Il difficile inizio dell'anno nuovo

Nei giorni appena trascorsi le fonti di informazioni davano la notizia della rottura dei sigilli delle centrali in Iran. I titoli sulla situazione erano preoccupanti: “L’Iran torna a sfidare il mondo, riparte la ricerca nucleare”, “Il gesto sembra legato alle incertezze nel Medio Oriente sul dopo-Sharon”, “Gli iraniani violano gli accordi presi nel 2004 a Parigi”.

I sigilli erano stati posti dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Il vice capo dell’Ente per l’energia atomica iraniano ha detto alla televisione di stato: “i centri di ricerca nucleare iraniani hanno ripreso l’attività. Ha però negato che l’Iran intenda produrre subito combustibile nucleare: “C’è una differenza tra ricerca e produrre combustibile. La produzione di combustibile nucleare è ancora sospesa”. Combustibile nucleare significa qui uranio arricchito, necessario ai reattori che producono energia elettrica, ma arricchito oltre una certa misura può produrre anche una bomba atomica.

Evidentemente la distinzione tra ricerca, produzione per energia elettrica e per eventuali atomiche è molto fluida ed è questo confine sottile tra le diverse possibilità che crea preoccupazione e reazioni molto dure dall’Europa alla Russia agli Stati Uniti. La Gran Bretagna insiste sull’opportunità di spingere perché Teheran sia denunciata al Consiglio di Sicurezza della Nazioni unite, aggiungendo che però la questione deve essere risolta in modo diplomatico. Anche Mosca si dice preoccupata dell’ultimo gesto iraniano. La Francia afferma che l’Iran fa un grave errore a non cooperare con la comunità internazionale. Gli Stati Uniti sono convinti delle intenzioni belliche dell’Iran, insistono per un deferimento al Consiglio di Sicurezza, hanno accettato di attendere i risultati dell’azione diplomatica europea, ma nel Congresso molti premono perché la Casa Bianca passi a sanzioni o addirittura ad azioni militari. La situazione è in via di sviluppo e crea allarmi. L’Iran ha annunciato che nei prossimi giorni toglierà i sigilli ad altre tre centrali.

Passando al conflitto israelo palestinese, il governo israeliano non ha ancora deciso se concedere o no il voto ai palestinesi di Gerusalemme est, occupata dal 1967, per le elezioni per il rinnovo del parlamento palestinese previste per il 25 gennaio e già rimandate altre volte. Il rifiuto potrebbe acuire il conflitto e bloccare quegli spunti di speranza di pace che sembravano sorgere dopo lo sgombero, sia pure ambivalente, della striscia di Gaza. Le condizioni di salute di Ariel Sharon, secondo l’ultimo bollettino, non lo vedono più in pericolo di vita, anzi danno segno di lieve miglioramento. Ma il percorso verso la guarigione è lungo e precario. L’assenza di Sharon, che da persecutore dei palestinesi era diventato un punto di riferimento, sia pure ambiguo, di un cammino di pace, influisce sull’andamento dei rapporti tra i due popoli. Nei giorni scorsi, nonostante la pressione Usa per la prosecuzione del processo di pace, Ehud Olmet ha avanzato la sua proposta: i palestinesi potranno votare a Gerusalemme est, ma non sarà permesso ai candidati di Hamas di presentarsi, impedendo loro così un possibile cambiamento di rotta verso una politica non più delle armi ma della democrazia.

Uno sguardo all’Italia. La Banca d’Italia boccia la scalata Unipol alla Bnl per insufficienze patrimoniali. Al di là della vicenda strettamente bancaria e della liceità delle azioni compiute dagli attori principali di questa scalata, la situazione ha creato al partito dei Ds forti problemi di immagine riguardo all’etica e alla politica stessa. Citavo, in altra sede, un passaggio di Ilvo Diamanti da Repubblica del 21 agosto 2005, che credo valga la pena riportare qui. “Banche e finanza sono lontane dalla società, per esse infatti gli unici valori che contano sono quelli che si possono stimare in borsa oppure misurare in euro. Cooperazione e mercato hanno fini diversi, la ‘missione” delle cooperative non prevede di fare affari, tanto più nella finanza. L’unione ‘tra cooperazione e mercato inoltre è svantaggiosa per entrambi: la cooperazione svaluta i “valori” del sistema cooperativo e la banca non può essere gestita in nome della solidarietà. Purtroppo in Italia le connessioni tra mercato e organizzazioni solidali sono forti, strette e di lungo periodo. E ciò riguarda molte associazioni volontarie di natura laica e cattolica e si estende ai settori del consumo, delle costruzioni, del turismo ed a settori nuovi dei servizi sociali, della cultura, del tempo libero, dell’integrazione e del soccorso internazionale. Le organizzazioni solidali sono divenute naturale riferimento degli enti locali e dello Stato, perché godono del favore dei cittadini, fattore determinante per il mercato. In altre parole, ‘monetizzano i valori’. Il rischio è che la cooperazione, nelle sue varie forme, perda l’autonomia rispetto al mercato e alla politica che lo sostiene e che, di conseguenza, perda la fiducia di cui gode e diventi oggetto di sfiducia di cui le banche sono fatte segno, soprattutto dopo i casi Cirio e Parmalat. Il rischio è che la fiducia si cambi in profitto. Guai se la cooperazione, per conquistare un istituto di credito, perdesse credito.” (lettera della Rete Radiè Resh, settembre 2005: www.reterr.it).

Si è riunita il 12 gennaio la direzione Ds. Alla vigilia le dichiarazioni erano le seguenti. Fassino: Partito sano di gente perbene. Non c’è stata da parte mia una sola parola sulle scelte future dell’Unipol. D’Alema: L’Opa Unipol è stata azzardata ma il progetto resta valido. Sono amareggiato per i conti di Consorte: mi ha ferito. Napoletano: Fassino e D’Alema ammettano d’aver fatto valutazioni sbagliate, di aver commesso errori nei giudizi di Consorte. Veltroni: Contro i Ds una campagna sgradevole, ma non è stato opportuno entrare in campo mentre era in corso l’Opa sulla Bnl.

Un giudizio radicale viene da Gabriele Polo, che afferma nell’articolo “Gioco d’azzardo” sul Manifesto del 10 gennaio u.s.: “Sarebbe meglio per i Ds avere un po’ più di coraggio e rimettere in discussione le fondamenta del castello moderato che hanno messo in piedi. Perché la diversità dell’avversario politico non può poggiarsi tutta sul concetto di onestà, che è importante ma non basta (sai che guaio se poi salta fuori un conto estero di qualche disinvolto amico e compagno). Quel che banalmente dovrebbero cominciare a discutere i vertici della Quercia è l’essenza del proprio Dna, la ridefinizione di ciò che li distingue dalla destra, la presa di distanza da un quadro economico-finanziario che non solo è liberista ma che, per quanto corteggiato, finisce col punirli; dovrebbero decidere da chi derivi il proprio mandato, chi si voglia rappresentare, non pianificare solo una strategia mediatica di difesa dai veleni che sono stati buttati loro addosso o un’astratta definizione di regole per separare politica e affari (che separabili non sembrano proprio essere). Altrimenti si arriverà pure al governo, ma con tale tasso d’inquinamento da rendersi indistinguibili e, sostanzialmente, impotenti. Rassegnandosi, di fatto, a rimorire democristiani”.

Concludo. Ieri sabato 14 gennaio, si sono svolte due manifestazioni concomitanti, l’una a Milano e l’altra a Roma su due temi tra i più caldi e i più sentiti: a Milano per la difesa della legge sull’interruzione di gravidanza, la legge 194 ed a Roma per la battaglia per l’introduzione dei Patti di unione civile, i Pacs. Le donne erano in prima linea. Avremo occasione di darne notizia. Per la manifestazione di Milano buone informazioni sul sito: www.usciamodalsilenziovarese.org

(15 gennaio 2006)

Mario Arnoldi