Il silenzio dei conniventi

Il Sionismo: dall’immigrazione all’occupazione sostitutiva

Historia magistra vitae! Purtroppo così non è.

Il popolo palestinese discende nella maggior parte da popolazioni indigene preesistenti: Cananei, Filistei, Hittiti. Questi si stabilirono in quei territori molto tempo prima dell’invasione degli ebrei (1500 a.C. circa). Sopravvissero all’occupazione israelita e a quella romana. S’integrarono nel mondo arabo durante l’espansione islamica (VII secolo), si mescolarono ai crociati cristiani (XI secolo), subirono le violenze turche, ma sempre mantennero il loro carattere originale e le loro terre che persero solo con le invasioni sioniste.

Al momento dello sbarco, dalla Russia e dall’est europeo, nella seconda metà dell’ 800, dei primi gruppi di immigrati ebrei, che non definisco ancora sionisti perché il sionismo inizia alla fine dell’ 800, la Palestina faceva parte di una provincia siriana, senza limiti propri, soggetta all’impero ottomano. Vi erano 300.000 abitanti circa, di cui 10.000 ebrei, aumentati fino a raggiungere il numero di 50.000 nel 1895.

Non sto parlando del solito "manoscritto" che i romanzieri dicono di aver trovato per caso su una bancarella al mercatino dei libri per dar verosimiglianza al loro testo che si snoda sul registro della fantasia. Ho fatto una sintesi di una discreta bibliografia sulla Palestina e sui conflitti arabo israeliani e israelo palestinesi.

La progressiva occupazione delle terre palestinesi inizia in modo massiccio alla fine dell’ 800 con le consistenti immigrazioni di ebrei perseguitati dall’est, e, parallelamente, con il I ed il VII Congresso di Basilea del 1897 e del 1905, dove le teorie sioniste avanzate da Teodoro Herzl sono accettate, avallate ed acquistano validità dapprima presso la Gran Bretagna con il trattato di Balfour del 1917, e, dopo la ratificazione del Consiglio della Società delle Nazioni nel 1922, diventano furtivamente diritto internazionale.

Sionismo significa ritorno a Gerusalemme ed alla Palestina (Sion è una collina di Gerusalemme). Il sionismo dovette lottare nei Congressi citati contro posizioni diverse.

Non era d’accordo il sionismo spirituale di Ahad ha-‘am (1856-1927), sostenitore della necessità di una rinascita morale laica dell’ebraismo come precondizione di quella politica.

Si levarono contro intellettuali come M.J. Berdicevskij (1865-1921) J.Ch. Brenner (1881-1921), che negavano la nozione di continuità spirituale del popolo ebraico e volevano la creazione di un popolo ebraico "nuovo", distaccato dal suo passato religioso nella terra ancestrale.

Si opponeva il sionismo socialista, propugnato fra l’altro da ideologi di fede tolstoiana come A.D. Gordon (1856-1922), che condizionava la rinascita nazionale alla "purificazione" della società ebraica attraverso il lavoro manuale.

Fu combattuto dagli ebrei assimilati che vedevano in esso una minaccia contro la legittimità della loro appartenenza ad altre nazioni e dalla stragrande maggioranza degli ebrei ortodossi che vi ravvisavano una rivolta laica contro la tradizione religioso-nazionale ed, ancora, da correnti che preferivano un ampio lembo di terra in Argentina, in Canada, in Africa, ecc.

Il sionismo "sintetico", termine coniato dal futuro primo presidente dello stato di Israele Ch. Weizmann (1874-1952), s’imponeva sulle altre correnti e conduceva sotto la sua guida l’Organizzazione sionista mondiale sulla strada di un pragmatismo che puntava alla Palestina.

Un’immediata conclusione: il sionismo non s’identifica con l’ebraismo, ma solo con una sua parte. Riflessione fondamentale per non tacciare di antiebraismo, antisemitismo e di razzismo chi non è d’accordo con il sionismo e con lo stato di Israele che da esso è nato. L’ebraismo è una realtà più grande, sia numericamente sia culturalmente, di quanto il sionismo ed Israele ci offrono.

I primi grandi colonizzatori sionisti, che permisero le successive grandi immigrazioni di ebrei, furono Moses Montefiore, Edmond de Rothschild, Moritz Von Hirsch ed altri. Il loro modo di acquistare le terre arabe e palestinesi - terre di uso comune e terre dei latifondisti - dall’Impero Ottomano, ormai in decadenza, e che sarebbe caduto definitivamente nel 1916, era diversificato. Acquistavano dai latifondisti assenteisti terre coltivate dai fellahin, che credevano proprie, cioè di uso comune. Acquistavano per corruzione con mance dagli amministratori dell’impero ottomano. Utilizzavano i contadini espropriati come mano d’opera qualificata ed a basso prezzo. La gestione delle terre e del lavoro era dispotica. Ci furono rivolte nell’ 87-88 ed in anni seguenti.

Infine i colonizzatori sionisti scelsero di estromettere il lavoro arabo e palestinese per dare maggiore spazio al lavoro ebraico. Una vera economia autarchica. Nelle colonie agricole ebraiche l’operaio sionista cacciò il fellah. Diversamente dal colonialismo classico, gli indigeni non erano destinati ad essere sfruttati ma ad essere sostituiti nella loro totalità. La parola d’ordine divenne il lavoro ebraico.

La storia successiva è la continuazione delle prime immigrazioni ed estromissioni degli abitanti locali dai loro territori. I conflitti arabo israeliani e israelo palestinesi sono permanenti dalla fine dell’ 800, con modalità diverse e punte acute nel ’56, ’67, ‘48, ’70-71, ‘73, ecc. L’immigrazione più massiccia è quella degli ebrei che si sono salvati dalla persecuzione, dallo sterminio e dal genocidio operato dai nazisti. Anche in questo caso, indubbiamente di una violenza insuperata nel ‘900, ci si chiede perché debbano essere i palestinesi a "pagare" e non la Germania stessa o l’occidente europeo, brodo di coltura, col suo colonialismo, del franchismo, del fascismo e del nazismo, persecutori per eccellenza degli ebrei. Lo stato d’Israele, nato dopo la II guerra mondiale, sulla scia del "senso di colpa" dovuto al genocidio operato dai nazisti, poteva sorgere, come proponevano in molti agli albori del 900, in altre regioni più ampie, meno popolate, senza dover estromettere i palestinesi dalla Palestina.

A questo punto, e termino, viene alla mente il dubbio dell’ultimo grande obiettivo del sionismo. "Per l’Europa, noi costruiremo laggiù un avamposto contro l’Asia. Noi saremo l’avanguardia della civilizzazione contro le barbarie" (T. Herzl). Oggi non è più un progetto europeo, è piuttosto un progetto degli Stati Uniti, che vogliono petrolio, oppio, preziosi, materie prime, potere. Vogliono in altre parole dominare il mondo e creano situazioni di risposta aggressiva di quei popoli, e del popolo palestinese in particolare, per attaccare ulteriormente, per estendere il loro impero, come affermano molti politologi.

Gli USA ed i paesi dell’occidente colludono col sionismo per interesse, promettono pace, ma di fatto rimandano all’infinito le soluzioni, le loro parole sono come un grande silenzio. Anche i paesi arabi, dopo alcuni tentativi falliti di opporsi, oggi tacciono per i loro legami col mondo occidentale. E’ il silenzio dei conniventi, sia occidentali, USA e paesi alleati, che arabi.

Oltre l’ottimismo della volontà, ci resta la speranza che nasce dal moltiplicarsi delle esperienze di dialogo, sia istituzionale sia di base. Palestinesi ed israeliani hanno dato vita a diverse esperienze di coesistenza, che, si spera, divengano simbolo attivo della convivenza generale futura. Organizzazioni e singole persone da tutto il mondo s’impegnano per sensibilizzare alla coabitazione ed alla pace. Che questi tentativi non si risolvano nel loro contrario, soffocate dallo strapotere delle grandi potenze mondiali, come avvenne per la storia dei kibbuz, nati come collettività socialiste miste e divenuti infine avamposti di occupazione sionista.

(1 luglio 2002)

Mario Arnoldi