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Redazionale del n° 3 (Marzo 2002)

Italiani, brava ggente!!

Che differenza c’è tra Wanna Marchi che ti rabbonisce alla tv, che fa credere un sacco di cose ai telespettatori e che, in maniera più o meno spudorata, ti spilla un sacco di quattrini e il nostro presidente del Consiglio? Viceversa: che differenza passa tra uno che si definisce "statista" come il nostro pre-mier e Wanna Marchi? Anche lei, una furbissima imbonitrice, un domani uscita dalle grane giudiziarie potrebbe fare politica e far credere agli italiani tutto ed il contrario di tutto? Può un capo di Governo come il nostro assomigliare tanto, ma tanto, ad un rabbonitore da strapazzo? Se fossimo in un Paese serio (e non "delle banane" come qualcuno brutalmente ci giudica) ciò non succederebbe.

Ci preoccupa tutto questo. Ci preoccupa che la gente sia così credulona in Italia da seguire queste cose. Si dice (ma forse è anche un luogo comune) che si è disorientati, che non ci sono più certezze, che i pilastri ed i valori di un tempo sono crollati e che non è rimasto altro che affidarsi al vento delle suggestioni, delle emozioni che ci coinvolgono, che ci ubriacano a tal punto da non sapere (o non voler) più distinguere il bene dal male, ciò che ci sembra essere giusto e onesto, dal sempre più dilagare "sistema furbesco" di chi dice di essersi "fatto da sé", che "ci ha i dané" e con quelli, e l’arroganza del potere, compra e rabbonisce tutto e tutti! Siamo seriamente preoccupati, lo ammettiamo.

Siamo preoccupati per le fondamentali libertà che caratterizzano i Paesi democratici: libertà di informazione e di stampa, libertà ed indipendenza della giustizia, dialogo democratico in Parlamento. Diceva infatti Alexis de Tocque-ville che nei paesi democratici le persone non possono fare a meno di un forte potere giudiziario e della libertà di informazione. Gli avvenimenti degli ultimi giorni suonano invece come un campanello d’allarme: il rapporto tra potere politico e magistratura è sottoposto a una pericolosa distorsione istituzionale. Mai prima nella storia della Repubblica si sono visti tanti magistrati preoccupati per le sorti dell’autonomia del potere giudiziario. Inoltre il Consiglio di Amministrazione (o CdA) della RAI è stato cambiato dopo un balletto indecoroso di divieti trasversali e così il governo Berlusconi ha preso possesso della quasi totalità dei mezzi di informazione. Ma intanto l’immagine che diamo come italiani (indagine Eurispes) è quella di un popolo di sognatori, di gente che tutto sommato sta bene, è mediamente ricca, sospesi tra quello che vorremmo essere e quello che riusciamo a fare.

È un popolo strano il nostro: è quello che accetta supinamente di essere manovrato, manipolato nel cervello e nella coscienza, si illude delle promesse fatte da Berlusconi fino ad averlo anche votato, ma lo nega spudoratamente. Sfido chiunque di voi lettori a chiedere negli ambienti dove vivete, familiari o di lavoro, chi lo ha votato. Se, prima del quesito, eravate allegri, in armonia con le persone a cui lo avete posto, sentirete un palpabile gelo ed imbarazzo, fino addirittura alla litigata che vi allontanerà magari dal parente più stretto. Oppure si sorvolerà facendo finta di non aver sentito e si parlerà delle vacanze in montagna! Provare per credere. Oppure tutti negheranno spudoratamente di avere contribuito (sapendo di mentire) alla ascesa dell’attuale premier.

Che fare allora dopo questo confronto? Lasciare perdere? Cambiare compagnia o, peggio, parenti? Suggeriamo di pazientare, di seminare pian pianino le nostre differenti idee ed opinioni, senza più prendere di punta la persona di pensiero opposto al nostro. Seminare, seminare, lasciare il lievito dentro la pasta che, prima o poi, lieviterà!

Soprattutto, se ci possiamo permettere un ulteriore suggerimento, cercare di proporre un’alternativa credibile, seria, ricca, un progetto non fumoso così come invece ci pare essere, nella fattispecie, questa controparte. È deleterio partire "lancia in resta" contro il nemico che parrebbe essere sempre più sordo ed arroccato sulle sue posizioni. La democrazia significa anche e soprattutto stare alle regole, ai patti; sapere che la legge elettorale pone come principio l’alternanza di due "poli" che, democraticamente, si sono avvicendati; cercare di vedere quali proposte serie e concrete l’altra parte, che la pensa diversamente da noi, porta avanti per il bene del Paese.

Ma se ci accorgiamo che è solo populismo, che sotto sotto c’è il nulla, è nostro dovere di cittadini, di movimenti di base che amano la nazione, contrastare ciò che distrugge la libertà, che reprime, che schiavizza, che va contro i nostri princìpi. Soprattutto per tutelare le principali libertà di cui sopra, per non arrivare ad una specie di strisciante dittatura che, non nascondiamocelo, adesso sembra vivere l’Italia.

Per prima cosa allora dobbiamo essere in grado di smascherare chi, in questo gioco delle parti e della gestione del Paese, fa il furbo, l’arrogante e bara, essendo lui, Premier, il primo a non rispettare le regole. Lui che invece dovrebbe esserne il garante. Ma, si sa, "l’occasione - dicono - fa l’uomo ladro". E allora quanti italiani vorrebbero essere come Silvio Berlusconi che, con una furbizia qua ed una là, con un illecito là ed uno qua, ha fatto carriera, si è "fatto da sé". Alzino la mano quelli che non lo vorrebbero! Uno, due, tre… quattro onesti gatti, quelli che amano la Patria senza usare le armi e senza fare nessuna guerra a nessuno, ma denunciando le truffe, gli ammanchi, le tangenti, insomma i "furbi" a scapito di tutti.

E la sinistra? Litiga come in un condominio, come abbiamo fatto noi per preparare questo editoriale. O forse non ci ha capito molto dell’evolversi della situazione. O forse sta cercando di rincorrere un qualche treno perso. Per esempio di rincorrere il Forum Social Mundial, i "new global", per rifarsi il look, alla ricerca di consenso…

Troppo tardi!! Perfino Nanni Moretti gliene ha cantate quattro, stonando ed uscendo fuori dal coro: con questi leader della sinistra l’attuale Governo rimarrà ancora chissà per quante generazioni!

Che fare allora per contrastare l’arroganza dell’attuale maggioranza. Certo non fare i furbi che a noi italiani ci piace tanto!! Forse passare dalla parte del Polo come, pare, molti intellettuali e uomini di cultura hanno già fatto? Noo! Tentare (vanamente) di rimettere insieme i cocci di una sinistra allo sbando e divisa, solo per avere i numeri in Parlamento per un ribaltone? Così, senza un progetto comune e facendosi fare sberleffi da quella base che si batte per "un altro mondo possibile", che non si identifica più con un partito strutturato come i DS, La Margherita, L’Ulivo ed altra verdura discorrendo? Da quelli di sinistra che non vanno più a votare neppure turandosi il naso? Neppure se ci sono in lista Fassino, Rutelli e company? La sinistra ufficiale citata, quella per intenderci del modello-congresso-di-partito è ancora troppo ingessata ai numeri, ai funzionari, a quel centralismo democratico che sa di vecchio.

È una sinistra sconfitta in partenza. Per esempio da quando, nei cinque anni in cui ha governato l’Italia, non ha saputo fare leggi per arginare il conflitto d’interessi del nostro capo di Governo. Ma adesso però si lecca le ferite illudendosi ancora una volta che la base (che ha molto da dire) non serva, che il malcontento espresso da Moretti sia solo quello di "un’intellettuale che non si intende di politica" e quindi va isolato, denigrato, con i buoni metodi delle vecchie "purghe" staliniste. Noo! È tutto il contrario!

Il nostro intento è ribellarci a tutto questo che sa di vecchio e che non porta a nulla. È lavorare con il mondo dell’associazionismo che da anni opera dal basso contro i cosiddetti "poteri forti" del mondo. Stiamo sempre con quelli che soffrono nella guerra dell’Afghanistan. Chi ci conosce sa che ci piace padre Zanotelli, così come facciamo il tifo per Gino Strada ed Emer-gency, che siamo per il commercio equo e solidale, che crediamo in quell’"utopia che ha il potere di salvarti".

La nostra politica è produrre al meglio questo giornale, è avere questo spazio di libertà, di critica e di credibilità che, in trent’anni, ci siamo conquistati. Certo, con le nostre fatiche ma anche con le nostre soddisfazioni, con i nostri contrasti e le nostre differenze (anche politiche) che sono una ricchezza che va rispettata. Siamo convinti che anche noi, con i nostri modesti mezzi e senza essere un partito, facciamo politica. Eccome!

Gino Tartarelli

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