L’eresia della liberta’. La lotta per i diritti

1306 (7). Il martirio di fra Dolcino

Settecento anni fa iniziava l’ultima resistenza di fra Dolcino e degli Apostolici sui monti della Val Sesia. A Vercelli una lapide dice: “A fra Dolcino/ qui in Vercelli/ dalla tirannide sacerdotale attanagliato ed arso/ il 1° giugno MCCCVII/ per aver predicato/ la pace e l’amore tra gli uomini/ oggi che l’antica speranza/ rivivente nei secoli/ sta con la nuova era/ per diventare realtà/ 1° giugno MCMVII”

Sta per essere eretta una nuova lapide a fra Dolcino a cura del comune di Varallo e del Centro Studi Dolciniani, sulla quale ci saranno queste parole “Ai montanari valsesiani insorti in armi con Dolcino, Margherita, la compagna di Dolcino, e i fratelli apostolici, per l’autonomia della Valsesia libera ed indomabile”.

Le dottrine che gli valsero la persecuzione e la condanna consistono nel fatto che fra Dolcino, alla guida di una setta apostolica che riproponeva le dottrine di Gioacchino da Fiore, si scagliò contro la ricchezza della Chiesa auspicando comunità miste, uomini e donne, dei beni e la fine del papato. Diffuse le sue dottrine in Lombardia e nel Trentino. Clemente V aveva proclamato una crociata contro di lui, che si concluse con la cattura e la condanna.

Fonti di matrice inquisitoriale affermano: “Dalla creazione di Adamo nessuna setta fu mai al mondo tanto esecrabile, tanto abominevole, tanto orribile…L’autorità secolare eseguì la giusta condanna. Margherita fu dilaniata davanti agli occhi di Dolcino, poi anche questi fu fatto a pezzi e le ossa e le membra di entrambi, insieme con quelle di altri loro complici, furono messe al rogo, come giustamente esigevano i loro delitti”. Dario Fo, in un’intervista dal titolo “La dolce eresia della libertà”, pone l’accento, accanto agli aspetti già indicati, il ruolo che Margherita ebbe nella lotta per la libertà e la povertà della chiesa, ruolo che le donne avevano agli inizi del cristianesimo e che poi andò poco a poco spegnendosi quando il cristianesimo divenne religione di stato. (Alias, il manifesto, 18.02.2006)

David Irving condannato a tre anni di carcere

Irving, storico britannico, è stato condannato a tre anni di carcere da un tribunale austriaco per aver negato l’Olocausto in discorsi pronunciati 17 anni fa. Irving ha passato gran parte della sua carriera di storico a sostenere che non ci fu nessuno sterminio sistematico degli ebrei da parte dei nazisti o, se ci fu, i morti furono molti di meno rispetto alla cifra generalmente accettata.

Non condividiamo nulla delle opinioni di Irving, ma il principio della libertà di opinione e di parola non si può applicare solo a chi ha idee che approviamo. Occorre fare una distinzione precisa a proposito delle opinioni non condivise dalla maggioranza degli studiosi e delle persone. Da un lato l’errore può e deve, se è dimostrato, essere confutato con metodologia storica o scientifica, a seconda della materia che tratta. D’altro lato un errore non può essere considerato colpa ed essere seguito penalmente. E’ possibile, anzi probabile, che dietro la negazione della Shoah si celi l’antisemitismo, ma perseguitare il negazionismo è l’inizio di una strada pericolosa che può condurre al divieto di ogni dissenso. (The Independent, GB, in Internazionale n. 630, 24.02/02.03. 2006).

Iraq, attentato al mausoleo sciita di Samarra

Le conseguenze dell’attentato sono gravi, gli sciiti feriti si vendicano sui sunniti. Gli scontri si estendono a tutto il paese, oltre 130 i morti, si parla di guerra civile. Sono state interrotte le trattative per la formazione del nuovo governo.

In un articolo apparso nei giorni scorsi dal titolo “Nemici in nome di fede e potere”, Khaled Fouad Allam analizza in modo sintetico ma efficace le contrapposizioni tra sciiti e sunniti, fatte di rivalità, di contestazioni teologiche e politiche, talvolta anche di reciproche scomuniche. Gli sciiti, oltre alla parola del Profeta, seguono anche quella dei Dodici Imam, suoi discepoli, che hanno dato la possibilità di scoprire elementi nascosti nella parola divina, di elaborare la propria identità religiosa sul culto loro e dei luoghi della loro esistenza terrena, dunque su una precisa territorialità.

I sunniti invece considerano la tradizione definitivamente chiusa con la morte del profeta Maometto nel 632 e soltanto la sua parola può essere seguita. La territorializzazione dell’identità religiosa sciita ha sempre rappresentato una spada di Damocle per il sunnismo in quanto ne minacciava la legittimità, dal momento che i sovrani sunniti intendevano regnare sull’intero mondo musulmano. La storia dei Dodici Imam della tradizione sciita è tragica: molti di loro sono morti, messi a tacere o avvelenati, per mano sunnita. E’ il caso dell’Imam sepolto nel mausoleo di Samarra, Ali al Hadi, nato nell’828 a Medina e morto avvelenato il 1° luglio dell’868. Ecco perché l’attentato al mausoleo di Samarra è particolarmente offensivo per gli sciiti, riproduce infatti una lotta antica.

La guerra in Iraq ha per molti aspetti capovolto secoli di storia: l’Iraq è diventato il secondo paese sciita al mondo dopo l’Iran, dopo secoli di potere sunnita quasi indiscusso. Questo spiega in parte la violenza terroristica sunnita. Ci troviamo quindi di fronte ad una caso di intolleranza e di negazione reciproca dei diritti, fondata sulla diversità delle credenze e del potere. (la Repubblica, 23.02.06).

Per commentare questa spigolatura – i casi sarebbero innumerevoli - di esempi di intolleranza e di negazione di diritti, segnalo l’intervista rilasciata dal premier spagnolo Zapatero a Paolo Flores d’Ascais su Micromega, che in occasione dei suoi vent’anni di vita, pubblica inserti settimanali per due mesi. La Repubblica del 24.02.06 ne riporta uno stralcio dal titolo “La sfida della democrazia si vince coi diritti civili”.

Alla richiesta di un commento sulle vicende connesse alle vignette blasfeme, delle quali abbiamo parlato nei precedenti “appunti di viaggio”, Zapatero risponde che “Dobbiamo condannare l’intolleranza e la violenza esercitata in nome della religione, ma non possiamo negare ai credenti il diritto ad essere rispettati. Specialmente quando sono una minoranza e possono sentirsi aggrediti o umiliati dalla maggioranza. La laicità e libertà d’espressione sono conquiste storiche delle nostre società, ma il rispetto per gli altri dovrebbe essere un principio universale”.

Interrogato ad ampio raggio sulle problematiche attuali connesse alla libertà ed ai diritti, risponde che sui matrimoni omosessuali non si tornerà indietro. Neppure un governo di destra cambierà la legge. A proposito del comportamento della Chiesa cattolica che interviene spesso sui problemi dello Stato, risponde che lo Stato deve essere laico e che la Chiesa ha il diritto di esprimere la propria opinione, ma non quello di imporla e quello di non rispettare le leggi. Caldeggia quindi una TV pluralista: quando un politico vuole manipolare l’informazione è perchè non si fida dei cittadini e teme un’informazione veritiera. Ma più si ha fiducia nei cittadini, più si rispetta il loro diritto di informazione e partecipazione, più si ha la possibilità di vincere.

L’Europa, aggiunge Zapatero, ha fatto suoi i grandi valori di fratellanza, i grandi valori dell’allargamento dei diritti dei cittadini. Pertanto io non ho alcun dubbio che questi cambiamenti si faranno strada man mano in tutti i paesi. La democrazia significa innanzi tutto diritti e opportunità. Conseguenza: i paesi con più diritti civili sono i paesi più progressisti. (la Repubblica, 24.02.06).

Parole di speranza alle quali, nonostante le lentezze della storia, aderiamo pienamente.

(1 marzo 2006)

Mario Arnoldi