MA QUALE TERRORISMO SE PER IL G8 IL PORTO PETROLI CONTINUA A FUNZIONARE ?

La decisione della Capitaneria di Porto di Genova di proibire il traffico portuale in quasi tutto il porto di Genova in occasione del vertice di Luglio dei G8 ha una clamorosa deroga : il PORTO PETROLI DI MULTEDO.

Il Porto Petroli di Multedo e' situato a poche centinaia di metri dell'aeroporto Cristoforo Colombo (di cui si prevederebbe la protezione addirittura con un fantomatico scudo spaziale) ed e' stato teatro di devastanti incidenti : ricordo l'esplosione a causa di un fulmine della petroliera Hayouku Maru nel giugno 1981 e lo scoppio della petroliera cipriota Haven, nel marzo 1991, ormeggiata all'isola galleggiante, situata anche essa a poche centinaia di metri dallo scalo aeroportuale che dovrebbe ospitare l'atterraggio e il decollo dei rappresentanti dei paesi facenti parte del G8.

Tutto questo in un contesto di parossistici e periodici allarmismi che tirano in ballo le ipotesi piu' fantasiose : dagli attacchi terroristici del 'pastore afgano' Bill Laden, agli aerei dei pacifisti ( ? ! ?) che getterebbero sangue infetto sulle forze dell'ordine, al gas nervino che potrebbe fuoriuscire dai tombini di Genova.

Insomma, l'unico reale e possibile (non auspicabile) obiettivo di un attacco terroristico con effetti devastanti (il Porto Petroli) non viene chiuso al traffico come tutto il resto del Porto di Genova.

Appare, pertanto, chiaro che i blocchi che causeranno parecchie decine di miliardi di danni all'economia genovese non hanno niente a che vedere con l'allarme terrorismo ma sono esclusivamente dirette a isolare e proteggere i pre - potenti del mondo dal resto della citta'.

La sicurezza dei cittadini non e', evidentemente, nell'agenda dei servizi di sicurezza.

Sono convinto che sarebbe meglio non effettuare il vertice dei G8, ma se proprio, si intende infliggere tanta sofferenza a Genova, almeno si assumano decisioni coerenti, compresa la chiusura del Porto Petroli di Multedo.

Distinti saluti




Alla c.a. dott. Maurizio Costanzo

Maurizio Costanzo Show

Roma Egregio dott. Costanzo, siamo stati contattati oggi dalla sua redazione per partecipare alla registrazione del Maurizio Costanzo Show di lunedì prossimo, dedicato ai temi della contestazione al G8 di Genova. Il suo collaboratore Antonio Giampieri ci ha spiegato che lo scopo della trasmissione è raccontare i contenuti della protesta e la presenza maggioritaria nel "popolo di Seattle" della componente nonviolenta. Ci è stato spiegato che sul palco ci saranno 7-8 politici sia della maggioranza di Governo (il Ministro Matteoli e altri), che dell'opposizione (fra i quali Bertinotti), oltre a Giulietto Chiesa. Alle associazioni che animano la parte "pacifica" del popolo di Seattle saranno date 12 poltrone in prima fila, con la vostra avvertenza "non siamo sicuri che i politici vi lasceranno spazio per parlare".

Come associazione siamo molto contenti che i mezzi di informazione diano spazio sia alla partecipazione nonviolenta, che ai motivi e ai contenuti della contestazione al G8: una grande domanda di giustizia e di democrazia. Proprio per questo ci sembra doveroso riconoscere la soggettività politica di chi da quasi due anni sta lavorando per far crescere e tenere unito un movimento composito, al quale si deve l'attuale mobilitazione dell'opinione pubblica.

Anche se riconosciamo l'importanza e la necessità di tradurre in progetti e programmi politici le richieste del movimento, non ci sembra corretto che a discutere pubblicamente di una globalizzazione dei diritti e non degli interessi siano chiamati soltanto i politici e non, con pari dignità, anche i rappresentanti diretti del movimento stesso.

Abbiamo criticato e fortemente anche altre volte, per esempio nella marcia per la Pace Perugia-Assisi, l'invadenza dei personaggi della politica che tendono ad occupare tutto lo spazio e che invece di stimolare, rischiano di dividere e scoraggiare la partecipazione popolare.

Il movimento antiglobalizzazione, così eterogeneo e complesso, non può sentirsi rappresentato da singoli responsabili di partito.

Non ne facciamo una questione personale o di associazione (disposti per questo anche a rinunciare alla presenza di un nostro esponente), ma chiediamo che i rappresentanti del Genoa Social Forum siano sul palco e non in platea.

La informiamo quindi che non ce la sentiamo proprio di partecipare alle condizioni date ed inviteremo anche le altre associazioni interessate ad assumere lo stesso atteggiamento, sperando che questo sia un contributo a una diversa modalità di informare.

In attesa di riscontro, la salutiamo cordialmente.

Don Albino Bizzotto

Beati i Costruttori di Pace

Padova, 20 giugno 2001




Alla cortese attenzione

S.E. Card. DIONIGI TETTAMANZI

All'inizio del vertice degli 8 governanti delle nazioni più ricche del mondo, che si terrà a Genova nei giorni del 20-21 luglio, è necessario far loro ricordare che milioni di persone dipendono dalle loro decisioni facendo suonare le campane di tutto il mondo e di tutte le chiese.

Un bambino, sentendo suonare la campana della sua città, del suo villaggio chiederà ai suoi genitori: padre madre ...perché suona la campana?

Il padre la madre risponderà: degli uomini che governano nazioni i cui abitanti sono stati più fortunati di noi stanno decidendo se farci vivere o morire.

Preghiamo affinchè vengano illuminati a prendere delle decisioni giuste.

La loro preghiera si unirà così alla preghiera di tanti altri bambini padri madri ed ai religiosi riuniti nella chiesa di S. Antonio di Boccadasse a Genova.

Mi piacerebbe sentire suonare le campane della mia chiesa.

Distinti saluti.




Anche a Göteborg qualcuno ha consegnato alla polizia il pretesto per colpire ed essa ha colpito, questa volta, sparando. Anche a Göteborg la disinformazione giornalistica ha dato evidenza solo agli scontri ignorando completamente le proposte del movimento.

Questi problemi sono esattamente quelli che ci troveremo a dover fronteggiare tra qualche settimana a Genova.

La nostra priorità è oggi prevenire: prevenire che la Rete di Lilliput sia coinvolta, mediaticamente oltre che realmente,

negli scontri di piazza con la polizia; prevenire la copertura negativa da parte della stampa che tenderà ad ignorare i nostri contenuti e le nostre proposte.

Un modo per prevenire potrebbe essere quello di fare uno sforzo straordinario per tentare di far passare attraverso una diffusione capillare il nostro programma costruttivo, alternativo a quello degli otto potenti. La proposta è quella di stampare e diffondere in migliaia di copie, su tutto il territorio nazionale (oltre ai volantini fatti in casa dai singoli nodi) un manifesto a firma Rete di Lilliput dove esporre brevemente e chiaramente le nostre proposte e richieste più significative.

Per indicare inequivocabilmente la scelta nonviolenta della Rete, il manifesto potrebbe essere aperto dalla citazione del "talismano"di Gandhi, ancora oggi valido per tutti (anche per alcuni nostri compagni di lotte):

"Ti darò un talismano. Ogni volta che sei nel dubbio o quando il tuo io ti sovrasta, fai questa prova: richiama il viso dell'uomo più povero e più debole che puoi avere visto e domandati se il passo che hai in mente di fare sarà di qualche utilità per lui. Ne otterrà qualcosa? Gli restituirà il controllo sulla sua vita e sul suo destino? In altre parole, condurrà all'autogoverno milioni di persone affamate nel corpo e nello spirito? Allora vedrai i tuoi dubbi e il tuo io dissolversi."

Se ci sono le forze per farlo, perché non provare?

A presto.

Pasquale Pugliese




"Prima Pagina" è il nome di una trasmissione della Radio 3 che ha un grande ascolto. Un/a giornalista viene invitato ogni settimana a leggere le principali notizie sulle prime pagine dei giornali dalle 7.30 fino alle 8 la mattina, dopo di che c'è una mezz'ora di filo diretto con chiunque vuole intervenire su un tema scelto.

Sta mattina un ascoltatore ha chiamato Dario Di Vico, un inviato del Corriere della Sera che legge i giornali questa settimana, per domandare il seguente: perché quando c'è violenza nei stadi i mezzi di comunicazione parlano di "gruppi di tifosi" che hanno creato "momenti di tensione", mentre quando c'è una manifestazione contro la globalizzazione e qualcuno spacca una vetrina i mezzi parlano del " popolo di Seattle che ha manifestato in modo violento"? L'ascoltatore ha voluto precisare che sia nel primo caso che nel secondo ci sono migliaia di persone che non fanno assolutamente nessun gesto di violenza. Il giornalista del Corriere della Sera ha risposto che gli organizzatori "anti-global" non comunicano i loro contenuti [!] e quindi è naturale che se i mezzi non vedono dei contenuti loro mettono in rilievo la violenza che vedono.

Si può chiamare Prima Pagina durante la trasmissione questa settimana col numero 800 050 333, oppure mandare un e-mail a
primapagina@rai.it. Facciamolo in tanti/e per dire prima di tutto quali sono "i nostri contenuti", e poi per spiegare che questi contenuti sono sempre stati chiari e ben in vista ad ogni manifestazione da Seattle, a Quebec, a Napoli, ecc. ecc. Sono i mass media che li ignorano con la precisa volontà di non farli arrivare alla gente comune perché se quest'ultima fosse informata e non disinformata dai mezzi, comincerebbe a capire che subisce le decisioni ingiuste, antidemocratiche e non trasparenti di una piccola minoranza di persone e corporazioni. Sfidiamo De Vico a collaborare per ottenere spazio su Corriere della Sera dove finalmente "gli organizzatori diranno quali sono i loro contenuti". E soprattutto cerchiamo di spiegare agli ascoltatori di Prima Pagina chi siamo e cosa vogliamo.

Cari saluti, Julienne




Ecco un breve commento alla trasmissione del 29/4/2001, "Elmo di Scipio" sul popolo di Seattle (sic!)

Alla Redazione

Vorrei ringraziarvi per il coraggio dimostrato nell'affrontare un argomento così complesso e oggi poco amato da chi ha il potere. Il lavoro penso sia stato difficile, certamente l'impegno professionale e la rigorosità giornalistica non sono mancati.

Purtroppo non ho visto la passione politica in chi conduceva con un certo cinismo la trasmissione. Se non si crede più in un mondo diverso, se le speranze per cui più di trent'anni fa si è lottato sono morte, forse è meglio cantare con Gaber e non avventurarsi ad interpretare un fenomeno che va giudicato non solamente con gli strumenti ormai obsoleti di una politica novecentesca.

Del resto il punto di vista maschile sommato ad un armamentario ideologico privo di respiro non potevano offrire di meglio.

Grazie a voi tutti.

Maria Teresa Gavazza




Ancora spunti di riflessione per alimentare il dibattito sul popolo di Seattle e su Lilliput

Gentile Dott. Deaglio,

ho visto domenica sera la sua trasmissione sul popolo di Seattle sollecitata da alcuni messaggi girati in rete nei giorni precedenti.

Concordo con alcuni dei commenti ed in particolare con quelli che fanno riferimento al tentativo di ridicolizzare la protesta antiglobalizzazione mostrandone o meglio sottolineandone solo alcuni aspetti, per esempio i Bilanci di giustizia e Ya Basta, e trascurando esperienze importanti come, per fare un solo esempio, quella del Commercio Equo, da anni radicata sul territorio, e soprattutto tutta la vicenda di Porto Alegre, cioe' la fase più costruttiva del movimento, sulla quale non e' stata spesa nemmeno una parola.

Ma quello che mi spinge a rivolgermi a lei e' il riferimento che il signor Cohn Bendit ha fatto ai contadini del sud del mondo che sarebbero su posizioni contrapposte rispetto al movimento di Seattle (composto quindi, secondo lo schema interpretativo fornito, da persone assolutamente estranee ai veri problemi del mondo, magari buone e inoffensive se sempre occupate a fare i conti della spesa o innamorate del subcomandante Marcos e in qualche caso violente).

Se la trasmissione avesse dedicato spazio a Porto Alegre, ci si sarebbe potuti invece rendere meglio conto che i contadini del sud del mondo, le centinaia di organizzazioni di tutto il mondo raccolte in Via Campesina e il Movimento dei Senza Terra brasiliani, tra i promotori del Forum Social Mundial, sono molto solidali con il movimento di Seattle, anzi ne fanno parte come protagonisti. Erano presenti a Seattle, a Praga, hanno progettato Porto Alegre.

Riporto qui a dimostrazione di quanto affermo un articolo di Joao Pedro Stedile, della Direzione Nazionale del Movimento Senza Terra del Brasile, in cui, commentando i risultati del Forum Social Mundial, parla del Movimento cosiddetto di Seattle.

Cordali saluti

Serena Romagnoli del Comitato di appoggio al MST




Il 24 aprile, attraverso Internet, un'eco dalla mailing list "Donne contro il G8" mi ha fatto apprendere che la trasmissione televisiva "L'Elmo di Scipio", condotta da Enrico Deaglio, non avrebbe trattato l'argomento "Il Popolo di Seattle" come invece previsto. Dal momento che telematicamente conosco diverse persone coinvolte nei servizi girati per quel programma, ho fatto un rapido giro di contatti per comprendere la situazione, che mi e' apparsa nei termini seguenti.

I mass media vengono attratti, nel trattare l'argomento, dalle presenze piu' violente o piu' appariscenti del "Popolo di Seattle", sia perche' pittorescamente piu' appetibili ai fini dello spettacolo disinformativo, sia perche' molto spesso i mass media sono allineati al sistema e quindi ben lieti di dipingere "Il Popolo di Seattle" in modi che lo facciano apparire molto lontano dalla gente comune.

Cio' premesso, sembrava rilevante l'impostazione che "L'Elmo di Scipio" pareva voler dare alla sua puntata sull'argomento, in quanto erano state contattate persone che, illustrando varie tematiche, avrebbero cominciato a dare del "Popolo di Seattle" un'idea piu' reale della sua composizione e delle argomentazioni attorno alle quali trova consenso. E quindi ha destato preoccupazione apprendere che, invece, proprio quei servizi non sarebbero stati trasmessi da Enrico Deaglio.

Intanto "La Rete di Lilliput", uno dei principali organizzatori del movimento in Italia, aveva immediatamente spedito a Deaglio, quanto meno da parte del suo nodo di Alessandria, Casale ed Asti, un appello affinche' la trasmissione andasse in onda. Deaglio ha tempestivamente risposto assicurando che la puntata sarebbe stata trasmessa domenica 29 aprile.

Ma per niente rassicurato, ho scritto a Deaglio per precisargli che non sarebbe bastata una trasmissione sul "Popolo di Seattle" riproducente il consueto stereotipo e che, invece, stavamo in attesa del servizio completo e veritiero sulla composizione attuale del movimento in Italia, composizione molto piu' variegata, molto piu' pacifica di quanto i mass media continuano a presentare, e molto piu' vicina alla gente comune per quanto riguarda i problemi della gente comune. Anche a me Deaglio ha risposto limitandosi ad assicurare la messa in onda della trasmissione, me senza raccogliere la mia richiesta di precisazione dei contenuti.

So che gli appelli a Deaglio, pubblicizzati attraverso Internet, sono stati raccolti e fatti propri da diverse persone, che a loro volta hanno scritto al conduttore della trasmissione e diversi ricevendo sempre la stessa rassicurazione.

Domenica 29 e' andata in onda la trasmissione. Le mie impressioni sono le seguenti.

Deaglio ha presentato "Il Popolo di Seattle" d'Italia come un insieme di comunita' e singole persone che vanno dai violenti manifestanti spacca-vetrine a civilissimi insegnanti e studenti, dal gruppo di "Yabasta" alle comunita' religiose cristiane manifestanti in via crucis contro la guerra, da persone che cercano di vivere un contenimento del consumismo anche in modo emblematico ad altre che subiscono i disturbi quotidiani delle emittenti vaticane e temono per la propria salute. Se, dunque, non si e' giunti all'estrema disinformazione, e' pur vero, a mio giudizio, che l'informazione continua ad essere deformata, parziale, omissiva sulla vera consistenza del "Popolo di Seattle" italiano, in cui affluiscono in maniera organica o estemporanea, su tutti o su alcuni contenuti, in tutte o in alcune manifestazioni, diverse associazioni, gruppi telematici, singole persone comunissime o particolari ma molto spesso non riconducibili ad un'etichetta. E le tematiche care non sono solo quelle sulla globalizzazione, ma anche quelle del pacifismo, dell'ecologia, della multietnicita', dell'umanizzazione dei processi economici e imprenditoriali, della lotta alle ciniche logiche di cui sono esempio anche la Nestle' e la Monsanto, della gestione di scienza e tecnologia ai fini del benessere di tutti e per tutti gli aspetti.

Deaglio, inoltre, non ha dato voce a chi voce non ha mai sui mass media, ma ha sposato a priori una tesi da imporre agli spettatori, chiamando un celeberrimo ex sessantottino, oggi europarlamentare, per ridacchiare sul movimento dall'alto del lusso e dell'imponenza di sedi istituzionali alle quali Deaglio e' apparso allineato; chiamando un ricercatore ad esprimersi non sull'elettrosmog bensi' su quali scelte di vita dovrebbe fare la gente riguardo all'elettrosmog, convalidando la scelta del sistema di accordare la prevalenza nelle decisioni sociali non gia' alla politica ma alla tecnocrazia e all'economia.

Mi piacerebbe apprendere d'essere tra pochi ad aver visto cosi' amaro lo scadere di Deaglio da posizioni altre volte ammirevoli; mi piacerebbe capire se la definizione di "Popolo di Seattle" davvero deve essere ristretta a quanto propostoci; mi piacerebbe comprendere se l'avvicinarsi delle elezioni politiche abbia suggerito essere meno scomodi per chi oggi e' al governo, essere gia' accettabili per chi eventualmente dovesse andare al governo domani.

Giuseppe Ricciardi