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Questa storia non sta né in cielo né in terra?

"Abbiamo cercato di mettere in chiaro che i testi che trattano del principio e della fine sono parte costitutiva essenziale della Bibbia, che il linguaggio usato in quei testi è speciale e distinto da quello usato nelle parti centrali ed esige un’attenzione esegetica particolare. Abbiamo visto poi che la singolarità del discorso che tratta del principio e della fine si fonda sul suo carattere universale. Vi si parla dell’umanità, del mondo, del cosmo. Ciò ci fa capire che la storia della salvezza, che comincia con la vocazione di Abramo e prosegue con la storia dell’antico popolo di Dio fino a Gesù e al sorgere della comunità cristiana, è collocata entro una cornice che la immette in un orizzonte più vasto: l’orizzonte universale della storia dell’umanità, del mondo e del cosmo, dal principio alla fine.". (Claus Westermann, Pincipio e fine nella Bibbia, Morcelliana, Brescia 1973, p. 69).

Come una mappa borgesiana

Così un noto esegeta sintetizza la propria analisi sui testi che aprono e chiudono la Bibbia e noi approfittiamo della sua sintesi per fare il punto sul percorso compiuto, per sentirci in buona compagnia e per mettere a fuoco altre questioni essenziali, legate al fatto che il testo base della nostra fede si presenta non solo con la forma e col titolo di "libro", ma con la struttura letteraria del libro per antonomasia, vale a dire del libro di storie, anzi del libro della storia, quindi del libro che tutto contiene, persino se stesso.

E’ la radice della paradossalità della Bibbia, la sua natura borgesiana di mappa universale, tanto compiuta e perfetta da coincidere, punto a punto, col mondo intero, e da indicare anche il luogo esatto in cui essa si trova, e in cui, dunque, dobbiamo guardare se vogliamo avere accesso con un solo colpo d’occhio all’infinita varietà del tutto. E’ la ragione per cui esistono i libri: guidarci alla conoscenza della realtà, svelarcene, grazie alla parola, l’intima essenza e svelarcela in modo che la nostra limitata intelligenza di singolo possa capirla. E’ l’arte di ricondurre l’infinito al finito, di sintetizzare il tutto nel frammento, nella piena coscienza che la mappa che abbraccia l’infinito non può avere confini dogmaticamente definiti, ma deve, di necessità, trovare il modo di indicare, insieme all’esigenza di tali confini, anche la loro apertura. E’, infine, il miracolo degli autori di Genesi 1-11 e dell’Apocalisse. Il miracolo che ritroviamo ad ogni pagina della Bibbia: spalancare squarci rivelatori sulle realtà prime e seconde, ultime e penuntime, festive e feriali, eccezionali e comuni, e spalancarli in modo tale da coinvolgerci in tale apertura. Offrirci la verità della nostra vita e della nostra storia ed offrircela così che ricevendola noi abbiamo netta la sensazione di averla già anche sempre posseduta od almeno di contribuire a formarla.

Il libro ritrovato

Il riferimento del libro a se stesso non è una caratteristica esclusiva della Bibbia. E’ tipico dei testi religiosi autocitarsi quando prescrivono delle leggi, dettano dei rituali o suggeriscono delle preghiere. Le formule: "Farai, dirai, eseguirai, quanto qui prescritto!"; "Conserverai e venererai questo testo!": sono cositituve di qualsiasi libro sacro. Nessun libro, però, come la Bibbia, riesce ad investire su se stesso, sulla propria genesi, sulla propria fortuna, sulla propria riattualizzazione, sul proprio secolare sviluppo. Vale a dire: nessun libro, come la Bibbia, fa oggetto del proprio scrivere, cuore del proprio messaggio, la sua stessa scrittura e lettura, il suo rapporto interpretativo e formativo con la realtà. Nessun libro si identifica, quanto la Bibbia, con la storia dei suoi autori e protagoanisti, fino al punto da presentarsi come il libro in cui essi rivelano e trovano rivelato, dicono e trovano detto il significato ultimo della loro vita passata, presente e futura, effettiva e possibile.

Avremo modo di tornare sul problema degli autori e dei protagonisti. Soffermiamoci per ora sul ruolo che, nella sviluppo della storia narrata dal libro, ha la storia del libro stesso, che sa di non essere le tavole perdute della Legge, scritte dalla mano stessa di Dio, ma sa anche di doverne recitare la parte, fino a farsi oggetto di uno stupito ritrovamento e di una cultuale e solenne consacrazione. E’ quanto ci raccontano il II libro dei Re (22-23) e II Cronache (34), dove per la prima volta la Bibbia presenta se stessa come un testo autonomo e già ben costituito, capace di affiancare la tradizione orale a fondamento dell’alleanza. Basterà completare il tutto col racconto dell’appassionata lettura esegetica del libro che Esdra, lo scriba, tiene al popolo reduce dall’esilio (Neemia 8), per cogliere nell’enfasi e nella commozione, con cui il tardo autore biblico presenta il nucleo fondamentale dell’opera di cui si sente continuatore ed erede, l’autocoscienza della decisività del proprio leggere e del proprio scrivere per la storia dell’uomo e per quella di Dio.

Nelle sue pagine la Bibbia mette in scena se stessa e si mette in scena come libro che attraverso la lettura consente agli uomini di prendere coscienza del proprio passato, di capire il proprio presente e di convertirsi per prepararsi a cambiare il proprio futuro. Intanto, mettendosi così in scena, interpretando narrativamente il proprio ruolo teologico, si costruisce e cresce come libro in pagine, in episodi narrativi ed in metodologia esegetica.

Il libro bruciato e mangiato

L’avventura di Geremia, rinnegato dai suoi e perseguitato a morte, sviluppa questo tema fino a somatizzare il destino doloroso del profeta nel destino del suo testo profetico. Proprio come l’autore anche la sua opera è oggetto di riso, respinta e gettata nel fuoco. Ben presto riscritta, però, con le dovute aggiunte (Ger 36), diventerà, rotolo e storia del rotolo, parte integrante della Bibbia, preparando la stessa a diventare in Ezechiele prefigurazione del libro apocalittico, "scritto di dentro e di fuori". Con tale libro il profeta è chiamato a totale identificazione, tanto da doverlo divorare, sentendone in bocca il dolce sapore (Ez 2, 8 – 3, 3) e nei visceri tutta l’amarezza (Ap 10, 8-11).

Il libro scritto nel cuore

Il libro biblico sta nella storia, nella storia di cui intende rivelare il significato; proprio come la mappa borgesiana sta nello spazio di cui è rappresentazione ordinata. E ciò è paradossale. Altrove non possono stare. Ma qui neppure, se lo spazio e la storia sono solo l’insieme materiale dei luoghi e dei fatti, chiusi su di sè. Il significato biblico della storia e la figura concettuale dello spazio non stanno in cielo, perché sono significato e figura di cose umane e terrene. Non stanno in terra, perché la terra, così come è, può farne benissimo a meno ed essi sono per lei gratuiti. Dove stanno allora?

L’episodio di Emmaus può aiutarci a rispondere. Luca ci narra che dopo la passione due discepoli sconsolati incontrano il Risorto che chiede loro ragione della tristezza, si fa raccontare gli eventi, li reinterpreta per loro alla luce della Scrittura ed alla fine spezza con loro il pane e viene in questo riconosciuto. Intanto, però, è scomparso ed essi si dicono: "Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?" (Lc 24, 32).

"Ora il lettore è molto vicino ai discepoli di cui l’evangelista narra e all’evangelista stesso. Anzi, qui l’identità è perfetta.. Il "mentre conversava con noi " unifica pienamente lettore, discepoli ed evangelista. Tutti e tre sanno che la parola scritta di Gesù, che la Bibbia, è una compagnia ermeneutica, è una guida interpretativa che non verrà mai meno" (F. G. Brambilla, Il Crocefisso risorto, Brescia 1998, p.282). Essa camina con l’uomo, perché con l’uomo è la sua tenda..

Allora ho detto: ‘Ecco io vengo.

Sul rotolo del libro di me è scritto,

che io faccia il tuo volere

mio Dio, questo io desidero.

La tua legge è nel profondo del mio cuore.’ (Salmi 40, 8-9).

La legge è la Bibbia; il cuore è l’apertura dell’uomo oltre se stesso; il volere di Dio, mio desiderio, è l’interpretazione operativa della Bibbia, là dove essa alimenta la sua e la mia vita.

Sul rotolo del libro di me è scritto.

Il rotolo del libro cresce nella storia

con le speranze e coi sogni che suscita

nel cuore dei suoi lettori.

Oggi nei nostri

Aldo Bodrato


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