Liberate Giuliana Sgrena

da il manifesto

(da il manifesto)

A dieci giorni dal sequestro di Giuliana Sgrena trepidiamo addolorati ed auspichiamo una sua liberazione in tempi brevi. Hanno detto tutti di sì per la manifestazione del 19 febbraio a Roma. All’invito de il manifesto per la liberazione di Giuliana Sgrena, di Florence Aubenas e Hussein Hanoun ha risposto in un solo giorno tutto il fronte che riempì le grandi piazze del 2003. Il 19 febbraio risaranno l’Unione al debutto, la Cgil, i sindacati di base, tutti i movimenti, i cattolici. Così sottotitola il giornale di Giuliana l’11/02/2005. Gabriele Polo, il direttore, nell’editoriale aggiunge che attorno alla nostra compagna è cresciuto un cordone di solidarietà che ha “circondato” i rapitori: multiforme, multilingue, multiculturale, umanitario ma anche politico. Il riconoscimento di un impegno professionale ma anche civile. Non esistono vittime di serie A e altre di serie B: la privazione della libertà o, in casi peggiori, della vita rende tutti simili si tratti di individui o di popoli. Ma ognuno porta con sé quello che è o è stato, ciò che ha pensato o fatto. E sono differenze che non si cancellano. Per questo la percezione di crimini analoghi può essere diversa, per questo il sequestro di Giuliana ha prodotto un’emozione enorme, un rigetto collettivo, a occidente come ad oriente. Per quello che lei è e, suo malgrado, per ciò che oggi rappresenta: una testimone di pace, una voce contro l’ingiustizia. (il manifesto, 11/02/2005).

 

Crediamo che il modo migliore per descrivere il tipo di giornalismo che Giuliana intende sia citare in ordine cronologico alcuni suoi interventi sull’Iraq. Nei contenuti e nella modalità appare un giornalismo non d’albergo ma di contatto con la base sociale. E questo modo d’agire ha forse dato noia a qualcuno.

 

Il sito della Fondazione Alexander Langer, riportato da il manifesto 11/02/2005,

 pubblica on line l'intervento di Giuliana Sgrena al convegno Euromediterranea 2002

da il manifesto

(da il manifesto)

“Quello che ho cercato di fare in questi ultimi anni è stato soprattutto scavare ciò che c'era dietro i conflitti per capire come viveva la popolazione, in quelle situazioni drammatiche, come in Algeria, in Afghanistan, in Somalia… Ho cercato di vedere quella parte di realtà che di solito non fa notizia, perché non è dalla parte di chi ha le armi, di chi fa la voce del padrone, ma dalla parte di chi, purtroppo, non può farsi sentire”. Così Giuliana Sgrena apre il suo intervento ad Euromediterranea 2002 su "Scontro tra civiltà? Alcune voci dell'Islam democratico" che è ora leggibile e scaricabile sul sito della Fondazione Langer.  (G. Sgrena, Euromediterranea 2002)

 

Iraq, sei mesi dopo. Fra resistenza e terrorismo

G. Sgrena così inizia la sua analisi:

“Che accade nell'Iraq occupato? Le cronache registrano quotidianamente attacchi ai militari soprattutto Usa ma anche a membri del Consiglio governativo e alla polizia irachena `collaborazionista', atti clamorosi e sanguinosi di tipo terroristico contro autorità religiose e contro l'Onu, manifestazioni di protesta popolare per il lavoro, la sicurezza, i servizi elementari; ma c'è una resistenza all'occupazione anglo-americana in Iraq? Che cosa si intende per resistenza irachena? Tutto ciò che può essere riconducibile a una lotta - in forme più o meno condivisibili - contro l'occupazione straniera, oppure occorre fare delle distinzioni? L'interrogativo nasce dal fatto che per ora in Iraq non esiste una rappresentanza politica che rivendichi gli atti di guerriglia, e, se si vuole evitare di `mitizzare' il termine resistenza, è necessario fare una distinzione tra azioni armate contro le truppe straniere e atti di terrorismo che colpiscono indiscriminatamente. Vi è infatti un sentimento diffuso contro l'occupazione che si manifesta con un appoggio più o meno esplicito alle azioni armate, ai sabotaggi, ma prende le distanze dal terrorismo.”

da il manifesto

(da il manifesto)

Continua e conclude Giuliana: 

“Che cosa ci si deve aspettare per il futuro? Probabilmente la situazione peggiorerà, le forze di occupazione non sembrano aver imparato dagli errori commessi: aver lasciato precipitare insieme al regime di Saddam tutte le istituzioni dello Stato ha creato un vuoto di potere istituzionale; aver tollerato saccheggi di ogni genere, anche dei musei, ha ferito un popolo orgoglioso della propria cultura millenaria; aver dissolto l'esercito e alcuni ministeri, sospeso dal lavoro i militanti (centinaia di migliaia) del partito Baath ha aumentato in modo esponenziale la disoccupazione; infine, l'arroganza e la violenza quotidiane offendono aspramente la dignità di un popolo orgoglioso. Gli occupanti si sono alienati anche individui e gruppi che all'inizio li avevano sostenuti, o tollerati perché pensavano di poter trarre vantaggio dalla nuova situazione. Tuttavia, finora, a parte le azioni armate, la gente che manifesta contro gli occupanti - disoccupati, militari, donne - non ha una rappresentanza politica. Il denominatore comune dei sentimenti ostili all'occupazione potrebbe essere la rivendicazione della sovranità irachena, ma i partiti più importanti, entrando a far parte del Consiglio governativo nominato da Paul Bremer, hanno accettato la tutela Usa e l'esercizio di una sovranità limitata, rinunciando fare politica: laici e islamisti sono stati cooptati in una situazione di protettorato in nome di un senso di responsabilità nella gestione della transizione verso una futura sovranità, che gli ha imposto di accantonare le proprie identità e differenze, rinviando (a quando?) le scelte fondamentali sul futuro del paese.”

(G. Sgrena, la rivista del manifesto, n. 44, 11/2003)

 

La rivincita degli sciiti e del leader al Sistani

Sottotitolo. La vittoria elettorale dell’ayatollah iraniano nel 26esimo anniversario del rientro in Iran di Khomeiny. Il voto visto da Sadr city, regno del ribelle Muqtada, dove c’è chi ha persino votato Allawi, uomo “laico e forte”. Ma l’obiettivo di tutti è il ritiro Usa. Sullo sfondo l’ombra dello stato islamico.

“Obiettivo comune è comunque l’allontanamento delle truppe di occupazione. I vostri candidati riusciranno a ottenerlo? ‘Speriamo, noi abbiamo dato loro fiducia’ E se non riusciranno? ‘Noi vogliamo la pace, siamo per il dialogo,siamo disposti ad aspettare, me se le nostre domande non avranno risposte ricominceremo a combattere”.

(G. Sgrena, il manifesto, 1/02/2005)

 

Appuntamento dunque ai presìdi che si svolgono nelle diverse città e soprattutto a Roma sabato 19 prossimo per chiedere a gran voce la liberazione di Giuliana e dei suoi colleghi prigionieri rapiti contro ogni logica di libertà e di democrazia!

(15 febbraio 2005)

Mario Arnoldi