che qui riportiamo
integralmente:
“Cari ricchi,
il mondo sta finendo o è già finito non per colpa dell’uomo
in generale ma per colpa vostra.
Ora avete abilmente nascosto le vostre colpe al punto che
i poveri votano per voi. Avete portato i poveri a pensare che
il loro nemico è quello più povero di loro: il povero arriva
col gommone e non col Mercedes.
Una volta in occidente, e specialmente in Italia, c’erano
partiti, persone, sindacati, c’erano tanti occhi che guardavano
i vostri imbrogli e li denunciavano. Ma da un certo
punto in poi, più o meno dai tempi di Tony Blair, avete vinto,
non avete più trovato resistenze perché avete convinto quasi
tutti che le ingiustizie sociali sono un problema trascurabile,
il cuore di tutto è la crescita più che il dolore. Il punto è
che quando si parla di crescita si omette di dire che a crescere
è solo il vostro conto in banca.
Siete stati bravi, avete condotto la vostra lotta di classe e
l’avete vinta con l’appoggio di chi vi dovrebbe combattere.
Se la ricchezza non è male in quanto tale, neppure si può dire
che sia bene in quanto tale. Ma veniamo ai giorni nostri, veniamo
alla via tecnocratica che ora va di moda nelle nostre
democrazie: quello che sta accadendo in questi giorni in Polonia
dovrebbe aprire gli occhi su quello che è diventata l’Europa
e su quello che intendiamo adesso per democrazia.
Lo so che ragionare in questo modo non crea consenso,
sembra di parlare da una gabbia del novecento, mentre voi
ormai volate liberi e incontrastati nel cielo del nuovo secolo
e vi inventate la transizione ecologica, date perfino l’idea
che volete occuparvi dei destini del pianeta. Il punto è che
molti di voi sono in buona fede, la ricchezza si è fusa con
l’ignoranza, ora arrivate a pensare davvero di essere voi gli
eroi del mondo, a voi spetta il compito di salvarlo questo
mondo. Ma non andrà sempre così. A un certo punto avrete
contestazioni più oneste e più convinte di quelle che avete
adesso. C’è solo da sperare che quando i vostri inganni saranno
pienamente svelati ci sarà ancora tempo di stare al
mondo in letizia e in amicizia. Voi avete portato nel mondo
da tempo la terza guerra mondiale, ma non più tra gli Stati,
la guerra ora è tra le persone. La guerra non si fa più con le
bombe, le bombe se mai le usano i poveri, ora il vostro cannone
si chiama crescita, si chiama consumi, si chiama progresso.
Pasolini lo aveva ben capito e lo hanno capito in
tanti anche adesso, ma ora chi parla deve confrontarsi col
chiasso, non c’è bisogno che sia zittito, ogni contestazione è
resa inerme dal diluvio in corso, un diluvio di gesti e di parole
che nasconde la grande paralisi del mondo. Sì, questo è
un mondo paralitico, cambia un’epoca ogni giorno, ma a
muoversi sono solo le ombre, è la danza dell’irreale, mentre
la realtà è ferma, è in necrosi.
Cari ricchi, pentitevi, perché la vostra ricchezza non solo
fa male al mondo ma anche a voi stessi. Siete molto malati,
abbiate il coraggio di dirlo a chi vi guarda, a chi vorrebbe
diventare come voi. Oggi, curiosamente, la rivoluzione può
cominciare togliendo le barricate che avete costruito, abbassando
la polvere che alzate in continuazione per impedire
al chiarore di farci vedere come stanno le cose. Sappiatelo,
il chiarore non è morto. E prima o poi verrà un tempo
limpido e sarà un bene per tutti, anche per voi”.
Cari poveri, potremmo umilmente continuare:
• la nostra Costituzione non tollera la vostra esistenza
quando i ricchi continuano a prosperare a vostro (e nostro)
danno, non tollera che si faccia l’esame del sangue ai percettori
del reddito di cittadinanza e si consenta agli evasori
ed elusori di prosperare;
• la nostra Costituzione non consente che ci siano regioni
dove la sanità pubblica è devastata e altre che richiedono
maggior autonomia per regalare alla sanità privata ulteriori
quote delle nostre tasse, come avviene in Lombardia e
non solo;
• la nostra Costituzione non tollera neppure che ci siano
milioni di disoccupati e altrettanti precari pagati sei-settecento
Euro al mese e altri che se la passano un po’ meglio,
ma con salari tra i più bassi d’Europa. Per non parlare delle
imposte sul reddito, sempre meno progressive e della
tassazione delle rendite finanziarie e immobiliari insufficiente
e sperequata;
• la nostra Costituzione è stata svuotata dal di dentro. Significa
che le norme prefigurate dai costituenti non hanno
avuto seguito se non in ambiti molto ristretti e una parte di
esse, conquistate in passato, sono state cancellate dall’orda
neoliberista che ha coinvolto l’intera classe politica negli
ultimi trent’anni, succube dei poteri che contano.
Cari poveri la vostra situazione è ancor più intollerante
se, in un paese che “ripudia la guerra”, si continuano a
spendere enormi somme in armi e tecnologie sempre più
sofisticate che nulla hanno di difensivo. Non lasciatevi ingannare
dalla propaganda nazionalista che tante morti e
danni ha procurato, in particolare proprio a voi, e provate a
pensare come potrebbe migliorare la vostra (e la nostra)
vita se solo provassimo ad uscire gradualmente dal sistema
di guerra, dalla violenza, che ci domina a livello materiale
e culturale, nelle menti e nelle coscienze.
Il-la nuova presidente che desideriamo dovrebbe essere
strenuo difensore della costituzione sostanziale impedendo
che si emanino leggi che vanno in direzione opposta,
come è spesso avvenuto, e propugni la trasformazione dei
principi in norme cogenti.
Noi, nel nostro piccolissimo ruolo culturale, proveremo
a partecipare a questo lavoro evidenziando nei prossimi
numeri, ancor più di quanto fatto finora, le vicissitudini
degli ultimi e dei penultimi che ci stanno a cuore, convinti
che un paese trova la sua unità più profonda nel soddisfacimento
dei loro diritti e bisogni, al di fuori di ogni logica
assistenziale.