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GHEDDAFI PROFETA-CLOWN DI UN IMPROBABILE ISLAM



Data: 01 Ottobre 2010
Autore: Giovanni Sarubbi



Sul finire dell’agosto appena passato è andato in scena a Roma un improbabile
islam fatto di amazzoni guerriere, di cavalli berberi, di un nuovo profeta carismatico mascherato a clown e che si circonda di belle ragazze a centinaia, anche se pagate un tanto all’ora.
È questa l’immagine che è stata offerta agli italiani e al mondo durante la visita del Leader Libico Muhammar Gheddafi a Roma in occasione dei festeggiamenti del secondo anniversario del trattato italo - libico.
Un trattato che la Commissione di Giustizia e Pace degli Istituti Missionari in Italia definisce insanguinato e frutto di “un’associazione a delinquere
di stampo liberista”. Un trattato che impegna la Libia a bloccare sulle sue coste e a rispedire ai loro Paesi, cioè alla morte più atroce nel deserto, i migranti che dall’Africa tentano di raggiungere l’Europa. Una lurida operazione in cambio della quale l’Italia si è impegnata a realizzare in Libia varie infrastrutture per una cifra di circa 5 miliardi di dollari. Un trattato che viene bollato da Pax Christi Italia come “idolatria del dio interesse”, che ha contagiato anche tanta parte delle chiese cosiddette “cristiane”, vedi
Meeting di Rimini di CL.

«È un trattato di ipocrisia - scrivono gli Istituti Missionari in Italia - firmato dal sangue dei migranti e dalla complicità degli interessi economici
bilaterali. Sotto i riflettori della vergogna che sembra avere abbandonato la nostra politica.
Nella totale impunità e sotto la plaudente assemblea di Rimini, di parte del popolo cristiano, hanno fatto passerella i fautori di questo accordo. Come missionari - concludono - ci dissociamo da questa vergogna e dalle menzogne
dei ministri che dicono di rispettare la legge.
L’unica ad essere rispettata è quella del profitto economico».
Non contento degli affari già in corso Gheddafi è venuto in Italia per continuare a battere cassa e per fare ulteriori affari, con le banche
(Unicredit), con le industrie di armamenti (Finmeccanica), con il calcio (da lì sarebbero arrivati i milioni per gli acquisti fatti dal Milan di Berlusconi sul finire dell’estate), grazie anche alla quantità di petrodollari accumulati in questi anni. E già che c’era, Gheddafi ha pensato di usare il pulpito generosamente offerto dal governo italiano per lanciare le sue richieste
anche all’Europa, chiedendo ben 5 miliardi di euro all’anno per i prossimi vent’anni per continuare con la sua politica da gendarme contro i migranti dall’Africa all’Europa. «Se non mi pagate sarete invasi dall’Africa», ha detto senza mezzi termini Gheddafi. Una richiesta che molti commentatori hanno definito estorsiva ma che il ministro degli esteri italiani, il cattolico
Frattini, ha pienamente giustificato dicendosi disposto a sostenere la richiesta in sede europea.

“Non si può fare il gendarme gratis”. Fra galantuomini ci si intende!
Delle sparate di Gheddafi, del suo improbabile islam, è rimasto dunque solo l’odore acre dei suoi affari insanguinati. Ne era convinto fin dal primo momento Hamza Roberto Piccardo, direttore del sito www.islam-online.it e membro del direttivo nazionale dell’UCOII (Unione delle Comunità ed organizzazioni Islamiche in Italia).
Così come tutte negative sono state le reazioni del mondo islamico italiano alla parodia dell’Islam che Gheddafi ha offerto.
«Da quello che ho potuto registrare - dice Piccardo - le opinioni, tutte negative, si sono divise per chiave di lettura. Da un lato quelli che hanno stigmatizzato senza nessuna scusa la spettacolarizzazione dell’islam da lui offerto e dall’altro quelli che hanno visto nell’evento un sarcasmo velenoso dell’ospite, che ha voluto dire all’Occidente che l’unica divinità che adora è il denaro e in quell’adorazione ogni rito, per quanto volgare, e a tratti, blasfemo è accettato».
Significativi sono stati, a conferma di questa analisi, i silenzi che in questa occasione hanno accompagnato la parodia dell’islam fornita da Gheddafi. I leghisti hanno messo da parte la loro tradizionale islamofobia, limitandosi
a poche parole di circostanza, per non disturbare gli affari in corso con il leader libico che è loro alleato nella politica di respingimento dei migranti messa in atto dal ministro dell’interno, il Leghista Maroni, presente alla
cena di Gala offerta dal governo insieme al gotha dell’industria italiana. Non di islam si è trattato ma di affari, fatti per giunta sulla pelle dei migranti, molti dei quali proprio di religione islamica.
Non ci vuole una laurea in dottrine islamiche per comprendere che reclutare a pagamento cinquecento e più donne, regalare loro una copia del Corano da sbandierare come un trofeo per poi invitarle ad andare in Libia a sposare gli
uomini libici non ha nulla a che fare con il messaggio dell’Islam.
Così come non ha nulla a che vedere con l’Islam il culto della personalità di cui si ammanta il leader libico.

Ciò che è accaduto a Roma è stata la materializzazione di quello che Piccardo ha definito come uso della religione islamica «come “istrumentum regni” di macchiavelliana memoria e “cioè un mezzo con il quale tenere salda e unita la popolazione nel nome di un’unica fede.
Quindi una religione di Stato che deve essere sfruttata per fini eminentemente politici e speculativi, uno strumento di cui il principe dispone per ottenere il consenso comune del popolo”».
Una malattia che non riguarda solo l’islam ma che è condivisa dalle tre grandi religioni monoteistiche (la ebraica, la cristiana e l’islamica). E quando un potere statale usa una religione a suo uso e consumo ne stravolge anche i princìpi ispiratori. Rimane solo la facciata, alcune forme esteriori, se ne perde lo spirito come nel caso della questione immigrazione. È del tutto evidente, infatti, che la politica di gendarme dell’Africa assunta da Gheddafi è in netto contrasto con lo spirito dell’islam. Dice Piccardo a tale proposito: «La migrazione del Profeta Muhammad da Mecca a Medina e il sostegno che i medinesi dettero a lui e agli altri profughi è l’esempio luminoso cui dovremmo tutti ispirarci». La stessa ispirazione che troviamo nei Vangeli che dovrebbe impedire ad un cristiano di avere atteggiamenti di tipo razzista ma che sono puntualmente smentiti dalla religione cristiana trasformata
in “istrumentum regni”. Chi ricorda più che il presidente francese Sarkozy, che in queste ultime settimane sta facendo una politica razzista nei confronti dei Rom, è anche Canonico di Francia, con tanto di benedizione del Papa nella
basilica di San Pietro? Chi protesta contro il razzismo della Lega Nord i cui massimi dirigenti sono stati ricevuti in pompa magna in Vaticano?

Ma la cosa che crediamo più incredibile del trattato Italo-Libico è che esso viene anche descritto come un risarcimento dell’Italia per tutte le terribili nefandezze compiute dall’Italia in Libia durante il periodo fascista. Nefandezze descritte in modo dettagliatissimo dallo storico Del Boca e che per alcuni decenni hanno trasformato gli italiani in un incubo terribile per le popolazioni libiche.
Ma perché in cambio di un risarcimento ancora tutto da incassare (5 miliardi di dollari in opere pubbliche da realizzare nei prossimi vent’anni) la Libia accetta di svolgere oggi un ruolo da gendarme del mediterraneo per conto dell’Italia contro gli ultimi della Terra? E quel risarcimento, da quello che si è visto proprio durante la visita di Gheddafi, non finirà ad aziende libiche ma servirà a finanziare le imprese italiane che effettueranno quei lavori. E, infine, può essere considerato risarcimento della violenza perpetrata dai fascisti contro i libici quello che ora i libici fanno
contro i migranti africani? La risposta è ovviamente no.

Quando a dominare sono gli interessi di pochi, a soffrirne sono i popoli e l’intera umanità.