Pagina principale
barra
Pagina precedente




Redazionale del n° 4 (Aprile 2003)

Violenza: spunti di riflessione

Gino Tartarelli

Non siamo i primi e non saremo gli ultimi a riflettere sulla violenza e sulla guerra. Freud ed Einstein, in un loro famoso car-teggio, ne hanno fatto il tema di un serrato con-fronto. Tuttavia gli esempi di violenza, occulta o palese, limitata a singoli casi o incombente su tutto il mondo, ci spingono a condividere con i nostri lettori alcune riflessioni.

La pace è un grande bene a cui tutta l’umanità, da sempre, aspira. Ma come si arriva alla guerra? O, meglio, perché gli uomini preferiscono rinunciare alla pace per la guerra?

L’uomo è spinto ad agire con violenza per desiderio di dominio sugli altri, per porre gli altri al suo servizio. La violenza è anche frutto di quella mentalità che riserva onori e rispetto al "più forte", al "più furbo" cioè, in sostanza, al più violento. Più hai, quindi, più sei rispettato, in qualsiasi modo tu ti sia procurato la ricchezza e il potere. Perciò la violenza nasce anche dalla paura, dalla difesa ad oltranza di quello che possiedi. La paura porta a reazioni incontrollate. E nei casi in cui una persona che ritieni tuo possesso, come la "tua"donna, i "tuoi" figli ti sfugge, non esiti a usare la violenza per ristabilire l’autorità.

Ma anche da altre situazioni può derivare la violenza. Anzitutto dal bisogno. Quando un uomo o un gruppo di uomini non ha di che vivere, di che sfamarsi, di che vestirsi e non riesce in nessun modo a procurarsi queste cose indispensabili alla vita, è molto facile che ricorra alla violenza, al furto, alla guerra, per procurarsi questi beni, prendendoli con la forza a chi li possiede.

Causa frequente della violenza sono poi le ingiustizie sociali. Quando, all’interno della società, un gruppo vuole prevalere sugli altri e vuole dominare con prepotenza, infischiandosene della giustizia, nascono facilmente odi, rancori, motivi di vendetta. Dalle divisioni sociali basate sull’ingiustizia ha origine la violenza tra i gruppi e le classi sociali, che può assumere talvolta la forma di persecuzione.

Altra causa della violenza è l’ignoranza. Quando l’uomo non è a conoscenza dei veri valori della vita, quando è portato dall’ambiente e dalle condizioni in cui vive a dare importanza solo alla forza fisica e all’aggressività è facile che ritenga di doversi comportare con gli altri con prepotenza. Si formano così quegli ambienti sociali in cui vige la legge del più forte, in cui tutto viene regolato con intimidazioni, pugni e pistole. Sono ambienti, questi, dominati in genere dall’ignoranza: la mancanza di istruzione e di educazione è una delle cause più importanti della violenza comune.

Ci sono alcuni che ritengono essere la violenza un mezzo per eliminare i mali profondi della società. Essi ritengono che solo mediante l’uso della forza e della lotta armata si possano superare le ingiustizie e creare condizioni di vita più umane. La storia ha registrato molte rivoluzioni violente, ma ha anche registrato che le promesse dei rivoluzionari non sempre sono state mantenute. Il terrorismo moderno vorrebbe qualificarsi come movimento rivoluzionario e liberatore delle masse: in realtà basta vedere come agisce e come giustifica le sue azioni per accorgersi che si tratta della forma più folle e più assurda di violenza.

Scenari di ordinaria follìa

Un normale pomeriggio di "un giorno da cani", ricordando il titolo di un ottimo film americano. è dove il prossimo uomo o donna o bambino è già lì per farsi riempire di botte. "Dai, che tanto è solo una ragazzata!"dicono alcuni. "Dai, che poi fate pace!" dicono altri. Questa violenza respiriamo settimanalmente negli stadi; questa violenza, giorno dopo giorno, ci è compagna di viaggio, ci assilla, sembra che non possiamo veramente farne a meno.

La violenza è vissuta, descritta ovunque, dai videogame che trasformano la morte in gioco. E quanta violenza al volante e sulle strade! Di recente una scenetta pubblicitaria mostrava una bella donna che, con un violento colpo di tacco a spillo, otteneva di zittire un cittadino che l’avvisava di spostare la macchina in divieto di sosta. C’è proprio bisogno di questi esempi?

Violenze subdole

Esiste una violenza meno appariscente, ma non per questo meno reale: la violenza di chi non accetta comportamenti diversi dai suoi, ma che sono naturali in molte persone e vuole cambiare il loro modo di vivere, coartando la loro natura. Un esempio è quella sottile violenza che passa attraverso una specie di "pastorale" della Chiesa cattolica, rivolta agli omosessuali credenti, che viene operata negli USA (e non solo). Qui l’associazione Courage, unica associazione di questo tipo che abbia l’espressa approvazione ecclesiastica, svolge una pastorale che, come spiegano gli amici de Il Guado, gruppo milanese di omosessuali credenti, nel loro bollettino n.79 dell’autunno 2002, "consiste nel convincere gli omosessuali a fare di tutto per diventare eterosessuali o, se ciò non fosse possibile, a vivere perpetuamente in castità perfetta, coltivando, tuttavia, una vera e sana amicizia con persone anche dello stesso sesso e dedicandosi ad opere di carità verso il prossimo". Se questa non è violenza psicologica, che cos’è?

Violenza ed eccessivo benessere materiale?

Recentemente è apparso con chiarezza che la violenza può avere origine anche dall’eccessivo benessere materiale. La violenza e la delinquenza organizzata risultano infatti particolarmente diffuse, specie fra i più giovani, proprio in quei paesi che vengono considerati economicamente più progrediti. Quando all’eccesso di beni materiali non si accompagna un’adeguata educazione ai valori fondamentali dell’uomo nascono, soprattutto nelle giovani generazioni, la noia, il disinteresse e il disprezzo per la vita, la sfiducia nei confronti della famiglia, della società e dello Stato. Molti pensano allora di trovare un senso alla vita o di sfogare la propria delusione nella violenza esercitata contro se stessi (suicidio, droghe) o contro gli altri. Tutto ciò sta a dimostrare che l’uomo non ha tanto bisogno di essere arricchito di beni: ha piuttosto bisogno di essere educato alla vita e all’amore.

"Le società e le comunità umane, su qualsiasi scala, sono perennemente attraversate da conflitti, il che non significa che siano necessariamente inclini alla violenza. Dobbiamo imparare l’arte della trasformazione nonviolenta dei conflitti su piccola come su grande scala, preparando figure specifiche di operatori di pace, capaci, man mano, di disseminare queste conoscenze in modo che ciascuno, uomo o donna, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, diventi operatore di pace", ci ricorda Nanni Salio del Centro Studi Sereno Regis di Torino, in un recente intervento.

Cari lettori, abbiamo superato il limite?

Sono andato a vedere lo spettacolo teatrale della Banda Osiris Tingeltangel di Karl Valentin. C’era una scena in cui un padre spiega al figlio la guerra. "A fabbricare le armi - diceva - sono gli operai: se tutti gli operai del mondo si mettessero d’accordo e scioperassero, non ci sarebbero più guerre". "Riusciranno a mettersi d’accordo?" chiede ingenuamente il figlio. "Mai" risponde il padre.

Proprio in questi giorni migliaia di persone, nel nostro e in molti altri paesi, sono stati granelli di sabbia che hanno inceppato il meccanismo della guerra globale boicottando, rallentando, bloccando i treni di guerra che, grazie a Trenitalia, attraversano il Paese con il loro carico di morte. Possiamo considerare questi uomini come quegli operai del mondo di cui parlava Tingeltangel che, se si mettessero d’accordo per scioperare, impedirebbero lo scoppio delle guerre?

Vogliamo dedicare a questi "granelli di sabbia", a questi uomini di pace, coerenti fino in fondo, questo Blues del treno della morte, scritto da Benito d’Ippolito, dove l’autore stesso spiega: "Nella presentazione parlata, l’anonimo autore di questo blues raccontava che aveva cominciato il suo impegno politico quando aveva quattordici anni, bloccando treni, occupando binari in nome della dignità di ogni essere umano, e aggiungeva che da allora non aveva più smesso di lottare e sempre più si era accostato alla nonvio-lenza, all’ascolto di Mohandas Gandhi, di Martin Luther King, del movimento delle donne e affermava di pensare che, se in Europa nella prima metà del Novecento tanta più gente si fosse messa sui binari, tante stragi e tanti orrori sarebbero stati evitati. Poi tossiva, si schiariva la voce, cominciava a maltrattare la chitarra e diceva, accennando una subito soffocata intonazione, all’incirca le parole seguenti.

E tu fermalo il treno della morte

col tuo corpo disarmato sui binari

con la voce che si oppone all’urlo roco

delle bombe, delle fruste al vile schiocco

E tu fermalo il treno della morte

sono pochi gli oppressori, innumerevoli

le vittime, non possono arrestarci

se tutti insieme ce li riprendiamo

i diritti, la terra, la vita.

E tu fermalo il treno della morte

con la tua persona fragile sconfiggi

gli apparati e gli strumenti della guerra

e salva il mondo colla tua persona fragile

E tu fermalo il treno della morte

perché tu, così indifeso puoi fermarlo

col tuo corpo, la tua voce, la speranza

che sa unire tante braccia e sa fermarlo

maledetto il treno nero della morte

e tu fermalo e così ferma la guerra".

Pagina precedente Inizio documento