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PERCHE' BENEDETTO XVI HA FALLITO. LE RIFORME URGENTI DELLA CHIESA



Data: 15 Aprile 2010
Autore: Hans Kung (a cura di Mario Arnoldi)



Vi sottopongo sei proposte per una riforma della Chiesa

1. Non tacete. Il silenzio a fronte di tanti gravissimi abusivi rende corresponsabili. Al contrario, ogni qualvolta ritenete che determinate leggi, disposizioni o misure abbiano effetti controproducenti, dovreste dichiararlo pubblicamente. Non scrivete lettere a Roma per fare atto disotto- missione e devozione, ma per esigere riforme!

2. Ponete mano a iniziative riformatrici. Tanti, nella Chiesa e nell'episcopato, si lamentano di Roma, senza per mai prendere un'iniziativa. Ma se oggi in questa o quella diocesi o comunità i parrocchiani disertano la messa, se l'opera pastorale risultainefficace, se manca l'aperturaverso iproblemni e i mali del mondo, se la cooperazione ecumenicasiriduce aunmiimo, non si possono scaricare tutte le colpe su Roma. Tutti, dalvescovo alprete o allaico, devono impegnarsi per il rinnovamento della Chiesa nel proprio ambiente di vita, piccolo o grande che sia. Molte cosestraordinarie, nelle comunità e pi in generale in seno alla Chiesa, sono nate dall'iniziativa di singole persone o di piccoli gruppi. Spetta avoi, nellavostra qualità divescovi, li compito di promuovere e sostenere simili iniziative, così come quello dirispondere, soprattutto in questo momento, alle giustificate lagnanze dei fedeli.

3. Agire collegialmente. Il Condllio ha decretato, dopo unfocoso dibattito e contro la tenace opposizione curiale, la collegialità dei Papi e dei vescovi, in analogia alla storia degli apostoli: lo stesso Pietro non agiva al di fuori del collegio degli apostoli. Ma nel periodo post-conciliare il papa e la curiahanno ignorato questafondamentale decisione conciliare. Fin da quando, a soli due anni dal Concilio e senza alcuna consultazione con l'episcopato, Paolo VI promulg un'enciclica in difesa della discussalegge sulcelibato,lapoliticaeilmagistero pontificio ripresero a funzionare secondo il vecchio stile non collegiale. Nella stessa liturgia li papa si presenta come un autocrate, davanti al quale i vescovi, deiqualivolentieri sicirconda, figurano come comparse senza diritti e senzavoce.

Perci , stimatissimi vescovi, non dovreste agire solo individualmente, bensì in comune con altri vescovi, con i preti, con le donne e gli uomini che formano il popolo della Chiesa.

4. L'obbedienza assoluta si deve solo a Dio. Voi tutti, al momento della solenne consacrazione alla dignità episcopale, avete giurato obbedienza incondizi onata al Papa. Tuttavia sapete anche che l'obbedienza assoluta è dovuta non già al Papa, ma soltanto a Dio. Perci non dovete vedere in quel giuramento a un ostacolo tale da impedirvi di dire la verità sull'attuale crisi della Chiesa, della vostra dio cesiedelvostro Paese. Seguitel'esempio dell'apostolo Paolo, che si oppose a Pietro «a viso aperto, perché evidentemente aveva torto» (Gai. 2,11). Pu essere legittimo fare pressione sulle autorità romane, in uno spirito di fratellanza cristiana, laddove questenonaderiscano allo spirito del Vangelo e della loro mnissione. Numerosi traguardi come l'uso delle lingue nazionali nella liturgia, le nuove disposizioni sui matrimoni misti, l'adesione alla tolleranza, alla democrazia, ai diritti umani, all'intesa ecumenica e molti altri ancora halmc) potuto essere raggiunti soltanto grazie a una costante e tenacepressione dal basso.

5. Perseguire soluzioniregionali: ilVaticano simostra spesso sordo alle giustificate richieste dei vescovi, dei preti e dei laici. Ragione di pi per puntare con intelligenza a soluzioniregionali. Come ben sapete, un problema particolarmente delicato è costituito dallalegge sulcelibato, unanor *** disottomissione ma di origine medievale, la quale a ragione è ora messa in discussione a livello mondiale nel contesto dello scandalo suscitato dagli abusi. Un cambiamento in contrapposizione con Roma appare pressoché impossibile; ma non per questo si è condannati alla passività. Un prete che dopo seria riflessione abbia maturato l'intenzione di sposarsi non dovrebbe essere costretto a dimettersi automaticamente dal suo incarico, se potesse contare sul sostegno del suo vescovo e della sua comunità. Una singola Conferenza episcopale potrebbe aprire la strada procedendo a una soluzioneregionale. Meglio sarebbe tuttavia mirare a una soluzione globale per la Chiesanel suo insieme. Perci :

6. si chieda la convocazione di un Concilio: se per arrivare alla riforma liturgica, alla libertà religiosa, all'ecumenismo e al dialogo interreigioso c'è stato bisogno di un Concilio, lo stesso vale oggi a fronte dei problemi che si pongono in termini tanto drammatici. Un secolo prima della Riforma, il Concilio di Costanza aveva deciso la convocazione di un concilio ogni cinque anni: decisione che fu per disattesa dalla Curia romana, la quale anche oggi farà indubbiamente di tutto per evitare un concilio dal quale nonpu che temere una limitazione deipropripoteri. Eresponsabilità di tutti voi riuscire a far passare la proposta di un concilio, o quanto meno di un'assemblea episcopale rappresentativa.

Questo, a fronte di una Chiesa in crisi, è l'appello che rivolgo avoi, stimatissimivescovi: vi invito a gettare sullabilancia ilpeso della vostra autorità episcopale, rivalutata dal Concilio. Nella difficile situazione che stiamo vivendo, gli occhi del mondo sono rivolti a voi. Innumerevoli sono i cattolici che hanno perso la fiducia nella loro Chiesa; e il solo modo per contribuire a ripristinarla è quello di affrontare onestamente e apertamenteiproblemi,per adottare le riforme che ne conseguono. Chiedo avoi, nelpi totalerispetto, difarelavostra parte, ove possibile in collaborazione con altri vescovi, ma se necessario anche soli, con apostolica «franchezza» (At 4,29.3 1). Date un segno di speranza aivostri fedeli, date una prospettiva alla nostra Chiesa.

Vi saluto nella comunione della fede cristiana. H.K.

(a cura di: mario.arnoldi@tempidifraternita.it)