Non solo botti. Altri Capodanno 2002

Cena multietnica a Valenza Po e Marcia per la Pace ad Alessandria

Le feste di fine anno o di capodanno - l’una o l’altra espressione è usata in base all’atteggiamento soggettivo di perdita o di prospettiva aperta - sono molte e si snodano tra il Natale e l’Epifania. E’ bello incontrasi con amici che a volte si vedono solo in questa circostanza per scambiarsi le gioie, le sofferenze e le speranze della vita.

In questo periodo ho condiviso una cena multietnica a Valenza Po, città ricca per la lavorazione dell’oro, dei gioielli, ma anche per le tante attività sociali e culturali che sia le istituzioni sia i gruppi di base svolgono. Molti i partecipanti, 150 circa, più di quanti fossero attesi, cosa che creò qualche difficoltà ai cuochi e fece perdere ad alcuni commensali qualche portata, e la perdita non era da poco poiché tutti i piatti erano molto gustosi. Una cena alla quale molti degli ospiti accorsi erano stranieri, di provenienza diversa, come avviene nelle nostre città. E questo è un fatto nuovo. Ho frequentato altre cene multietniche dove immigrati erano solo i cuochi ed i loro aiutanti e tutti gli ospiti invece erano locali. La numerosa presenza di stranieri è segno del lavoro proficuo, d’assistenza, sociale e culturale che autorità e gruppi di volontari svolgono presso coloro che vengono nella nostra terra in cerca di lavoro e libertà. Tale impegno ha dato origine sul giornale di Alessandria e provincia, "Il Piccolo", di grane tiratura, ad una pagina interamente dedicata alle loro storie, alle informazioni necessarie per le pratiche burocratiche ed a tutto quanto può interessare il loro mondo, curata da una redazione composta almeno per metà dagli stranieri stessi. La cena e la serata è finita con musiche e danze dei paesi d’origine e ci si è lasciati con tanti arrivederci.

Una seconda iniziativa, ancora un altro modo di fare capodanno, è stata la Marcia per la Pace che si è svolta per le strade di Alessandria il 31 dicembre alle ore 21, per dar modo poi di partecipare al capodanno "vero" di mezzanotte. Mi scuso se i miei "viaggi" nella stagione invernale sono per lo più in zona e quindi anche i relativi "appunti" ne risentono. La marcia è ormai una tradizione, ed è all’insegna della pace e dell’incontro tra le religioni e vi confluiscono persone dalle città circostanti. Partecipano abitualmente accanto alle forze religiose quelle laiche. Erano presenti, con torce sufficientemente resistenti al vento, la comunità islamica guidata dall’Imam, la comunità ebraica, esigua ormai per motivi storici noti, le comunità cristiane, le associazioni della solidarietà e quella della pace. Quest’ultima aveva esposto di fronte alla propria sede la bandiera a grandi strisce orizzontali che ormai siamo abituati a vedere in tante manifestazioni. Mancava purtroppo la comunità valdese per antiche e nuove frizioni, non solo locali, col mondo cattolico che aveva promosso la marcia. La conclusione, tenutasi nel teatro di Via Vescovado, ha visto i rappresentanti delle diverse organizzazioni pronunciare un breve saluto ed auspicio per la pace in apertura di quest’anno nuovo, che non fa intravedere nulla di buono in merito.

La rappresentante dell’Associazione per la Pace nel suo intervento ha ricordato le gravi situazioni di conflitto esistenti nel mondo, sempre crescenti per numero e per ferocia. Ha ripercorso le cifre della povertà che l’attuale forma di economia produce, la forbice di ricchezza e povertà che va sempre cresendo, nonostante lo sforzo di tanti singoli e gruppi di porre dei correttivi, che sono l’unico segno di speranza per il futuro. Le bombe, di qualsiasi provenienza, non risolvono i conflitti anzi li moltiplicano ed aumentano la morte, la fame, la sete, le malattie dell’umanità che soffre. Ha concluso il suo intervento leggendo una poesia di Mariana Yonüsg Blanco, venezuelana di nascita e nicaraguese d’adozione, che riporto per la ricchezza di contenuti e di sentimenti. Non c’è bisogno di commento.

Ricordando Guillen

Tesi per spiegare la morte di un bambino

di Mariana Yonüsg Blanco


Questo bambino è morto per disidratazione
o se preferisci per denutrizione.
Ma è morto anche di qualcos’altro
che non trova posto in un certificato di morte
in una storia
in un lamento.
E’ morto per aver attraversato scalzo e solo
il lungo dolore
è morto per aver sofferto secoli di fame e freddo
è morto per non aver avuto sogni dipinti con matite colorate
è morto per non aver conosciuto il sorriso
le brevi domeniche
e ciò che si nasconde sotto il tendone del circo.
Ed è morto anche di scambio ineguale
di imperialismo
di blocco economico
di dollari che finanziano la morte
di congressisti compiacenti
che approvano preventivi di orrore
è morto per tutto questo che ti sembrerà retorica
ma, come vedi, uccide.

Questo bambino è morto anche per causa mia e tua
che imbrigliamo i nostri piedi in scartoffie e discorsi
quando bisognava correre a pugnalare la sua morte.
Ora che ci è scappato dalle mani
come un piccolo insetto meraviglioso
che sfugge irrimediabilmente
aiutami e ripensare il mondo
perché la morte di un solo bambino
è una condizione
terribilmente sufficiente
e urgentemente necessaria
per ripensare il mondo.
Bisogna allora stringere viti
e togliere molle
e buttare all’aria strutture
e indicare colpevoli
con nome, cognome e conto bancario.
Aiutami perché ho paura di odiare
ma non mi interessa amare
se un bambino muore.

(15 gennaio 2002)

Mario Arnoldi