America america
Ci hai liberato e ci hai distrutto!

Ricorrono in questi giorni due date significative per la storia d'Italia.

Il 2 giugno 1946 gli italiani, terminato il Secondo Conflitto Mondiale, scelsero la Repubblica, abbandonando la Monarchia, che, lasciando il potere in mano a Mussolini per vent'anni, aveva portato il paese alla distruzione. Il 2 giugno si votò per eleggere l'Assemblea Costituente che funzionò anche come primo Parlamento italiano fino al 1948. Data quindi di grande importanza politica per la vita del paese, se si tiene conto che iniziava una fase di pace e democrazia dopo una guerra dilacerante tra nazifascismo e resto d'Europa ed Usa. Questa fase storica e ciò che seguì dovrebbe essere patrimonio comune degli italiani e, spero, si studi ancora a scuola.

La seconda data che ricordiamo è il 4 giugno 1944, liberazione di Roma capitale. Facciamo un passo indietro e ripercorriamo alcuni precedenti che portarono alla liberazione di Roma e dell'Italia. Con l'armistizio dell' 8 settembre 1943, l'Italia si ritira dall'alleanza col nazifascismo e si unisce agli ex-nemici USA, Gran Bretagna ed URSS, che diventano i nuovi alleati. Il nazifascismo, finalmente da combattere, si trova sul territorio italiano stesso oltre che in altri paesi. Nel 1944 i nazifascisti erano accerchiati da quattro fronti: l'italiano; l'orientale con l'avanzata delle truppe sovietiche; l'occidentale con l'avanzata delle truppe anglo-americane che sfocia nello sbarco in Normandia tra il 5 e 6 giugno; ed infine il fronte del Pacifico, dove dal gennaio si sviluppa l'offensiva alleata in Birmania. Sul fronte italiano il 22 gennaio truppe anglo-americane sbarcano ad Anzio e Nettuno. A Cassino i tedeschi bloccano l'avanzata alleata. S'intensifica in questo periodo l'attività militare e politica delle formazioni partigiane della Resistenza. In maggio gli alleati scatenano l'offensiva: Cassino cade il 18 maggio ed il 4 giugno entrano in Roma. L'avanzata degli alleati procede quindi affiancata e spesso preceduta da un'intensa attività partigiana nella Toscana, nell'Umbria, nelle Marche e via via alleati e partigiani portano alla resa di Firenze, Rimini, Ravenna. Bloccati dapprima tra Pisa e Rimini, la linea gotica, proseguono l'offensiva nel 1945 e conquistano Bologna e raggiungono il Po. Quando gli alleati giungono a Genova, Milano e Torino, queste sono già state liberate dai partigiani. I tedeschi, senza alcuna possibilità di resistenza, firmano a Caserta il 29 aprile 1945 la resa senza condizioni.

Quest'anno alcune tristi circostanze sconsigliano di festeggiare le due date con l'abituale solennità, o addirittura suggeriscono di non celebrarle o di contestarle pacificamente.

Il Comitato Nazionale Fermiamo la Guerra, da poco costituitosi, al quale partecipano sinora circa cento organizzazioni, ha inviato il 18 maggio una lettera aperta al Presidente della Repubblica italiana, che faccio mia, nella quale afferma:

Il 2 giugno è l'anniversario della Repubblica, che, nata dopo le tragiche esperienze della Seconda Guerra Mondiale e grazie alla Resistenza antifascista, ha tra i suoi principi fondamentali il ripudio della guerra, violato a nostro giudizio dalla partecipazione di truppe italiane a quella che è di nuovo una guerra scaturita dall'occupazione militare dell'Iraq.

In queste giornate segnate dal lutto, lo svolgimento della parata militare del 2 giugno sarebbe vissuta come esaltazione della forza delle armi, mentre andrebbe, proprio ora, riaffermato che la Repubblica Italiana ha come suo precetto costituzionale il ripudio della guerra "come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", secondo il dettato dell'articolo 11 della Costituzione. Confidiamo in un segno che le cittadine e i cittadini del nostro Paese accoglierebbero come l'impegno del Presidente della Repubblica, Comandante delle Forze Armate, perché si ponga fine alla partecipazione delle truppe italiane all'occupazione militare e agli eventi bellici in Iraq e per perseguire la pace e la giustizia tra i popoli in quella martoriata regione del mondo. Con i nostri referenti saluti.

Seguono le firme dei movimenti aderenti al Comitato Fermiamo la Guerra.

La data del 4 giugno, d'altra parte, è viziata dalla visita del Presidente degli Stati Uniti d'America Gorge W. Bush, il quale incarna ed è la causa principale, insieme coi suoi sostenitori, della guerra definita preventiva contro ogni forma di terrorismo. Una guerra mossa all'Iraq contro la volontà del Consiglio di sicurezza dell'ONU, violando il diritto internazionale e contro la volontà della grande maggioranza dei popoli del pianeta. Una guerra basata sulla menzogna, sulla dichiarazione che l'Iraq possedeva armi terribili, sull'affermazione che gli USA avrebbero portato pace e democrazia per il popolo iracheno e in tutto il Medio Oriente. Questa guerra è già costata decine di migliaia di vittime civili e militari irachene, quasi 1000 tra le truppe di occupazione, tra cui 19 soldati italiani caduti a Nassiriya, ha comportato distruzioni immani e devastazioni ambientali, ha bruciato miliardi di dollari. Le armi di distruzione di massa non si sono trovate. Gli attentati contro civili inermi si sono susseguiti in molte parti del mondo. Pace e democrazia non sono arrivate né in Iraq né in Medio Oriente. Anche il governo italiano, inviando le sue truppe, è corresponsabile di tanto disastro.

Il Comitato Nazionale Fermiamo la Guerra, i movimenti e le persone sensibili alla Costituzione italiana ed al bene comune denunciano e si oppongono quindi alla presenza a Roma del Presidente Bush, causa dei disastri indicati. L'America, insieme agli altri alleati, ha collaborato a liberarci al termine della Seconda Guerra Mondiale dal nazifascismo e ne siamo profondamente e perennemente grati, ma l'America attuale non è la stessa di quella di allora. Di conseguenza, giustamente si stanno organizzando mobilitazioni per ricordare che la posizione dell'Italia progressista è diversa da quella di Bush e del premier Berlusconi, che agisce non in nome della maggioranza degli italiani, ma per un'alleanza ed amicizia che ha sapore non di bene comune, ma d'interesse elettorale e personale.

Non mi affianco a coloro che vogliono incappucciarsi per ricordare le torture americane, ma manifesto, ed invito a farlo tutti coloro che sono sensibili alla causa della libertà e della pace, affinché l'Iraq torni agli Iracheni, la legalità internazionale sia ripristinata e, perché questo avvenga, cessi l'occupazione militare. Tutte le truppe occupanti devono essere ritirate. Serve una politica internazionale per la restituzione della sovranità agli iracheni e la ricostruzione del paese guidata da un governo legittimo. L'ultima bozza di risoluzione, la cosiddetta svolta sbandierata da Berlusconi, non è ancora sufficiente per questi legittimi obiettivi.

(2/4 giugno 2004)

Mario Arnoldi