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ASPETTANDO IRENE

Carissimi,

Irene è ancora nella sua prima calda casa: quella che non viene negata a nessuno; nemmeno ai troppi che, dopo, saranno senza casa. Irene molto presto inizierà il suo cammino di autonomia pagandola subito - ma come sempre - con distacchi, separazioni, tagli.

Noi l’aspettiamo. E parliamo di lei. Preparandoci ad accoglierla bene. Cioè con amore non invadente, rispettoso del suo DNA, della sua unicità. Sollecitati da mamma e babbo è arrivato anche l’interrogativo: battezzarla o non battezzarla? Accolto con qualche accenno di fastidio. Con la rassegnazione di chi deve dire il già detto. Ma ci siamo accorti che lo stesso argomento ieri non era uguale oggi. O era come lo stesso specchio che, a distanza di anni, ci fa scoprire cambiati anche se, nel caso, non necessariamente invecchiati dal momento che a specchiarsi non erano volti ma pensieri, convinzioni, orientamenti.

Nei vari "allora" il battesimo, tra noi, era approdato ad una sistemazione, tutto sommato, abbastanza tranquilla. Avevamo superato il battesimo reso urgente da terrorismi minaccianti infelicità eterna (o non felicità: il "limbo"!) anche ai neonati, "innocenti" per definizione. Ci sentivamo anche disincantati dal battesimo garanzia da rito (l’ "ex opere operato"), facile traghettamento dalla "massa dannata" al nuovo e vero "popolo eletto". Rimaneva da scegliere sul dove battezzare (la parrocchia esaurisce il tutto dell’essere chiesa?) e sull’età giusta del battesimo (solo ed esclusivamente nell’età adulta?). Bastava per dibattiti anche appassionanti e per preferenze dichiarate e anche praticate. Ma senza sconvolgimenti se qualcuno arrivava a decisioni (od opportunità) diverse. E sempre convinti che, in fondo, si trattava di problemi sul o riguardanti il battesimo. Non del battesimo come problema.

Ciò che, invece, succede ora. E non è cosa da poco. Si può mettere in discussione il battesimo? Si può, addirittura, ventilare l’ipotesi di rinunciare al battesimo? Tra l’altro è mettersi contro l’intera tradizione cristiana sia nella sua estensione nel tempo (sempre) sia nella sua estensione nello spazio (ogni "confessione": le eccezioni, oltre a confermare la regola, sono , almeno quantitativamente, esigue).

In realtà non vorremmo rinunciare al battesimo. Abbiamo grande nostalgia di uomini e donne battezzati e vorremmo infoltire il loro numero. Ma uomini e donne battezzati cioè folgorati, invasi da nuovo slancio di vita, ri-creati. Battezzati "nello Spirito" (Mt 3, 11) e cioè nella forza (dynamis) che allo spirito (pneuma) è connessa (Lc 1, 17). Battezzati "in Cristo Gesù" (Rm 6, 3) cioè "diventati come" lui, "immersi" come lui in irresistibile presa di coscienza della propria vocazione e del proprio destino: rifiuto di ogni potere sugli altri; servizio fino alla morte (Mt 3, 13-17). Battezzati cioè vivificati da un’esperienza forte e decisiva. Battesimo che è questa esperienza. Prima del rito (At 10, 44;47). E anche indipendentemente dal rito (At 2, 1-4). Esperienza personale che però non rimane nel privato ma sospinge a dare testimonianza fino ai confini della terra (At 1, 8) e ad annunciare come libero ardire (parrêsia) il progetto di Dio (At 4, 21).

Questo battesimo è un bel battesimo. Ma c’è da supporre che non abbia avuto molto successo. Altrimenti sarebbe stata rovesciata la storia. Che invece è ancora indisturbata. Nonostante i tantissimi battezzati, nazioni intere di battezzati, continenti al completo di battezzati. Ma battezzati in acqua. Un’acqua che, diceva qualcuno, si asciuga presto. Però lascia il segno. Anzi: segna. "Aggrega" alla chiesa. O ad una delle chiese cristiane. Comunque ingloba nella "cristianità" o tra "i cristiani". "Altri" da ebrei, musulmani, induisti...; più "altri" ancora dai non credenti, dagli atei... Distinti da; facilmente divisi da; facilmente anche contrapposti a... Battesimo, insomma, che fa "i cristiani" rendendo vincente un’etichettatura imposta ai seguaci di Gesù da furbe burocrazie: "Ad Antiochia per la prima volta i discepoli ebbero il nome di ‘cristiani’ (At 11, 26). Battesimo che così incrina quel "i fratelli" nel quale gli stessi discepoli si riconoscevano e venivano riconosciuti (è l’appellativo prevalente - circa cento volte - nel N. T.). I cristiani e gli altri fa pensare che il battesimo abbia finito per ricostituire ciò che intendeva abbattere. In Gal 3, 25-28 il battesimo genera l’umanità ricondotta ad "un solo uomo" (v. 28) perché l’uomo nuovo annulla tutte le barriere iniziando dalla barriera prima e di grande influenza sulle altre. La barriera religiosa: "Non ha più nessuna importanza l’essere ebreo o pagano" (v. 28; Rm 10, 12). Ha invece importanza essere cristiano o ebreo? Il confine è spostato ma non rimosso?

È questo battesimo che ci mette in difficoltà. Il battesimo-appartenenza non impedisce (e non ha impedito) il battesimo-esperienza (come questo non è vincolato a quello). Ma il battesimo-appartenenza nella comunicazione dominante, vince ed oscura il battesimo-esperienza: sei battezzato quindi sei di quella parte e non delle altre parti; sei, comunque, nella divisione dell’umanità prima che nell’umanità.

E questo non può non preoccupare. Noi. Noi aspettando Irene. Ci spiacerebbe immetterla in un "noi e gli altri" e non in un "gli altri che sono noi". Ci piacerebbe che non perdesse di vista Gesù di Nazareth ma che fosse meno attenta a salvare il "gruppo" di chi si rifà al suo nome (i cristiani) e più capace di sintonizzarsi con quei... cristiani non cristiani sui quali, negli scenari evangelici, si accendono i riflettori: dal samaritano (Lc 10, 25-37) a moltissimi dichiarati "benedetti" (Mt 25, 34-36) da un giudizio che è "universale" forse perché è senza tempo e senza spazio ed è per donne e uomini senza confini.

 

Martino Morganti


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